La morte santa di suor Adelaide
Più volte la santa Vergine ha promesso ad Adelaide il Paradiso, ponendo se stessa come premio del suo martirio.
La morte di Adelaide appare così, chiaramente, come il compendio, il compimento e il compenso della Missione accettata e vissuta da Adelaide nella sequela di Cristo, il Verbo di Dio, che, per questo fine, si è fatto uomo e ha sofferto fino a morire sulla Croce per salvare gli uomini e unirli come una sola famiglia, in una sola Chiesa. Per questo la morte di Adelaide è un grande dono per la vera Chiesa, come lo è la sua Missione.
E poiché la morte santa di Adelaide è tutt’uno con la sua Missione, possiamo dire che: se la partecipazione alla Missione di Adelaide, e al suo martirio, permette di accedere alla stessa Missione della Vergine, e dunque della Chiesa, così la partecipazione alla morte di Adelaide permette di accedere alla morte nelle mani della santa Vergine, e dunque della Chiesa.
La morte santa di Adelaide è un grande dono, perché la promessa della santa Vergine di portare Adelaide in Paradiso dopo una vita di martirio, è da considerarsi, ecclesialmente estesa a tutti coloro che vi partecipano dopo una vita di martirio spesa nell’offerta di sé, seguendo Adelaide quale modello per la Chiesa e della Chiesa.
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La lacrima di Adelaide
Erano quindi circa le 3 di notte, da una parte la figlia e dall’altra io le tenevamo la mano, entrambi con gli occhi ludici, Adelaide si rivolse a me e mi disse: “Grazie Gianluigi, va tutto bene, è qui con me la Madonna! Ora mi devi lasciare la mano perché la devo dare a Lei! Tu mi hai accompagnata fin qui ma ora devo andare con Lei! Grazie di tutto!”, e con una lacrima che scendeva dal suo viso, tipica di molti pazienti la cui anima abbandona il proprio corpo, Adelaide esala il suo ultimo respiro.
Così si conclude la testimonianza dell’infermiere dell’Istituto oncologico, che ha accompagnato suor Adelaide alla morte.
Connotata da pura oggettività, come una cronaca, la testimonianza dell’infermiere dell’Istituto oncologico (che pubblicheremo integralmente in uno scritto di prossima pubblicazione) appare fredda.
Per questo è necessario leggerla con gli occhi della Fede e alla Luce della vita di martirio sofferta da Adelaide.
Solo così infatti possiamo, scorgere, nella morte di Adelaide, il grande mistero, di solitudine e abbandono, della stessa morte di Cristo, ignorato dall’infermiere.
Adelaide non si è svelata.
Perciò l’infermiere non può riconoscere, nella lacrima che scende dal viso di Adelaide morente, il pianto di Cristo Crocifisso che muore per amore degli uomini, per i quali, anche Adelaide ha accettato di soffrire un atroce martirio e morire, come Cristo, in solitudine, abbandonata, rigettata, obbedendo alla Missione ricevuta da Cristo stesso, attraverso la santa Vergine nella seconda apparizione del 14 maggio.
Missione che Adelaide ha adempiuto in totale disposizione del Cielo, accettando tutte le più terribili sofferenze, per amore.
Adelaide non si è svelata,
Perciò, l’infermiere nemmeno può vedere nella lacrima di Adelaide morente tutte le lacrime versate nella sua vita di martirio che hanno fecondato la sua Missione d’amore.
Egli vede soltanto la lacrima “tipica di molti pazienti la cui anima abbandona il proprio corpo”, e non comprende che, proprio morendo come una persona qualunque, Adelaide ha manifestato la grande Missione compiuta sulla terra per amore di Cristo, che ancora continua sulla terra per i sofferenti e i morenti.
Adelaide infatti, è vicina a tutti coloro che soffrono, e accorre al capezzale dei morenti per accompagnarli nel passaggio da questa vita all’altra, affinché approdino, al sicuro, fra le braccia della santa Vergine, alla Luce Divina.
Per questo, sia pur oggettiva come una cronaca, la testimonianza dell’infermiere è un grande dono.
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La mano di Adelaide
L’infermiere che ha accompagnato Adelaide nel trapasso da questa vita al Cielo, è del tutto ignaro che, alcuni anni prima, in un reparto d’ospedale della stessa città di Milano, una notte di luglio,
Adelaide infermiera, proprio come lui, aveva tenuto la mano di un morente: don Ettore Bonaldi.
Quella notte, nonostante la dottoressa del reparto avesse escluso altri interventi terapeutici ritenendoli del tutto inutili, Adelaide si era posta in ginocchio accanto a don Ettore, e aveva continuato a pregare tenendo la mano del morente dopo avergli posto al collo la catenina che lei portava, (con l’effige della Madonna apparsa a Ghiaie); accompagnata in questo estremo appello alla Grazia, da un giovane medico non credente, giunto a tenere l’altra mano del prete ormai in agonia.
Tutta quella notte era trascorsa così.
Finché al mattino, uscendo come da un sonno profondo, don Ettore si era destato, e, seduto sul letto, sorridendo, aveva affermato di sentirsi bene, nello stupore della dottoressa, giunta in reparto dal pronto soccorso, sicura di trovarlo senza vita.
La guarigione miracolosa di don Ettore Bonaldi (convalidata da esami immediati e ripetuti che hanno escluso ogni traccia della leucemia sorta in lui per portarlo inesorabilmente alla morte) è ben conosciuta dai fedeli delle apparizioni, perché costituisce la conferma della veridicità delle stesse (purtroppo elusa con la sottrazione delle cartelle cliniche stranamente smarrite e mai concesse ai parenti).
Tuttavia nessuno dei fedeli, finora, ha mai posto l’attenzione sulla mano di Adelaide che per molte notti ha preso la mano di don Ettore fermandosi a pregare in ginocchio accanto al suo letto d’ospedale, fino a quell’ultima notte di lotta contro il male, conclusa con una vittoria straordinaria.
Ma ora, grazie alla preziosa testimonianza dell’infermiere dell’ospedale oncologico dov’è morta Adelaide,
possiamo fermare l’attenzione sulla mano di Adelaide morente, che l’infermiere ha preso nella sua, proprio come Adelaide aveva tenuto la mano di don Ettore morente.
L’infermiere di certo non poteva sapere che la mano di Adelaide era colma di Grazia, e che la stessa morte di Adelaide sarebbe stata una Grazia, proprio come la guarigione di don Ettore, perché anch’essa ha confermato la veridicità delle apparizioni di Ghiaie.
Adelaide infatti, ha lasciato questa vita segnata dall’inesausto martirio predettole tanti anni prima dalla Madonna, scesa quella notte del 24 agosto, in quella stanza d’ospedale a prenderla per mano, come le aveva promesso.
- Pochi sanno quanto bene ha lasciato sulla terra la mano di Adelaide,
sempre più configurata a Cristo nel dolore, in obbedienza alla vocazione religiosa che la Madonna le aveva indicato (farsi suora Sacramentina) preannunciandole la salita al Calvario, quale mistica sposa del Divin Figlio, Che si è fatto uomo nel seno della santa Vergine per redimere l’umanità dal peccato e vincere la morte, mediante la morte in Croce.
- Ancor meno persone poi, sanno che la mano di Adelaide portava, invisibilmente, i segni del Cristo Crocifisso,
lasciati da Lui, quando ancor bambina, nel bosco sopra il villaggio, l’aveva presa per mano e condotta lungo la Via Crucis preparata da Candido con segni di croce sul tronco degli alberi, al termine della quale le aveva promesso che le avrebbe mostrato la sua Mamma.
- Ma poiché Adelaide vive ancora,
possiamo finalmente far conoscere a molti la santità di Adelaide e dire che la sua mano continua a operare il bene, per la Grazia del Signore, nonostante l’irriconoscenza, l’indifferenza, il rifiuto, il disprezzo, l’ostilità, le violenze e anche l’odio ricevuto.
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L’Amore di Adelaide
«Sono stata, sono, e sarò sempre suora Sacramentina».
Questo ripeteva, Adelaide, con forza agli amici più vicini negli ultimi tempi della sua esistenza mentre si avviava con decisione verso la morte, scelta col dono della vita.
Era come se volesse lasciare in eredità se stessa nella luce di questa identità, per essere ricordata e compresa esclusivamente alla luce di questa identità, intesa come radice sempiterna della sua persona e della sua vita, della sua vocazione e del suo martirio.
Ma, comprenderla, non era facile,
anche perché lei stessa aveva celato molti eventi della sua esistenza – grazie ai quali si sarebbe capita questa sua affermazione – nella certezza che la Divina Provvidenza avrebbe permesso ad altri di ritrovarli, al tempo stabilito dalla stessa Divina Provvidenza.
Come è avvenuto recentemente grazie alla scoperta di un evento sorprendente, mai rivelato e sempre nascosto, ma determinante per comprendere: sia la vocazione religiosa di Adelaide che il significato delle apparizioni di Ghiaie.
Questo evento riguarda la malattia di Adelaide emersa al tempo della guarigione di don Ettore Bonaldi.
Lo riassumiamo così.
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Nello stesso reparto d’ospedale in cui Adelaide, infermiera caposala, si era presa tanta cura di don Ettore, affetto da leucemia mieloide acuta, una malattia infausta la costringe a passare dalla condizione di infermiera a quella di paziente.
E’ tanto sfiancata, dalla malattia, da dover lasciare il lavoro e coricarsi in un letto del reparto.
Il suo stato d’infermità, molto grave, presto viene confermato dagli esami del sangue che rivelano una preoccupante diminuzione di piastrine, e infine dalla diagnosi dell’ematologa dottoressa Pellò.
Il referto clinico della dottoressa non lascia scampo:
Adelaide è affetta da leucemia mieloide acuta e sembra proprio non ci sia nulla da fare.
I medici combattono, ma, inesorabilmente, gli effetti della malattia infausta si aggravano.
Giorno dopo giorno, crisi ripetute conducono Adelaide a una condizione sempre più preoccupante, e una notte le sue condizioni si fanno disperate: la piastrinopenia peggiora in modo irreversibile, tanto che i medici, col passar delle ore, temono emorragie del sistema nervoso centrale.
Adelaide è in immediato pericolo di vita.
C’è solo da sperare che reagisca con tutte le sue forze al franamento.
Per questo, al mattino, la dottoressa Pellò, giunta in reparto dal Pronto Soccorso, e il giovane medico del reparto – lo stesso che, con Adelaide, aveva tenuto la mano di don Ettore – si affiancano ai due lati del letto di Adelaide prendendo le sue mani nelle loro mani.
