l presepe di Ghiaie è il più semplice del mondo.
Viene allestito, ogni Natale, da Adelaide e Candido, insieme ai bambini del Cielo, con rametti avvolti da foglie bagnate e inseriti nel prato, a rappresentare le pecore, i pastori, e le tre persone della santa Famiglia, collocate sotto una capanna di piccoli tronchi.
In nessun’altra parte del mondo è possibile vedere un’opera così semplice e bella,
dinnanzi alla quale i bambini del Cielo s’inginocchiano in preghiera, nell’erba, attorno ad Adelaide e Candido, circondati da angeli e santi.
Purtroppo questo presepe è stato distrutto.
La chiesa del Colle l’ha “bruciato”, dopo aver cacciato il Signore, apparso a Ghiaie con la sua santa Famiglia – ovvero, con la sua santa Madre, l’Immacolata Vergine Maria, e il castissimo san Giuseppe, suo padre putativo.
Il fatto è che, sceso dal Cielo, insieme a loro, nel tempo di guerra, per portare la Pace, il Signore ha attirato, in quel piccolo villaggio, una gran folla di fedeli; destando una grande apprensione negli eminenti presbiteri del Colle, i quali, timorosi di perdere il potere acquisito in tanti anni su quei fedeli, hanno inviato a Ghiaie l’Inquisitore, ch’é sceso subito, di gran carriera, dal Colle, deciso a mandarLo via.
Arrivato a Ghiaie, l’Inquisitore ha cercato, ansioso, il Signore in quella folla, e quando L’ha visto, proprio come aveva fatto il “Grande Inquisitore” della “Leggenda”, dapprima Gli ha detto, sprezzante, ch’era venuto a disturbare, poi, dal momento che non voleva andarsene, Lo ha minacciato avvertendoLo che L’avrebbe condannato al rogo.
Sul quale ha collocato, in vece sua, Adelaide, la prediletta del Signore e della sua santa Madre, per farli soffrire ancora, com’era accaduto tanti anni prima sul monte del Dolore.
Il presepe è bruciato così, con Adelaide, in quel rogo, e nessuno ormai, lo può ritrovare.
Chi ha Fede però, può vederlo ancora, nello spirito, perché è eterno, come tutte le cose del Signore, e, contemplandolo, comprendere che tutto questo è avvenuto per adempiere la stessa Parola del Signore:
venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto.
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Riportiamo il racconto che ci ha donato Adelaide negli ultimi mesi della sua vita sulla terra, come pubblicato nelle prime pagine del nostro “Nella Luce di Ghiaie” (anch’esso ignorato e bruciato, come Adelaide, come la sua vera storia, e come il presepe).
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LA GRANDE PROMESSA
Un giorno d’autunno, nel tempo di Avvento, Adelaide sente bussare alla porta del casolare. La voce di un ragazzo, che la chiama trafelato, le dice: «Apri! Sono Candido».
Adelaide lo conosce appena quel ragazzo, ma gli obbedisce, senza far domande, come sapesse che deve
fidarsi di lui; e ancora gli obbedisce quando, subito dopo, come un ordine, quel ragazzo la esorta a seguirlo, correndo dietro a lui nella piazzetta, e poi lungo il viottolo stretto e accidentato verso la campagna digradante al Brembo,
e poi ancora, inerpicandosi con lui sul sentiero che sale per la morena, fino a un fontanile nascosto fra gli alberi, dinnanzi al quale Candido si ferma, per una preghiera, nel ricordo dei santi martiri, Quirico e Giulitta, cui il fontanile è dedicato.
Candido le racconta che furono uccisi, durante la persecuzione di Diocleziano, a Tarso, per mano del governatore della Cilicia, Alessandro, che aveva scagliato il piccolo Quirico di 3 anni sui gradini del tribunale facendogli battere la testa per averlo udito professare la sua chiara professione di fede, e poi aveva torturato e fatto decapitare la madre, Giulitta, perché si era rifiutata di sacrificare agli dei.
Dinnanzi a quel fontanile, Adelaide ascolta attentamente il racconto di Candido, come una lezione di
storia sacra, e in ginocchio, prega insieme a lui, col pensiero rivolto ai due santi martiri. Poi, con lui, riprende a inerpicarsi per la morena, fra arbusti e rovi di robinie e more, e supera il ponticello sul canale, oltre il quale corre lungo un sentiero pianeggiante, fino a un grande prato, al limitare del quale improvvisamente, si ferma stupita,
non solo nel vederlo affollato di bambini che non conosce, ma anche perché quei bambini, come avessero atteso il suo arrivo, le vanno incontro festanti, e poi la circondano, sospingendola, tutti insieme, al limitare di un bosco, dinnanzi a un grosso tronco spezzato di betulla disteso sul prato, sul quale vede del pane duro e un grembiule nero, che Candido afferra e indossa, come fosse una veste talare per disporsi a dire Messa.
Adelaide non è sorpresa dal comportamento di Candido, perché sa, come tutti al villaggio e in parrocchia, che vuol farsi prete. La inquietano, però tutti quei bambini: non comprende proprio perché siano corsi incontro a lei. Solo Candido potrebbe aiutarla a capire, visto che è sceso al suo casolare per condurla da loro, ma non fa domande e insieme a loro partecipa alla Messa, che Candido celebra sul quel tronco di betulla, ricevendo alla fine, dalle sue mani, un pezzetto di pane duro, come fosse un’Ostia consacrata, decisa, comunque, a scappar via, al termine del rito, per tornare al villaggio.