E Adelaide sente, in quelle mani amiche che la trattengono, quanto è importante che viva ancora, e per quell’amore, tutto umano, resiste, perché così vuole anche la Madonna.
Come abbiamo raccontato in altra riflessione, solo molti anni dopo, sul letto di un altro ospedale, di nuovo in fin di vita, con le sue mani in altre mani, Adelaide chiederà di non esser trattenuta perché, giunta la sua ora, doveva dare le sue mani alla Madonna scesa in quella stanza d’ospedale per condurla finalmente in Cielo come le aveva promesso.
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Questa storia tanto sofferta, desta davvero una profonda commozione,
dalla quale tuttavia, per comprenderla bene nella sua grande importanza occorre distanziarci, almeno per un breve momento, e porre qualche domanda in apparenza impertinente.
Guidati dalla semplice ragione, e senza remore, ci si chiede:
perché Adelaide sì è spesa così tanto per la guarigione di don Ettore fino al punto da offrire tutta se stessa? Non c’erano forse tante altre persone bisognose da aiutare, visto che don Ettore morendo sarebbe stato accolto in Cielo, traguardo desiderato fin dalla sua ordinazione sacerdotale?
Per rispondere a questa domanda, è necessario:
- innanzitutto ricordare la frase che Adelaide ripeteva con forza agli amici più vicini negli ultimi tempi della sua esistenza mentre si avviava con decisione verso la morte, ovvero: «Sono stata, sono, e sarò sempre suora Sacramentina»
- e di conseguenza comprendere che in don Ettore sacerdote, Adelaide vedeva Cristo sofferente, poiché ogni sacerdote è figura di Cristo, e che, quale suora Sacramentina, desiderava partecipare alla sofferenza di don Ettore alter Christus, come vittima espiatoria, testimoniando così la vocazione religiosa alla quale la santa Vergine l’aveva esortata: essere sua immagine quale Madre e Sposa del Divin Figlio Crocifisso.
Solo in questa luce è possibile altresì capire che l’’incontro fra don Ettore e Adelaide, in quella corsia d’ospedale, è predisposto dal Cielo perché, nella Fede in Cristo, ognuno possa vedere:
- in don Ettore e Adelaide uniti nel dolore, la perfetta coppia eucaristica,
- e nel loro accordo, segretamene taciuto, il vero e più profondo significato delle apparizioni di Ghiaie, sempre annunciate dal volo di due colombi bianchi.
Questo mirabile incontro, finora mai svelato, costituisce oggi la fulgida prova che
Adelaide, pur scacciata con violenza dal convento, è sempre rimasta, nello spirito, suora Sacramentina, e che, come suora Sacramentina ha sempre testimoniato col martirio il vero Amore pagando con la vita,
perché la Grazia di Cristo è donata a caro prezzo.
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Al fine di comprendere ancor meglio questo mirabile evento, determinante per il riconoscimento delle apparizioni di Ghiaie, necessita, a questo punto, porre un’altra domanda, anch’essa in apparenza impertinente.
E ci chiediamo:
perché Adelaide ha voluto e ottenuto che, nonostante le condizioni molto gravi, don Ettore fosse portato al luogo delle apparizioni di Ghiaie, dove inginocchiata accanto a lui, prima di pregare il rosario, lo ha esortato a rivolgersi alla santa Vergine con queste semplici parole: “Se sei veramente apparsa, ascolta la mia preghiera”?
Per chi conosce i messaggi rivolti dalla santa Vergine alla Chiesa attraverso Adelaide, la risposta è immediata.
E’ sufficiente ricordare la solenne dichiarazione della santa Vergine nell’ultima apparizione del 31 maggio:
«desidero presto il mio trionfo. Prega per il Papa e digli che faccia presto perché voglio essere premurosa per tutti in questo luogo. Qualunque cosa mi si chiederà lo intercederò presso mio Figlio»
La dichiarazione della santa Vergine consente chiaramente di capire che
la Grazia accordata a don Ettore grazie al sacrificio di Adelaide, avrebbe favorito il riconoscimento delle apparizioni da parte della Chiesa e alle Ghiaie sarebbe affluita una moltitudine di sofferenti nel corpo e nello spirito a chiedere la Grazia della guarigione, come don Ettore, e segnare così il trionfo della santa Vergine.
Che ancora si attende.
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Da ultimo occorre ricordare che don Ettore sacerdote salesiano è stato condotto al luogo delle apparizioni il 24 maggio, dedicato a Maria Ausiliatrice, perché la Regina della famiglia e della Chiesa possa essere invocata anche con questo titolo.
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Suora per sempre
Nella precedente riflessione dal titolo “l’Amore di Adelaide”
abbiamo rivelato che
in don Ettore morente, Adelaide vedeva Cristo sofferente, poiché ogni sacerdote è figura di Cristo,
e che,
quale suora Sacramentina, desiderava partecipare alla sofferenza di don Ettore, alter Christus, come vittima espiatoria, testimoniando così la vocazione religiosa alla quale la santa Vergine l’aveva esortata nell’apparizione del 14 maggio: essere sua immagine quale Madre e Sposa del Divin Figlio Crocifisso.
Inoltre, grazie a questa premessa, abbiamo visto:
in don Ettore e Adelaide uniti nel dolore di Cristo, la perfetta coppia eucaristica.
Scoperta che possiamo ancor meglio comprendere soffermandoci, brevemente, sul momento estremo della vita di don Ettore, ovvero sulla sua morte, avvenuta 36 anni dopo la guarigione, il 24 luglio 2002;
che brevemente raccontiamo.
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Gravemente malato, ai primi di luglio dell’anno 2002, don Ettore viene ricoverato nel reparto di chirurgia dell’Ospedale di Clusone. Nei giorni successivi si aggravano le sue condizioni, e il 21 luglio perde conoscenza.
Quel giorno è assistito dal nipote Adalberto e dalla moglie, che hanno dato il cambio a Italo, fratello di don Ettore.
E’ domenica sera. Tutto è silenzio nella stanza, ma a un tratto, come uscendo da un sonno profondo, don Ettore inizia a salmodiare.
Stupiti, Adalberto e la moglie si mettono in ascolto, ma non capiscono le parole che lo zio pronuncia. E’ una lingua che non conoscono. Lo spirito di don Ettore sembra vivere come in un’altra dimensione.
In quel momento, accanto a loro, giunge un salesiano, don Camillo Giordani, amico di don Ettore.
Adalberto e la moglie chiedono subito a lui cosa accade allo zio.
La risposta li lascia allibiti:
«Canta Messa in Aramaico!»
E’ uno squarcio di luce abbagliante che conduce tutti i presenti in Terra Santa, dove don Ettore vive, con Cristo, le sue ultime ore, per morire, con Lui.
E dirà Messa fino all’ultimo respiro.
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Questo racconto ci permette di comprendere
che don Ettore, unito a Cristo nell’anima con tutta la sua persona, ha partecipato interiormente alla Passione di Cristo per tutta la vita, in una Messa ininterrotta, fino all’ultimo istante.
Come non vedere allora,
in don Ettore agonizzante sul letto del reparto del Policlinico, il sacerdote che, unito a Cristo sale il Calvario per morire con Cristo, e in Adelaide orante accanto a lui, la religiosa, unita alla santa Vergine Addolorata, che sale il Calvario per soffrire e morire con il Divin Figlio Sposo!
Certo, non appartiene a questo mondo tale visione,
ma con la mente illuminata dalla Fede, nella certezza che il santo Sacrificio di Cristo ha un valore infinito e si rinnova oltre il tempo e lo spazio,
ognuno può riattualizzare quel momento
e vedere, ancora, in don Ettore e suor Adelaide la coppia eucaristica che, a quel capezzale d’ospedale, offre il santo Sacrificio del Calvario, potendo vivere con loro quella santa Messa.
E così comprendere che:
la guarigione di don Ettore, non è da considerarsi semplicemente un evento prodigioso,
- ma un frutto della Grazia ottenuta da Cristo col suo santo Sacrificio, al quale don Ettore ha partecipato, in persona Christi, unito a suor Adelaide, figura della santa Vergine Addolorata.
E di conseguenza
- contemplare il letto d’ospedale trasfigurato in un altare e l’ospedale in una chiesa.
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La qual cosa non deve stupire.
Perché, fin da bambina Adelaide aveva imparato a riconoscere Cristo nel sacerdote; in particolare partecipando alle Messe celebrate nel bosco da Candido coi bambini martiri mandati dal Cielo e col fanciullo Gesù, sentendo nel cuore d’essere nata per essere suora;
vocazione confermata il 14 maggio dalla santa Vergine, che ha unito, quale mediatrice della Divina Sapienza, Adelaide e Candido nella stessa Missione Eucaristica, eleggendo Candido sacerdote per sempre tutto di Dio, e Adelaide suora per sempre tutta di Dio.
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Occorre altresì ricordare:
- che, nella Fede in Cristo, la guarigione di don Ettore non è un evento passato,
- e che ancor oggi – soprattutto oggi – si rinnova, a ricordare quale era e quale è la Missione affidata alla Chiesa di Cristo, dalla Divina Sapienza, per mezzo della santa Vergine, apparsa ad Adelaide, nel piccolo villaggio di Ghiaie, come Regina della famiglia e della Chiesa.
Ovvero:
- ricondurre l’umanità, divisa dal peccato e dalla guerra, all’Amore di Dio, e unirla nell’Unità e nella Pace, a formare una sola famiglia e una sola Chiesa, PER ESSERE UNA SOLA COSA, nel santo Sacrificio di Cristo celebrato in tutto l’universo.
Grande Missione, per quale, la santa Vergine ha impresso su Adelaide
il SIGILLO DI DIO CON IL BACIO EUCARISTICO
mandato il 29maggio (giorno seguente a Pentecoste, solennità in cui nasce la Chiesa, figura del nostro tempo) dalle sue labbra con l’indice e il pollice uniti – ponendo poi, il 31 maggio, le sua labbra purissime sulla fronte di Adelaide.
SIGILLO INDELEBILE – che rimane in eterno – perché le parole e le azioni dell’uomo non potranno mai
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La Fede di Adelaide
...si era solo limitata a dire che per lei la Fede era una parte fondamentale della sua vita.
Così scrive l’infermiere dell’Ospedale oncologico che ha seguito Adelaide fino al trapasso da questa vita, lasciandoci, in un successivo passaggio della sua testimonianza, essenziale e oggettiva, una preziosa memoria:
Ricordo che durante le domande di rito mi aveva parlato della sua grande Fede e della vicinanza alla Vergine Maria e queste rappresentavano le sue certezze che le davano la forza di andare avanti ed affrontare il suo fine vita.
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Grazie a questo ricordo, inconsapevolmente, l’infermiere permette,
innanzitutto,
di capire che Adelaide ha affrontato le sofferenze della vita con lo spirito alimentato da due certezze strettamente connesse fra loro : la Fede e la vicinanza alla Vergine Maria, vivendo la propria Fede alla luce della Fede della santa Vergine.
Inoltre,
permette di comprendere che Adelaide si è disposta ad abbracciare la morte con un ultimo atto di Fede,
nel quale possiamo riconoscere il compimento di tutti gli atti di Fede, con cui, sempre unita alla santa Vergine, ha vissuto tutti i passaggi della sua esistenza sulla terra, a iniziare dal primo atto di Fede,
pronunciato da Adelaide in obbedienza alla divina disposizione indicatale dalla santa Vergine nella seconda apparizione della stessa santa Vergine, nel maggio del 1944, Tempo di Pasqua e tempo di guerra, in un prato del suo piccolo villaggio.
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Quel giorno,
14 maggio 1944,
rivelando la volontà di Dio su di lei, la santa Vergine le aveva detto :
«Tra il quattordicesimo e quindicesimo anno ti farai suora Sacramentina».
Parole che Adelaide, ancor bambina, aveva accolto con fiduciosa semplicità, rassicurata dalla voce dolcissima della santa Vergine e dalla sua bellezza, senza poter comprendere
la dolorosa e grandiosa Missione espressa in quel comando;
che in lei si chiarirà, in pienezza, solo allorquando,
dopo incessanti vessazioni di un Inquisizione atroce, inferte in una penosa segregazione, conclusa con la preconfezionata condanna al termine di un processo iniquo, seguito da un’altra lunga segregazione forzata,
finalmente liberata dalla continua oppressione, sarà accettata come postulante al convento di Bergamo, ed entrerà come novizia nella famiglia delle suore Sacramentine.
Quel giorno,
11 luglio 1953,
alla cerimonia di vestizione, ritrovandosi stesa per terra, nel cerchio delle suore del convento di Lavagna in attesa delle parole della Madre: entrate dunque nella nostra famiglia! siate la benvenuta fra noi,
Adelaide sentirà echeggiare nell’anima le parole pronunciate dall’Angelo alla santa Vergine il giorno dell’Annunciazione:
- «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù». (Lc. 1, 30 – 31)
che rischiareranno, di fulgida Luce Divina, la Missione d’Amore indicatale, otto anni prima, con le parole della santa Vergine:
- «Tra il quattordicesimo e quindicesimo anno ti farai suora Sacramentina»
e in quella Luce Divina, rinnoverà con tutto il cuore l’atto di Fede pronunciato in tutta semplicità da bambina, prendendo piena consapevolezza che, da quel giorno,
- in lei, suora Sacramentina, come nelle caste vergini consacrate alla vita religiosa, si sarebbe misticamente rinnovato il mistero dell’Incarnazione del Verbo di Dio nel seno della Vergine Maria,
- per essere condotta, dalla santa Vergine, lungo la via della Croce, fino al Calvario, quale madre e sposa del suo Divin Figlio, nella partecipazione, in unità con la santa Vergine, all’opera della Redenzione dell’umanità peccatrice,
- approdando alla fine, con il Divin Figlio e Sposo, alla Luce della Resurrezione, condotta in Cielo, nella gloria della Santissima Trinità, dalla santa Vergine, come la stessa santa Vergine le aveva promesso, dopo averle indicato il volere di Dio su di lei.
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Purtroppo, però, com’è tristemente noto, dopo pochi mesi, i suoi persecutori, nemici delle apparizioni della santa Vergine, in accordo con la santa Sede, con un colpo di mano, la strapperanno di prepotenza dal convento come fosse una delinquente, facendola precipitare in un nero abisso mortale,
dal quale non sarebbe più riemersa, straziata da un atroce dolore, che nessuno avrebbe mai potuto condividere – perché nessuno avrebbe potuto capire che strappandole l’abito le avevano sradicato la Vita Nascente dal cuore,
se nel fondo più buio dell’anima, la voce tanto cara della Madre di Dio non l’avesse richiamata in vita, a rinnovare l’atto di Fede pronunciato da bambina;
che, da quel giorno Adelaide confermerà, per tutto il resto della sua esistenza sulla terra, in una incessante offerta della vita ai peccatori e ai bisognosi, per amore di Dio, fino all’ora della morte, vissuta in un ultimo atto di Fede nell’ultimo dono della vita.
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La vita di Adelaide la si comprende solo in questa Luce Divina,
come un continuo atto di Fede e di Amore in Dio, pronunciato in un continuo martirio, nell’offerta della vita, al fine di ottemperare alla Missione affidatale, per divina disposizione, dalla santa Vergine:
rinnovare incessantemente nell’anima il Mistero dell’Incarnazione, per partecipare, in unità con Cristo Eucarestia, all’Opera della Redenzione, e alla nascita della Chiesa, alla quale ricondurre le anime pentite, a formare, nell’Amore di Dio, una sola Famiglia.
Missione d’Amore alla quale Adelaide ha tenuto fede, con l’anima rivolta costantemente a Dio, disponibile sempre ad adempiere il Volere di Dio, nella certezza che tutti i passaggi della sua vita erano scritti nel progetto di Dio su di lei, fin dal Principio, per questa stessa Missione d’Amore,
come il lavoro d’infermiera, condotto con grande professionalità, sempre sorretta dalla Fede, nel totale nascondimento, segnato, come sappiamo, dall’offerta della vita per la guarigione di don Ettore Bonaldi;
e poi il matrimonio, passaggio ultimo della Missione a lei affidata, concluso con l’ultimo dono della vita alla persona a lei più cara;
che Adelaide ha accettato con l’anima pura, costantemente immersa nell’anima della santa Vergine, consegnando a Dio, nell’incomprensione di molti, tutta se stessa in un continuo atto di Fede, per lasciare a Dio di svelarne la ragione provvidenziale, desiderosa soltanto di portare ovunque
l’Amore e la Pace di Cristo,
divenendo così, inconsapevolmente:
«segno di contraddizione, per la rovina e la salvezza di molti» (Lc,2, 34)
Tutta la vita di Adelaide si può dunque comprendere alla luce di questa Missione d’Amore, collocata provvidenzialmente nel passaggio pasquale in cui Cristo ha posto la Missione stessa della Chiesa in cui rifulge la Missione della santa Vergine.
Per questo, ogni atto di Fede in Dio, Adelaide l’ha accompagnato con le parole pronunciate dalla santa Vergine al momento dell’Incarnazione, e da lei ripetute in tutta la vita nascosta fino al Calvario:
- «che mi avvenga secondo la tua parola».
ponendosi di fronte a Dio, ad imitazione della santa Vergine, come:
- «l’ancella del Signore» (Lc. 1, 38)
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Il mese precedente alla sua morte, Adelaide aveva confidato a un religioso, suo amico, che il suo tanto sospirato trapasso sarebbe avvenuto dopo la morte incipiente di una persona da lui conosciuta; com’è accaduto, nelle modalità che Adelaide gli aveva descritto, a testimonianza che tutta la sua esistenza doveva essere compresa solo alla luce del Disegno di Dio su di lei, e da lei accettato con continui atti di Fede in Dio.
Adelaide aveva usato proprio quelle parole: sospirato trapasso, per far comprendere l’anelito a lungo sospirato di ricongiungersi alla santa Vergine, che chiamava Mamma, e a Gesù, che chiamava Fratello.
Per questo, l’infermiere dell’ospedale oncologico, senza saper nulla di Adelaide, scrive:
Ricordo bene quel momento perché ho in mente il grande imbarazzo che ho provato, nel non sapere cosa dire, nel non sapere cosa fare, nel tentare di nascondere i miei occhi lucidi pieni di commozione, nel non riuscire a trovare le parole di conforto che usualmente utilizziamo con i pazienti terminali, perché Adelaide pur essendo terminale era Lei che stava confortando me e mi diceva “Stai tranquillo, non devi dirmi nulla! Stai facendo un buon lavoro, non devi dire o fare altro, io sono tranquilla!
Ricordo commovente e prezioso, che permette altresì
- di riconoscere, ancor più chiaramente, nell’ultimo atto di Fede di Adelaide, il suo primo atto di Fede,
- e capire che Adelaide è morta come suora Sacramentina, portata in Cielo dalla santa Vergine con l’abito che i suoi persecutori le avevano strappato, ma non avrebbero mai potuto distruggere, perché confezionato con la Luce, dagli angeli, per volontà di Dio.
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La maternità di Adelaide
La storia di Adelaide, come le apparizioni della santa Vergine a Ghiaie, può essere compresa solo alla luce del Disegno Eterno della Divina Provvidenza su di lei e sul suo piccolo villaggio.
Per questo, è necessario evitare assolutamente valutazioni storicistiche e giudizi espressi in base alla fredda “norma”, sulla quale il potere giustifica i propri atti violenti d’ordine, e condanna pubblicamente le vittime designate esponendole alla gogna,
come hanno fatto i persecutori di Adelaide, membri della Chiesa, che,
dopo averla violentemente inquisita, suppliziata, segregata, processata, condannata, stracciandole con brutalità l’abito di novizia perché non facesse la professione, e aver imposto poi a tutte le madri di tutti i conventi di rifiutarla,
hanno voluto indicare, da ultimo, anche nel suo matrimonio, da loro peraltro favorito, la prova finale della negazione delle apparizioni.
Accecati da una bieca concezione materialistica, costoro non hanno potuto riconoscere il Disegno di Dio su Adelaide,
che si è completato proprio nel suo matrimonio,
grazie al quale
- si è manifestata la santità di Adelaide, nell’espressione più grande e bella della donna, a immagine della santa Vergine: la Maternità,
- e realizzato compiutamente il messaggio delle apparizioni.
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Per capire il Disegno di Dio su Adelaide
occorre tornare un’altra volta alle tre predizioni comunicate ad Adelaide, dalla santa Vergine, il 14 maggio:
- tra il quattordicesimo e quindicesimo anno ti farai suora Sacramentina,
- soffrirai molto,
- ma non piangere perché dopo verrai con me in Paradiso.
nelle quali, predizioni, possiamo distinguere tre passaggi molto chiari della Missione pensata fin dal Principio dalla Divina Sapienza per Adelaide:
- concepire Cristo nell’anima e divenire sua madre, come Maria,
- salire con Cristo il Calvario e, nel martirio, estendere la maternità all’umanità, partecipando, come Maria e con Maria, alla Redenzione,
- essere condotta in Cielo da Maria avendo compiuto la Missione.