Ma subito dopo aver pronunciato le parole che chiudono la liturgia, Candido la ferma. «Aspetta!», le dice a voce alta. E risoluto aggiunge: «Oggi è l’Immacolata, dobbiamo fare il presepe».
Per Adelaide è impossibile fuggire. Da sempre innamorata del presepe, la prospettiva di prendere parte a quel lavoro la riempie di entusiasmo, e subito segue Candido, con gli altri bambini, fino a un fazzoletto erboso fra due betulle, luogo scelto da Candido per allestire il presepe, che compongono tutti insieme, nel modo più semplice, seguendo la stessa idea: con piccoli tronchi trovati sotto gli alberi costruiscono, dapprima, la capanna, dinnanzi alla quale inseriscono nella terra, in mezzo all’erba, tantissimi rametti rivestiti di foglie cadute dagli alberi, a raffigurare pastori e pecore.
Il lavoro è accurato e l’opera riesce perfettamente. Appare molto bella. E tutti insieme l’ammirano, inginocchiandosi poi, nell’erba tutt’intorno, a pregare e cantare. Per Adelaide, ancora una volta, com’era accaduto qualche anno prima nel mezzo della campagna, è come vivere in paradiso.
Ma anche questa volta, la felicità è destinata a durare poco. Il villaggio la richiama alla dura legge dell’esistenza, e da quel paradiso si strappa a malincuore, destata da un’improvvisa folata di vento freddo, giusto in tempo per tornare al villaggio e correre incontro a papà Enrico, determinata, comunque, a risalire, l’indomani, in quel prato, con Candido.
Che di nuovo, l’indomani, torna a bussare e a chiamarla, per condurla un’altra volta al fontanile e poi su per la morena, oltre il ponticello, fino al prato, affollato di bambini, quel giorno molto più numerosi. Adelaide li vede arrivare di corsa, a frotte, da tutte le parti. E li guarda stupita, perché molti di loro,
stranamente abbigliati, indossano una divisa a righe verticali, bianche e azzurre.
Ancora una volta, però, non chiede nulla; e si dispone semplicemente a partecipare alla Messa di Candido e poi a cantare e pregare con loro attorno al presepe, in attesa fiduciosa che il mistero si disveli. Come accade alla fine del tempo santo dell’Avvento, il giorno di Natale.
Proprio attorno a quel presepe, quel giorno di Natale, guardando la capanna di piccoli tronchi, nella quale Candido ha collocato, la notte, tre rametti rivestiti di foglie a raffigurare le tre persone della Santa Famiglia, quei bambini raccontano ad Adelaide le grandi sofferenze patite a causa della guerra. E Adelaide scopre, grazie a quei racconti, che proprio in quel tempo, tanti bambini, come loro, sono torturati e uccisi coi sistemi più turpi e orrendi nei campi di sterminio, schiacciati e smembrati nel crollo di case e scuole distrutte dai bombardamenti, colpiti dalle armi da fuoco nei luoghi di battaglia, strappati alla vita, con mezzi atroci, appena nati o ancor prima di nascere.
Adelaide accoglie sgomenta quelle storie strazianti, come ha accolto le storie dolorose dei bambini del villaggio morti in tenera età, a formare, tutte insieme, nell’anima, un gran tesoro di Sapienza, destinato a crescere in lei, nel tempo della Quaresima, lungo le stazioni della Via Crucis, ideata da Candido con croci incise nei tronchi degli alberi attorno a quel prato; che Adelaide percorre insieme a quei bambini, tutti i giorni di quel tempo, fino all’ultimo. Allorquando, in mezzo a loro, giunge un bambino povero e lacero, vestito solo di una leggera tunica grigia, tremante.
Non appena lo vede, Adelaide sente una gran pena per lui, e accorgendosi che i suoi piedi sono congelati dal freddo, subito si precipita al casolare a prendere un paio di calze, tornando a rotta di collo, per coprirgli i piedi; estasiata, immediatamente dopo, nel vedere un sorriso radioso sul suo volto di quel bambino, che la prende per mano e la conduce al primo albero segnato dalla croce, dinanzi al quale le chiede d’inginocchiarsi con lui, percorrendo poi, insieme a lui, mano nella mano, da quell’albero, tutte le stazioni della via dolorosa, fino all’ultima.
Oltrepassata la quale, sorprendentemente, come sapesse ch’è il suo gioco preferito, in un nuovo sorriso radioso, quel bambino le propone di raccogliere fiori, empiendo di gioia l’animo di Adelaide. Quell’invito le fa un immenso piacere, ma prima di gettarsi con lui nel prato,
curiosa gli domanda: «A chi li vuoi portare?».
«Alla mia mamma», le risponde il bambino continuando a sorriderle.
«E dov’è la tua mamma?», chiede ancora Adelaide, meravigliata e sempre più curiosa.
Ma questa volta il bambino non risponde, non rivela ad Adelaide dove si trova la sua mamma, e dunque dove abita lui.
Prima di allontanarsi, però, le fa una grande promessa, dicendole: «Presto la vedrai»,
perché Adelaide possa comprendere che tornerà ancora da lei, e non più da solo.
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