Inoltre,
per capire ancor meglio il Disegno di Dio su Adelaide,
distinguendo in questi tre passaggi
- l’azione di Dio, nel primo e nel terzo,
- dall’azione violenta dell’uomo, nel secondo (limitato all’espressione: “soffrirai molto”),
possiamo chiaramente comprendere che:
la persecuzione perpetrata contro Adelaide, fino alla sua esclusione violenta dalla vita religiosa, è stata permessa da Dio
perché Adelaide completasse nel matrimonio la Missione religiosa ricevuta attraverso la santa Vergine, e vivesse la maternità fisica unita alla maternità spirituale,
divenendo così
immagine compiuta della santa Vergine – Madre del Verbo di Dio nello spirito e nel corpo – per essere corredentrice – come la santa Vergine Madre di Dio e dell’umanità.
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Il disegno di Dio su Adelaide lo si vede ancor più compiutamente, riconoscendo:
- innanzitutto le creature partorite da Adelaide come fratelli in Cristo partorito nel suo spirito di religiosa Sacramentina,
- e poi, in quelle creature, riconoscere noi stessi, che formiamo, con loro, come fratelli in Cristo, una stessa famiglia, un solo Corpo,
- e di conseguenza, in Adelaide, immagine di Maria Madre di Cristo, la nostra madre nello spirito.
Verità semplice e lampante, grazie alla quale possiamo altresì capire che,
rimanendo religiosa nello spirito, Adelaide ha elevato il matrimonio, quale eccelso divino Sacramento, alla sublime Grazia per cui Dio lo ha istituito.
Ella infatti,
vivendo la vita quotidiana al servizio della propria famiglia in una continua preghiera e offerta della vita per le sue creature e per la salvezza delle anime dei peccatori,
ha esteso la maternità divenendo, anche, madre delle anime generate in Cristo e con Cristo alla vita divina, come l’aveva supplicata la santa Vergine nelle apparizioni con ripetute esortazioni e accorati dolorosi ammonimenti.
La storia di Adelaide la si comprende, dunque, solo riconoscendo la Missione affidatale da Dio, attraverso la santa Vergine, di elevare la Maternità al sublime livello di Grazia nell’Opera di generare le anime a Dio.
Disegno provvidenziale che ha permesso ad Adelaide
- di vivere la propria maternità nella maternità di Maria,
- e poterla estendere, per Grazia di Dio, a tutti coloro che grazie al suo martirio – unito al martirio di Cristo e della santa Vergine Corredentrice – sono rinati all’Amore di Cristo e condotti a far parte della Sua Sacra Famiglia.
Per questo, proprio nel matrimonio, inteso nel suo profondo significato di Grazia, Adelaide ha realizzato compiutamente il messaggio delle apparizioni.
Com’è noto infatti,
le apparizioni di Ghiaie si aprono con il volo di una coppia di colombi bianchi, immagine della nuzialità,
Realtà d’Amore Eterna presente e viva nel Santo Sacramento dell’Eucarestia, istituito da Cristo con il suo santo Sacrificio, per unire l’uomo a Dio come una cosa sola, come gli sposi, come Cristo e la Chiesa.
*
Qualche mese prima del suo sospirato trapasso, a un religioso, suo amico, la “piccola martire” ha confidato che nella Luce delle apparizioni la santa Vergine le aveva mostrato la moltitudine dei volti dei peccatori salvati dal suo martirio,
al quale era stata destinata da Cristo stesso fin da quando, ancor bambina, Cristo Fanciullo l’aveva accompagnata per mano lungo la Via della Croce, nel bosco sopra il villaggio, conducendola poi nel prato a coglier fiori, figura delle anime che Adelaide avrebbe donato a Lui, grazie al suo martirio.
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L’anima di Adelaide
Iniziamo questa riflessione rammentando, un’altra volta, l’affermazione che Adelaide ripeteva, con forza, agli amici più vicini negli ultimi tempi della sua esistenza sulla terra mentre si avviava con decisione verso la morte, scelta col dono della vita:
- «Sono stata, sono, e sarò sempre suora Sacramentina».
E’ un’affermazione assai importante, anzi determinante, perché solo accettandola in questa luce Adelaide permette di avvicinarla, conoscere la sua storia, e così accedere alla sua anima,
nella quale è iscritta da sempre la vocazione religiosa e la Missione a lei indicata dalla santa Vergine per conto della Divina Sapienza.
E a questo fine aggiungiamo che, per far comprendere il fine della sua vocazione religiosa, agli amici più vicini Adelaide, diceva anche
- di aver sempre desiderato d’essere suora per portare e far crescere l’Amore di Dio nei cuori delle consorelle come voleva la santa Vergine,
rivelando poi, che:
- in obbedienza alla santa Vergine, avrebbe dovuto affiancare, come suora Sacramentina, il santo Padre, per riportare l’Eucarestia al centro della Chiesa e aiutare la Missione Eucaristica della Chiesa nel mondo.
la quale rivelazione
consente di affermare che le apparizioni di Ghiaie non devono essere confinate al luogo e al territorio dove la santa Vergine si è manifestata nel maggio dell’anno 1944,
ma considerate come
un evento soprannaturale deciso da Dio santa Trinità, per la Chiesa Universale, chiamata a portare l’Amore Eucaristico nel mondo, dalla santa Sede di Roma,
come ha fatto ben capire Adelaide dicendo al pittore Galizzi – impegnato a rappresentare in una pala d’altare l’immagine della santa Vergine apparsa a Pentecoste – che il manto verde della santa Vergine si estendeva fino a Roma,
soprattutto com’é ben esplicitato dal “desiderio” espresso dalla santa Vergine nell’apparizione di Pentecoste:
«al mio cuore preme quella pace mondiale nella quale tutti si amino come fratelli. Solo così il Papa avrà meno da soffrire»
nel quale risuona chiaramente il “comandamento” espresso da Gesù all’Ultima Cena coi suoi discepoli, il giovedì santo, giorno in cui la Chiesacelebra l’istituzione dell’Eucaristia:
«che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv. 13, 34-35).
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Per comprendere meglio questa grande Missione rivelata da Adelaide occorre:
- dapprima ricordare – nella seconda apparizione del 14 maggio – l’esortazione rivolta ad Adelaide dalla santa Vergine a farsi suora Sacramentina,
nella quale esortazione, si riconosce chiaramente l’inizio del “mandato” della Missione affidata dalla santa Vergine ad Adelaide per volontà della santa Trinità, perché Adelaide concepisse, misticamente, il VERBO EUCARISTICO nell’anima, quale immagine della santa Vergine.
- e riconoscere poi la conferma della stessa Missione nel bacio Eucaristico inviato ad Adelaide, dalla santa Vergine – nell’apparizione del 29 maggio – con l’indice e il pollice uniti sulle labbra,
grazie al quale Adelaide riceve il dono dello SPIRITO SANTO effuso nella sua anima, col “respiro” dell’anima della santa Vergine, perché si rinnovi in lei, misticamente, l’Incarnazione del VERBO EUCARISTICO e possa così attuare e sostenere la grande Missione Eucaristica per cui è stata prescelta e dovrà compiere come suora Sacramentina.
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Ancor più compiutamente, la Missione rivelata da Adelaide, la possiamo riconoscere
- nella prima Comunione ricevuta da lei il 28 maggio, solennità di Pentecoste e giorno della decima apparizione, la più significativa del ciclo epifanico, perché, proprio in quell’apparizione Adelaide – con l’abito della prima Comunione e il Signore nell’anima – offre, come piccola suora Sacramentina, un mazzo di fiori alla santa Vergine,
simbolo delle anime che saranno ricondotte, attraverso le sue mani immacolate, all’Amore di Gesù Eucarestia, unite come fratelli in una stessa famiglia, come la santa Vergine dice nel messaggio di quel giorno (al mio cuore preme quella pace mondiale nella quale tutti si amino come fratelli), ricordando il comando del Signore all’Ultima Cena.
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Purtroppo questa Missione, com’è noto, è stata distrutta.
Stracciandole l’abito e deportandola brutalmente oltre le mura del convento impedendole poi, in ogni modo, di tornare, i persecutori di Adelaide, nemici delle apparizioni della santa Vergine l’hanno fatta precipitare in un nero abisso mortale.
Ma, per Grazia di Dio, in questa notte oscura,
- l’anima di Adelaide si è illuminata sempre più della Sapienza della Croce, presente nella sua anima fin da bambina,
grazie alla quale continuerà, fino alla morte, NEL LAVORO E NELLA FAMIGLIA, la Missione a lei affidata, dalla santa Vergine, come suora Sacramentina, con l’anima sempre unita all’anima della santa Vergine in una continua adorazione, e nell’adempimento dei voti da religiosa:
- totalmente obbediente alla Divina Volontà
- nell’estrema povertà,
- e con l’animo perfettamente casto,
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La preghiera di Adelaide
Una chiara conferma dell’affermazione che Adelaide ripeterà negli ultimi anni della sua vita, ovvero:
«Sono stata, sono, e sarò sempre suora Sacramentina»,
si rinviene nella lettera del 24 luglio 1986 a Madre Alipia (Superiora delle suore Sacramentine del convento di Lavagna).
Così scriveva Adelaide in quella lettera:
Non ho mai dimenticato il periodo trascorso nel nostro istituto (mi permetto di chiamarlo così) perché io mi sono sempre sentita parte delle Sacramentine anche se le molteplici vicissitudini mi hanno tenuta lontana. Non ho mai cessato di amare la Congregazione.
In quella stessa lettera, confessando di sentirsi confusa nel ricordo degli avvenimenti del periodo del Postulandato e del Noviziato, Adelaide chiedeva, alla Madre Alipia, di poter avere una piccola cronaca per conoscere e rivivere a distanza quel periodo,
che ho sempre giudicato il migliore della mia vita, dopo le apparizioni,
scriveva ancora.
E a questo scopo così continuava:
Forse allora non conoscevo nemmeno bene cosa mi succedeva attorno perché voi con tanto amore materno cercavate di nascondermi il più possibile per farmi meno soffrire,
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Quel periodo era stato infatti, molto difficile e burrascoso per la Congregazione Sacramentina, a causa dell’avversione furiosa di membri della Curia di Bergamo, accordati all’Inquisitore,
soprattutto nei confronti della Madre Elisa Grisa Superiora Generale, che,
nonostante la sentenza di condanna del Tribunale Ecclesiastico del 1947, aveva accolto Adelaide continuando a difenderne strenuamente l’idoneità alla vita religiosa “per la bontà e la virtù di cui ha dato lunga prova”,
costretta alla fine a subire con grande dolore l’oltraggio della svestizione e della deportazione di Adelaide, fino a perdere la vita, ferita mortalmente al cuore da quello strappo brutale.
Per Adelaide invece, quel periodo era stato, come lei stessa afferma, il migliore della sua vita dopo le apparizioni.
Finalmente felice dopo tanti tormenti, protetta dalla Madre Elisa e dalla Madre Alipia, aveva potuto assaporare la vita tanto desiderata e gustare, con le sorelle nella vocazione, un’unione dolce, allegra, scambievole, confidente tranquilla.
Inginocchiata con loro dinnanzi a Gesù Eucarestia, coperta dal lungo velo bianco dell’adorazione, ogni giorno e ogni notte Adelaide raccoglieva nel cuore, coi propri cari, tutti quelli che l’avevano vessata, violentata, maltrattata, derisa, disprezzata, accusata, condannata, ai quali offriva tutto lo slancio dell’anima di cui era capace nella preghiera.
E al parroco don Cesare Vitali, il 26 settembre 1951, scriveva.
sapesse quanta gioia provai in questi giorni nel sentirmi finalmente a posto! Come si prega bene davanti a Gesù Sacramentato.
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Ma in cosa consisteva la gioia provata da Adelaide nella preghiera davanti a Gesù Sacramentato, nel “periodo migliore della sua vita dopo le apparizioni”?
O meglio, ci domandiamo:
cosa mai nascondeva Adelaide in quella gioia?
Per scoprirlo occorre:
- tornare alle apparizioni del maggio 1944, ricordando innanzitutto le parole, ormai tanto note, della santa Vergine ad Adelaide nella seconda apparizione del 14 maggio: «Tra il quattordicesimo e quindicesimo anno ti farai suora Sacramentina»,
- e, grazie a quelle parole, comprendere che, quel giorno, la santa Vergine ha voluto investirla della Sacra Missione di diventare sua immagine fedele, in quanto Madre del Verbo, da lei concepito proprio fra tra il 14° e il 15° anno (età nella quale le donne ebree si sposano e la santa.Vergine Immacolata, diviene Sposa dello Spirito Santo ricevendo nel suo seno il Verbo di Dio, Che scende dal Cielo per farsi uomo).
Ma ancor più comprendere che, con quelle parole, la santa Vergine
- le preannuncia la salita al Calvario con il Figlio, Che si è incarnato in Lei per soffrire, morire sulla Croce e così redimere l’umanità dal peccato.
Nella “gioia” vissuta da Adelaide nella preghiera davanti a Gesù Sacramentato, possiamo allora riconoscere, nella più grande afflizione del cuore, la “gioia” del Signore e della santa Vergine per la Salvezza dei peccatori, strappati alla morte dell’anima e alla dannazione eterna da tanto dolore.
E dire perciò, che
davanti a Gesù Sacramentato, unita alla santa Passione del Signore, Adelaide si offriva come Ostia per la Salvezza dei peccatori, che formava, con Cristo e in Cristo, la sua “gioia”,
predisponendosi così a compiere la Missione affidatale dalla stessa santa Vergine nelle apparizioni del maggio:
- pregare e offrirsi per l’umanità deturpata dal peccato,
- e condurla ad abbeverarsi al Purissimo Sangue del Verbo Immolato, unica Fonte di Salvezza e di Unità d’Amore.
Missione che condurrà per tutta la vita, in unità di spirito con le sorelle Sacramentine, che sentirà sempre vicine come scriverà a conclusione della lettera a Madre Alipia:
devo proprio dire che il vostro orante ricordo l’ho sempre sentito vicino. Unite nella preghiera e un presto arrivederci con immutato affetto.
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A MARGINE.
Questa riflessione permette di comprendere meglio il significato delle apparizioni di Ghiaie per quanto riguarda gli inviti reiterati della santa Vergine a pregare per i peccatori.
Ma non solo.
Essa riconduce la nostra attenzione, in particolare, al bacio eucaristico inviato ad Adelaide, dalla santa Vergine, nell’apparizione del 29 maggio, con l’indice e il pollice uniti sulle labbra,
grazie al quale Adelaide riceve il dono dello Spirito Santo effuso nella sua anima, col “respiro” dell’anima della santa Vergine.
Grande, immenso dono,
sul quale è molto importante soffermare di nuovo l’attenzione,
perché, grazie a quel dono, in Adelaide si rinnova misticamente l’Incarnazione del Verbo Eucaristico, affinché possa attuare
la grande Missione Eucaristica per cui è stata prescelta,
che si rivela, perciò, fin da quel giorno, come Missione della Chiesa, nata a Pentecoste col dono dello Spirito Santo.
E poiché, col dono dello Spirito Santo, Adelaide viene trasfigurata a immagine della Chiesa (che nella santa Vergine è invitata a riconoscere il proprio Modello Primo),
è doveroso ricordare che
molto male hanno fatto i sacerdoti responsabili del martirio di Adelaide,
- chiamati, comunque, ancora, a riconoscere in Adelaide, non solo l’immagine della santa Vergine Madre del Verbo Eucaristico, ma anche la portatrice del loro Ministero,
- e invitati, con questo spirito e questa consapevolezza, ad accostarsi ad Adelaide, che, adorante davanti a Gesù Sacramentato, vedeva:
il Signore salire il Calvario, sotto il peso della croce, con la corona di spine fissata sul capo, raggiunto dagli sputi della gente intorno che urlava con ferocia parole incomprensibili,
e poi, inchiodato alla croce, fra i due ladroni, piangere lacrime di sangue che colavano sul suo volto,
e altro sangue che scendeva da tutto il suo corpo piagato dalle frustate,
e ancora sangue dal costato aperto dal colpo di lancia del centurione piangente,
e infine la santa Madre, col manto marrone, inginocchiata sotto la croce, dinnanzi al Figlio Crocifisso, circondata da un mare di lebbrosi, giunti da ogni parte della terra per ricevere il sangue purissimo del Figlio e, grazie a quel purissimo Sangue, guarire.
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La Luce di Adelaide
Questa fotografia è tratta dal volume “La fede della gente a Bonate” (edizione 1988) di Ermenegilda Poli. Si trova a pg. 75. Sotto la foto si legge questo commento:
“Nel convento di Gandino Adelaide riceve la visita della sorellina Palmina e della sorella Caterina. Accanto alla suora si vede la madrina Annunciata a sinistra, e la signora Fiorina Bonomi di Fiorano, la quale era andata a Gandino per chiedere alla veggente:
«Mio marito è in guerra, tornerà?».
La piccola rispose: «Sì è stato ferito ma tornerà»
Invece alla madrina Annunciata, alla domanda: «E mio fratello Angelo in Russia, è vivo o morto?»
Adelaide rispose: «Non piangerlo, è morto, ma è in Paradiso» “
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Appare del tutto evidente quanto sia importante questo breve racconto.
Ermenegilda Poli dimostra che Adelaide non solo sapeva che il marito della signora Fiorina era stato ferito e che sarebbe tornato, ma sapeva anche dove si trovava l’anima del fratello della madrina Annunciata morto in Russia.
Ma non si spinge oltre.
Ermenegilda Poli non cerca di capire perché Adelaide possa vedere a distanza, superando le barriere dello spazio e del tempo, e vedere anche oltre questa vita. Si ferma alla nuda cronaca limitandosi a raccontare il momento in cui, nel convento di Gandino Adelaide riceve la visita della signora Fiorina Bonomi di Fiorano e della madrina Annunciata.
Le risposte di Adelaide sono riportate come espressioni di un normale colloquio. E si rimane sconcertati dal silenzio dell’autrice del libro. Ma pensando al contesto storico in cui quel libro è stato scritto, la decisione della maestra di Cene di non riflettere sulle risposte di Adelaide risulta comprensibile.
In quel tempo infatti (1987) pesava ancora l’infame giudizio del Tribunale Ecclesiastico di Bergamo che, calpestando ogni specie di diritto, aveva avvalorato l’iniquo studio dell’Inquisitore di Adelaide, che l’aveva accusata d’essere una piccola strega ingannata dal “cupo genio del male”.
E poi, in quegli anni, ancora non si era compreso appieno il significato delle apparizioni di Ghiaie,
in relazione alle quali, soltanto, è possibile capire la ragione del grande dono di Grazia concesso dal Cielo ad Adelaide, chiaramente evidenziato nel brano di Ermenegilda Poli.
Questo dono di Grazia è infatti comprensibile:
- alla luce del discorso sapienziale donato da Dio Santa Trinità con le apparizioni della santa Vergine a Ghiaie,
- e in particolare al rapporto di appartenenza stabilito dalla santa Vergine con la piccola Adelaide eletta a sua testimone, con la dichiarazione pronunciata dalla santa Vergine, ad Adelaide, nella dodicesima, e penultima, apparizione: «Cara bambina tu sei tutta mia».
Per tutta la vita Adelaide è vissuta nella Luce di Maria, che è la Luce di Cristo, scesa su di lei dall’Alto, il 13 maggio, primo giorno delle apparizioni.
E in questa LUCE Adelaide è approdata, col suo “sospirato trapasso”,
per continuare, in questa Luce, la Missione Eucaristica affidatale dalla santa Vergine, quale testimone della Chiesa, chiamata a unire, in Cristo Crocifisso e Risorto, i vivi e i morti, il Cielo e la terra.
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Padre Candido Maria Maffeis,
santo e martire
CANDIDO SACERDOTE: SPOSO DI CRISTO, TESTIMONE DEL CIELO PER LA FAMIGLIA
Perfettamente innestato nel Discorso Sapienziale delle apparizioni di Ghiaie, il Sacerdozio di padre Candido rappresenta un modello indispensabile di riferimento, non solo per la Chiesa, ma anche, in particolare, per la famiglia del nostro tempo ultimo.
E affinché sia conosciuto in questa luce, abbiamo pensato di offrire qualche riflessione su alcuni brani della “lettera alla mamma” scritta da Candido in preparazione alla professione religiosa (ovvero l’emissione perpetua dei voti di povertà, castità e obbedienza),
mettendo in rilievo innanzitutto, il suo desiderio di condurre in Paradiso la mamma e, con lei, tutti i propri cari, così da ritrovarli, tutti uniti, con Gesù, in una sola famiglia.
«Nel felice istante in cui celebrerò le mie divine nozze, chiederò a Gesù che in Paradiso, ove sono io, stiate anche tu, il babbo e tutti i cari fratelli e sorelle. Ci uniremo per sempre in una solo famiglia»
Così scrive Candido alla mamma, manifestando in questo desiderio molto semplice, un fondamento importante del suo Sacerdozio e della spiritualità delle apparizioni di Ghiaie.
Nella semplice preghiera a Gesù, Candido raccoglie il desiderio della Santa Vergine di raccogliere tutti i Suoi figli in “Celo”, e dunque l’esortazione della stessa Santa Vergine alla preghiera, alla penitenza, al sacrificio, all’offerta della sofferenza, e alla rinuncia al peccato, affinché nessuno si perda.
Il Sacerdote, per Candido, è dunque, innanzitutto, il Missionario della Chiesa chiamata a condurre la famiglia dei figli di Dio, redenti dal peccato, alla Comunione con Cristo.
Missione che richiede d’essere un uomo nuovo; come il Sacerdote lo diventa grazie alla professione religiosa; la quale, come un nuovo battesimo, lo purifica separandolo dal mondo e dalla carne, perché possa vivere come un angelo per amare e salvare i fratelli.
«Ormai vivo sulla terra come un Angelo. Non mi preoccuperò più della terra se non per fare del bene ai miei fratelli, per salvarli, benedirli e perdonare i loro peccati»
scrive ancora Candido alla mamma.
E perché tutti i fratelli di questa grande famiglia – vedendo nel Sacerdote, colui che appartiene totalmente, in eterno, a Cristo – tendano al “Celo” per poter vivere in comunione con Cristo,
nella totale esultanza dello spirito dichiara:
«Il mio Sposo Verginale, nel giorno delle mie nozze mi darà un nome nuovo e una veste più bianca del mio nome e si legherà perpetuamente il mio cuore, le mie potenze e i miei sensi, tutto ciò che sono se lo legherà a sé perché sarò per sempre suo in eterno! Non sarò più io cara mamma, starò sulla terra, ma col mio spirito, col mio cuore, abiterò lassù nel celo, vicino al mio eterno Amore».
Inoltre, affinché tutti possano partecipare alla Gloria di Dio e udire estasiati il cantico che solo ai Vergini è dato di cantare, Candido eleva il Sacerdote indicando il posto eccelso preparato per lui, da Cristo.
«Coloro che hanno scelto Gesù solo, costoro avranno un posto distinto, elevato, glorioso nel celo, saranno vicini al trono di Dio. I Vergini seguiranno Gesù, l’Agnello Immolato e canteranno un cantico che ad essi soli sarà dato di cantare e porteranno un nome tutto celeste»
Per Candido, il Sacerdote assurge, in questa Luce Divina, a modello più elevato di unione sponsale, fortemente espresso nella seguente dichiarazione:
«Io ho scelto liberamente per mio sposo nientemeno che Iddio, Gesù, figlio di Maria Vergine, colui che non si pasce tra gli amori della terra, amori divisi in mille parti; ma alberga solo nelle anime pure, sue spose per la professione religiosa»
E’ questo un brano molto importante della lettera di Candido alla mamma, perché permette di ricondurre il connubio sponsale che unisce il Sacerdote a Cristo, al tema fondamentale delle apparizioni di Ghiaie: la Diade d’Amore figura delle mistiche nozze fra Cristo e la Chiesa.
La coppia di colombi bianchi anticipatori delle apparizioni – che conducono lo sguardo di Adelaide nel fulgore della Luce alla coppia dell’Incarnazione – non simboleggia infatti, solo il legame d’amicizia e d’amore coniugale, ma, ancor prima, l’unione dell’anima con lo Sposo Divino, come la esprime Candido, con tutta la passione ardente del cuore sacerdotale, colmo di amore per Cristo Sposo Eterno dell’anima.
Il Sacerdote diventa così, il testimone dell”Amore, in particolare per i coniugi e la famiglia concepita nel suo fine ultimo, come passaggio alla Comunione con Dio nell’arduo cammino di croce sulla terra.
Per questo Candido, chiede alla mamma, per il mistico matrimonio con Cristo, il dono di un Crocifisso.
«Mi manderai un bel crocifisso, ultimo e unico dono che ti chiedo su questa terra. Che esso sia bello grande e di metallo. Scegli quello che a te più piace. Nel momento solenne della mia Professione religiosa, mentre il mio mistico matrimonio con Gesù si effettuerà per l’emissione perpetua di tre voti di povertà, castità e obbedienza, lo terrò stretto sul mio cuore. Il crocifisso da te baciato e benedetto sarà come la materna mano che mi aiuta ad offrirmi a Dio senza riserva. Lo porterò sempre sul mio petto quando, fra non molti anni, sacerdote, lo mostrerò alle folle nelle sante missioni. Quando la gente lo bacerà, il bacio sia per Gesù mio sposo e per te che mi hai dato la vita»
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LETTERA DI PADRE CANDIDO ALLA MAMMA, IN PREPARAZIONE ALLA PROFESSIONE RELIGIOSA
Mamma dolcissima forse questo è il mio ultimo scritto che ti giunge come figlio della terra. Il tuo unico fiore fra giorni, nell’intima esultanza del suo spirito e del suo corpo, celebrerà il suo mistico sposalizio col Re dei Vergini. Quale gioia sia la mia lo puoi immaginare. Non invidio nessun matrimonio carnale, oggi io mi sento superiore alla carne e al sangue impuro degli uomini, e con la piena consapevolezza dei miei 24 anni celebro, fra l’esultanza degli angeli, tra il gaudio di Maria, mia dolcissima Mamma, e fra il tripudio di tutto il celo, le mie perpetue nozze con l’agnello I.
Mamma cara mi hai dato un corpo e ti ringrazio, questo mio corpo però lo consacro a Dio. Nulla mi alletta sulla terra, non mi seduce l’effimera sua bellezza che oggi è e domani è un sacco di putridume e vermi. Si uniscano i miei fratelli col sangue e con la carne corrotta di Adamo, io ho scelto liberamente per mio sposo nientemeno che Iddio, Gesù, figlio di Maria Vergine, colui che non si pasce tra gli amori della terra, amori divisi in mille parti; ma alberga solo nelle anime pure, sue spose per la professione religiosa.
Il mio cuore, che ho serbato intatto per Gesù solo, oggi non è più mio; Egli me lo ha preso e se l’è portato in cielo perché le brutture di questo secolo non lo imbratti.
Non piangere mamma adorata che il tuo Candido abbia preso una decisione inconsulta, no, sono cosciente di quello che faccio. Il mio Sposo Verginale, nel giorno delle mie nozze mi darà un nome nuovo e una veste più bianca del mio nome e si legherà perpetuamente il mio cuore, le mie potenze e i miei sensi, tutto ciò che sono se lo legherà a sé perché sarò per sempre suo in eterno!
Non sarò più io cara mamma, starò sulla terra, ma col mio spirito, col mio cuore, abiterò lassù nel cielo, vicino al mio eterno Amore.
Gli uomini perdono i loro amanti dopo poco tempo, io invece no, perché il mio Sposo divino è eterno, è stato colui che ha infuso nel mio corpo l’anima e su questa terra non farò altro che desiderare di unirmi perpetuamente a lui, unico e solo sposo dell’anima mia.
Pensa, mamma, quale gloria avrà il tuo piccolo fiore che tanto ami, cui desideri ogni bene. Io non conosco nessun altro su questa terra che Gesù, non penso che a lui, non desidero e non amo più nessuno all’infuori di Lui Gesù, il mio diletto sposo.
Quale premio mi tiene preparato Gesù! Tu non lo sai forse, io sì. Come parlano i Sacri libri ispirati dallo Spirito Santo è facile dedurlo. Così dicono le sacre carte: “ Coloro che hanno scelto Gesù solo, costoro avranno un posto distinto, elevato, glorioso nel celo, saranno vicini al trono di Dio. I Vergini seguiranno Gesù, l’Agnello I. e canteranno un cantico che ad essi soli sarà dato di cantare e porteranno un nome tutto celeste”.
In questo mondo queste cose pochi le sanno, che si fosse dato ad intenderle tutta la terra diventerebbe un convento. Quando in cielo mi vedrai, solo, unico della nostra famiglia consacrato a Dio, seguire per ogni dove Dio, dal posto di gloria che ti sarai meritata, mi guarderai così bello, così divino, che rimarrai meravigliata che il tuo Candido si sia arrampicato così in alto. Tu mi chiamerai e io ti sorriderò. Ci ameremo tanto, adorata mamma, ci vorremo sempre bene.
Il mio nome di battesimo è stato profetico: Candido. Il mio candore, la mia purezza, l’ho serbata per l’unico Candido, Gesù.
Nel felice istante in cui celebrerò le mie divine nozze, chiederò a Gesù che in Paradiso, ove sono io, stiate anche tu, il babbo e tutti i cari fratelli e sorelle. Ci uniremo per sempre in una solo famiglia.
Mamma ti chiedo per l’ultima volta la santa benedizione, voglio essere consacrato a Dio per le tue mani e col tuo consenso come l’offerta più pura e santa che puoi fargli su questa terra. Lascio ai miei fratelli la terra, per me scelgo il celo, il vero celo, Gesù.
Pensa, mamma, che in quel giorno il tuo Candido sarà bello e puro come nel giorno del Santo Battesimo. Sì, la professione religiosa è paragonata al battesimo e ne produce anche gli effetti. Tutto il mio passato sarà cancellato sarò un uomo nuovo. O sì, quel giorno, dopo il sacro sposalizio, chiederò a Gesù, se così a lui piacerà, di portarmi subito con sé in celo. Quel giorno sarà per me il più bello della vita. Non mi coprirà un panno nero, ma mi coprirà il manto di Maria. Se morirò quel giorno volerò diritto in celo senza toccare il purgatorio, non pregherete per il riposo della mia anima. Quanto è buono Gesù!
Quel giorno mi farai un bel regalo. Mi manderai un bel crocifisso, ultimo e unico dono che ti chiedo su questa terra. Che esso sia bello grande e di metallo. Scegli quello che a te più piace. Nel momento solenne della mia Professione religiosa, mentre il mio mistico matrimonio con Gesù si effettuerà per l’emissione perpetua di tre voti di povertà, castità e obbedienza, lo terrò stretto sul mio cuore. Il crocifisso da te baciato e benedetto sarà come la materna mano che mi aiuta ad offrirmi a Dio senza riserva. Lo porterò sempre sul mio petto quando, fra non molti anni, sacerdote, lo mostrerò alle folle nelle sante missioni. Quando la gente lo bacerà, il bacio sia per Gesù mio sposo e per te che mi hai dato la vita.
Ormai vivo sulla terra come un Angelo. Non mi preoccuperò più della terra se non per fare del bene ai miei fratelli, per salvarli, benedirli e perdonare i loro peccati.
Non temere, mamma cara, sì, sono debole, impotente, inesperto, circondato da un mondo seduttore. Gesù, mio sposo divino è la mia fortezza, quello che è suo è mio, e quello che è mio è suo. Egli è il mio sostegno. Non sarò più solo, al mio fianco c’è colui che mi ama più che ogni creatura, non permetterà ch’io cada. Il mondo col suo fasto non mi seduce. Che cosa è infatti, se non creatura fatta dal mio sposo? Il mondo esala pestiferi odori, il mio diletto invece si pasce tra i gigli, tra le anime che hanno serbato intatto il fiore dei loro anni per l’unico amante.
Fa celebrare per me una S. Messa all’altare della Madonna. Metti l’intenzione che vuoi, che quella sarà pure la mia. Prega sempre per me perché i legami che mi stringono a Dio siano perenni come il mio amore.
Addio mamma, non piangere per me, se le lacrime righeranno il tuo ciglio siano di gioia e di riconoscenza a Dio e alla Vergine che ha voluto strapparmi dal mondo cattivo e trapiantarmi nel giardino fiorente della Congregazione dei Mis. Figli del C. I. di Maria.
Non ti spaventi l’altezza e il grado di nobiltà che il mio Divino Sposo mi ha donato, ricordati sempre il canto della Vergine. Dio ha esaltato gli umili. Quante anime più belle di me e più sante ci sono nel mondo! Dio ha scelto solo me.
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PADRE CANDIDO: SACERDOTE DELLA MISERICORDIA, SECONDO IL SACRO CUORE DI MARIA
Padre Candido è, non solo il principale testimone delle apparizioni di Ghiaie, ma, soprattutto, l’espressione sacerdotale più elevata e viva della spiritualità delle stesse apparizioni,
che non possono essere comprese senza incontrare Candido nell’anima “mariana” e scoprirvi la Missione ricevuta dal Cielo nella prima infanzia, insieme alla Vocazione Sacerdotale, confermata dalla santa Vergine, attraverso la piccola Adelaide, il 14 maggio 1944 (giorno della seconda apparizione di Ghiaie), con queste parole:
“Sì, egli si farà Sacerdote Missionario secondo il mio Sacro Cuore“.
Profezia chiarissima, che suscita tuttavia, molte domande.
Innanzitutto: cos’ha capito Candido?
Anche se devotissimo della santa Vergine (in quell’apparizione condivide con Adelaide la corona del rosario che teneva sempre con sé), di certo non poteva cogliere appieno, in quel momento, il significato profondo delle parole della Madonna,
ma subito ha creduto, felice di diventare Sacerdote secondo il Suo Sacro Cuore.
Per questo, con l’aiuto di padre Felice Murachelli – un generoso prete bresciano conosciuto a Ghiaie durante le apparizioni e diventato sua preziosa guida spirituale – a guerra terminata, entra al “Claretanum” (collegio internazionale dei Missionari figli del Cuore di Maria, a Roma).
E’ l’approdo sognato da sempre per realizzare il desiderio tanto agognato di diventare Sacerdote.
E Candido vi accede al colmo dell’entusiasmo,
ignaro che proprio in quel sacro luogo della più alta formazione cristiana, ben presto avrebbe iniziato un terribile martirio.
Le umiliazioni e le persecuzioni sopportate a causa della sua schiettezza e rettitudine, oltre a una grave malattia, lo portano a un pericoloso deperimento fisico, fino al punto di morte. Ma resiste, intrepido, superando ogni ostacolo, pronto a testimoniare, in un totale affidamento alla Santa Vergine apparsa a Ghiaie, anche col sangue, che proprio Lei lo ha scelto quale ministro sacro, testimone dell’Amore, secondo il Suo Sacro Cuore.
Rivolgendosi alla Santa Vergine apparsa a Ghiaie, in una pagina del diario, nel luglio 1956, così scrive:
Cara Madonna, dolce Madonna del mio paesello, come ti sento vicino a me, con il tuo influsso, come ti sento in me e fuori di me. Vorrei testimoniare col mio sangue la tua venuta alle Ghiaie e la mia vocazione è un miracolo continuato della tua promessa. Se tu non fossi apparsa davvero io non sarei oggi quel che sono. Tu lo sai, cara Madonna, che senza il tuo aiuto e il tuo intervento nei miei riguardi io avrei già da anni abbandonato la strada che tu mi hai tracciato alle Ghiaie. Ma tu mi hai sempre salvato malgrado tutti gli sforzi dell’inferno e della mia cattiveria. Maria, io credo, sì, lo credo fino ad effondere il mio sangue per te, per testimoniare davanti al mondo e agli increduli che tu mi hai veramente scelto per tuo ministro. Maria, tu sei la ragione, lo scopo di tutta la mia esistenza. Senza di te la mia vita non ha senso, senza di te il mio terrestre pellegrinare un inferno. Grazie, o Madonna del mio paesello, Madonna la più miracolosa, perché fino ad oggi, tu lo sai, io sono un miracolo continuato della tua bontà e della tua potenza sul male.
Candido rinnova ogni giorno, in quegli anni, la consacrazione alla santa Vergine, e il suo totale affidamento a Lei, entrando così, nella più intima comunione con il Suo Sacro Cuore, fino a comprendere, nella luce viva del proprio spirito, quale Spirito Missionario deve nutrire la Vocazione Sacerdotale, cui è stato chiamato.
Lo “confesserà” nelle meditazioni dedicate agli “Esercizi di preparazione alla Tonsura”, al centro della pagina del suo diario del 21 marzo 1957,
nella quale (pagina) – dopo un accurato esame di coscienza volto a riconoscere il difetto da correggere, “ostacolo maggiore alla santità“, per non perdere le anime, e aver individuato nella Purezza, Pietà, Umiltà, Sottomissione, le virtù “necessarie a colui che vuol essere un altro Cristo” – così scrive:
Mi faccio Sacerdote per salvare le anime. Siano queste poche o molte, il Signore lo sa. Il fuoco dello zelo mi deve incendiare per sacrificarmi di più per la conversione dei poveri peccatori.
Penso sin da questo istante alla – CONGREGAZIONE DELLE ANGELICHE FIGLIE DEL CUORE DI MARIA – che si dedicheranno alla conversione dei poveri peccatori. La nuova Congregazione avrà come fondatrice il Cuore di Maria che me l’ha ispirata. Io non sono altro che uno strumento indegnissimo nelle Sue Immacolate mani, non sono altro che un raggio di fuoco che zampilla dal Cuore di Maria. Vi saranno le Sorelle secolari per agevolare meglio il lavoro spirituale e materiale delle Figlie angeliche. Il lavoro abbraccerà tutti i rami. Tutti i mezzi sono nelle loro mani trasformati in arma di bene.
Maria, agli albori dell’ascesa al Sacerdozio ti consacro i miei sentimenti e le mie energie per la conversione dei poveri peccatori, di cui io stesso sono il più grande.
Fino all’Ordinazione Sacerdotale (nel 1959), Candido continuerà a offrire il martirio per la Missione indicatagli dalla santa Vergine,
che proprio al Seminario inizia a prendere forma, e che sarà confermata, poco dopo l’Ordinazione Sacerdotale, da un grande santo.
Accadrà – come affermano testimoni molto credibili – in occasione di un pellegrinaggio con altri giovani preti, partiti da Roma, per incontrare padre Pio, a san Giovanni Rotondo.
Dove Candido, accodato con loro, alla folla dei pellegrini, a un tratto viene chiamato da padre Pio, che, dopo averlo indicato, lo invita ad andare da lui, e lo attende sfilandosi un guanto per donarglielo, come farà quando Candido sarà dinnanzi a lui, pronunciando queste parole: tu sarai Missionario della Misericordia.
Non poteva essere più chiara la conferma della profezia della santa Vergine.
Ed è proprio per conto della stessa santa Vergine, quale suo figlio prediletto, che quel giorno, padre Pio, col dono del guanto segnato dal sangue delle stimmate, e dunque dalla Santa Passione di Cristo Misericordioso, elegge Candido dichiarandolo, per volontà di Dio, Sacerdote Missionario della Misericordia, affinché con quel titolo sia riconosciuto nella Chiesa.
Padre Pio già vedeva che Candido sarebbe stato straziato nell’anima da umiliazioni incessanti culminate da un’atroce calunnia, ordita all’interno della Chiesa, per distruggere in lui la Missione scelta dal Cielo.
Come cercheremo di raccontare, per quanto sarà possibile.
Per ora ci soffermiamo a constatare che, grazie alla conferma di padre Pio, la profezia pronunciata dalla Santa Vergine nella seconda apparizione di Ghiaie, si delinea in tutta evidenza completandosi.
- Alle parole pronunciate dalla santa Vergine il 14 maggio 1944:
Sì, egli si farà Sacerdote Missionario secondo il mio Sacro Cuore.
- Per conto della stessa santa Vergine, padre Pio ha aggiunto:
tu sarai Missionario della Misericordia.
- Così, unendo le due frasi possiamo dire che:
nel Disegno di Dio Santissima Trinità per la Redenzione del mondo, nel Quale sono contemplate, fin dal Principio, le apparizioni della santa Vergine a Ghiaie, Candido è stato eletto, quale testimone delle stesse apparizioni, come Sacerdote Missionario della Divina Misericordia secondo il Sacro Cuore di Maria.
Conclusione estremamente chiara, nella quale tuttavia, colpisce un particolare, e qualche domanda sorge spontanea.
Ovvero:
- perché la santa Vergine ha voluto porre una precisa condizione alla Missione affidata a Candido dalla Divina Provvidenza, aggiungendo: secondo il mio Sacro Cuore?
- Perché ha usato la preposizione “secondo“, che introduce un oggetto inespresso.
- Quale Spirito avrebbe dovuto ritrovare, Candido, nel Sacro Cuore di Maria, secondo il quale vivere la Missione a lui affidata dal Cielo?
- O meglio: quale Regola avrebbe dovuto ritrovare, nel Sacro Cuore di Maria, secondo la quale ordinare la propria Vocazione Sacerdotale alla Missione provvidenzialmente a lui affidata dal Cielo (e chiaramente intuita, il giorno della tonsura, nella ideazione della CONGREGAZIONE DELLE ANGELICHE FIGLIE DEL CUORE DI MARIA)?
Domande – lo comprendiamo – estremamente impegnative, per rispondere alle quali – prima ancora di entrare nel profondo dell’anima “mariana” di Candido, tenuta da lui accuratamente celata – abbiamo pensato di offrire, come propedeutico, un brano stupendo del capitolo “La Madre della misericordia” – della lettera enciclica “Dives in Misericordia” del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II sulla Misericordia Divina (30 novembre, Domenica I d’Avvento, dell’anno 1980) – che certamente Candido ben conosceva e condivideva con tutta l’anima sacerdotale totalmente consacrata al Cuore di Maria.
*
Maria è anche colei che, in modo particolare ed eccezionale – come nessun altro – ha sperimentato la misericordia e al tempo stesso, sempre in modo eccezionale, ha reso possibile col sacrificio del cuore la propria partecipazione alla rivelazione della misericordia divina.
Nessuno al pari di lei, Maria, ha accolto col cuore quel mistero: quella dimensione veramente divina della redenzione che ebbe attuazione sul Calvario mediante la morte del Figlio, insieme al sacrificio del suo cuore di madre, insieme al suo definitivo «fiat».
Maria quindi è colei che conosce più a fondo il mistero della misericordia divina, colei che, attraverso la partecipazione nascosta e al tempo stesso incomparabile alla missione messianica del suo Figlio, è stata chiamata in modo speciale ad avvicinare agli uomini quell’amore che egli era venuto a rivelare,
amore «misericordioso», che viene manifestato soprattutto a contatto con il male morale e fisico, al quale partecipava in modo singolare ed eccezionale il cuore di colei che fu Madre del Crocifisso e del Risorto.
Ed in lei e per mezzo di lei, esso non cessa di rivelarsi nella storia della Chiesa e dell’umanità. Tale rivelazione è specialmente fruttuosa, perché si fonda, nella Madre di Dio, sul singolare tatto del suo cuore materno, sulla sua particolare sensibilità, sulla sua particolare idoneità a raggiungere tutti coloro che accettano più facilmente l’amore misericordioso da parte di una madre.
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A conclusione della presente riflessione,
- ricordando che il giorno nel quale Candido riceve, dalla santa Vergine, la conferma di farsi Sacerdote Missionario secondo il Suo Sacro Cuore di Madre, Adelaide viene chiamata, dalla stessa santa Vergine, a farsi Suora Sacrametina, e dunque adoratrice del Figlio Eucaristico, secondo il Suo Sacro Cuore di Madre;
- si ritiene necessario intravedere – nella stretta correlazione fra la Missione affidata dalla santa Vergine a Candido e la Missione affidata dalla stessa santa Vergine ad Adelaide – la GRANDE OPERA EUCARISTICA affidata, in obbedienza alla Divina Volontà, dalla santa Vergine, a Ghiaie, PER IL SUO TRIONFO;
*
«PER SALVARE LE ANIME». Candido Sacerdote santo di Maria
Alla pubblicazione delle pagine del diario di Candido, intitolate: “Esercizi in preparazione alla Tonsura”, scritte il 21 marzo 1957,
premettiamo un breve racconto per far capire quanto sia costato a Candido quel giorno destinato a lasciare la prima orma dolorosa della Via Crucis che caratterizzerà il suo Sacerdozio, dichiaratamente finalizzato alla salvezza delle anime, e perciò inevitabilmente contrastato, a causa dell’ardore e della schiettezza con cui lo ha svolto.
La tonsura, Candido avrebbe dovuto riceverla l’anno precedente, nella primavera del 1956, ma, era stata rinviata perché accusato di aver riferito al Padre Generale (che, in una visita canonica, lo aveva invitato a ricorrere a lui) il disordine morale allo studentato, e il comportamento di un sacerdote (P.X).
Ribaltata in una feroce calunnia, la sua schiettezza, diventa fonte di accusa, e, per ritorsione, viene escluso dalla Tonsura.
Lo racconta Candido stesso nel suo diario.
Il Padre Provinciale lo fa chiamare e gli chiede:
«Non sospetta nulla lei?»
«No padre» risponde Candido
«Ebbene lei non è stato ammesso per ora alla tonsura, il capitolo l’ha sospeso perché si corregga dal vizio della lingua lunga, fra due o tre mesi vedremo se ammetterla»
Candido comprende che il Padre Provinciale è dispiaciuto, ma che non ha potuto nulla per impedire la persecuzione contro di lui suscitata per invidia dal Padre Prefetto, e così conclude:
«Perdono, a tutti. Quello che ho sofferto in questi giorni è indescrivibile. Solo colui che ha sofferto tali cose può comprendere il dolore. Signore tu vuoi così, anch’io lo voglio. E’ per punire i miei gravi peccati e per umiliare la mia grande superbia. Il Padre Prefetto da che mi sono lamentato che non fa il Prefetto nel senso clarettiano, non è stato più affabile con me. Ho cercato di cambiare tante volte direttore di spirito, ma non l’ho fatto per fargli capire che io lo stimo e che gli voglio bene, cercando così di formarmi un carattere. Durante la mia vita ho sofferto molto a riguardo dei direttori di coscienza, forse perché non erano all’altezza del compito, sia perché essendoci scarsezza di padri, bastava che uno fosse sacerdote perché potesse essere direttore».
Poi ancora scrive:
«Mi sento molto abbattuto e so che è il demonio che fa girare la macchina perché gli ho dato una grande sconfitta. Cuore di Maria, Cuore di Mamma, tu vedi le mie miserie e il mio nulla, eppure sono tanto superbo. L’umiliazione sia il mio pascolo e il letto del mio riposo».
E infine, come ripeterà, fino alla morte, nelle prove ancor più dure predisposte per lui dalla Divina Provvidenza, così conclude:
«Coraggio Candido, tutto passerà e tutto si saprà con verità, se Dio vuole, se no che te ne importa che gli altri ti stimino o ti disprezzino? Per questo non sei né meno santo, né più santo. Sei quello e vali tanto quanto davanti a Dio. Di altro non ti curare e vivi allegro. Il demonio rugge ma è legato. C’è tua Madre che veglia su te».
Questa prima persecuzione iniziata in Seminario acquista un grande significato perché è causata, non solo dalla rettitudine di Candido – che difende l’integrità della via di perfezione clarettiana, e per questo denuncia disordini morali e compromessi col mondo – ma anche, e soprattutto, perché Candido apertamente dichiara che la propria vocazione sacerdotale è la testimonianza della veridicità delle apparizioni della santa Vergine a Ghiaie, attirandosi, senza volerlo, l’ostilità di un certo clero, determinato a distruggerle.
Più volte lo riafferma nel diario .
Nel luglio 1956 scrive:
«Cara Madonna, dolce Madonna del mio paesello, come ti sento vicino a me con il tuo influsso, come ti sento in me e fuori di me. Vorrei testimoniare col mio sangue la tua venuta a Ghiaie e la mia vocazione è un miracolo continuato della tua promessa. Se tu non fossi apparsa davvero io non sarei quello che sono».
E nella lettera a padre Felice del 10 gennaio 1957, costatando con amarezza tanta ostilità verso le apparizioni di Ghiaie, Candido scrive:
«Ho qui davanti a me la lettera che mi ha scritto don Cortesi in cui mi risponde dicendomi che “ormai la Chiesa ha espresso con tutta chiarezza il suo parere negativo e aspettare un parere (della chiesa) totalmente contrario è come aspettare il sole in pieno meriggio”. Mi dice fra l’altro che non si è pentito per nulla di ciò che ha fatto, anzi, ciò che ha fatto è stato “il minimo che si può pretendere da un galantuomo che ama la verità, la Vergine Maria, il soprannaturale”. I fatti per don Cortesi non esistono più e mi dice di non saper più nulla e di non aver avuto sentore per nulla della lotta che si fa. Avendogli detto che la promessa di Maria si sta ormai compiendo, poiché mi mancano ancora due anni, e attribuendo la mia perseveranza a Maria, e avendoglielo detto con la coscienza certa, chiama questi miei sentimenti retorica. Ma io dirò fin che vivo perché è giustizia, che la mia perseveranza si deve solo a Lei, a Maria».
(a proposito della persecuzione nei confronto di Adelaide attuata dall’Inquisitore don Cortesi, si veda in questo sito la pagina “il martirio”)
*
Dopo questa premessa possiamo chiaramente comprendere come la santità di Candido Sacerdote, tanto osteggiata per tutta la sua vita fino alla sua morte, costituisca la più limpida testimonianza della veridicità delle apparizioni di Ghiaie,
e a tal fine si propongono le pagine del diario scritte da Candido in preparazione alla tonsura, quale indispensabile ed eccelso riferimento per tutti coloro che aspirano a essere Sacerdoti, così che possano guardare a Candido come loro modello.
21 – 3 – 57 ESERCIZI DI PREPARAZIONE ALLA TONSURA
Ex hominibus assumptus. Tendo al Sacerdozio ma rimango sempre l’uomo. Avrò sempre con me il mio corpo che mi trascinerà sempre in basso. Uno scandalo dato da un sacerdote è quasi irreparabile perché trascina nell’abisso molte anime. Hai condannato all’inferno un’anima con i tuoi scandali? Hai similmente condannato la tua.
Prima di dare il gran passo devo soppesare bene le mie forze. Quale è l’ostacolo maggiore alla mia santità, il difetto o l’inclinazione che perderanno molte anime? Correggilo adesso finché tu possa giungere al Sacerdozio con almeno la certezza morale che non darai scandalo.
Purezza, Pietà, Umiltà, Sottomissione – sono virtù necessarie a colui che vuol essere un altro Cristo.
Mi faccio Sacerdote per salvare le anime. Siano queste poche o molte, il Signore lo sa. Il fuoco dello zelo mi deve incendiare per sacrificarmi di più per la conversione dei poveri peccatori.
Penso sin da questo istante alla Congregazione delle Angeliche figlie del Cuore di Maria che si dedicheranno alla conversione dei poveri peccatori. La nuova Congregazione avrà come fondatrice il Cuore di Maria che me l’ha ispirata. Io non sono altro che uno strumento indegnissimo nelle Sue Immacolate mani, non sono altro che un raggio di fuoco che zampilla dal Cuore di Maria. Vi saranno le sorelle secolari per agevolare meglio il lavoro spirituale e materiale delle Figlie Angeliche. Il lavoro abbraccerà tutti i rami…tutti i mezzi sono nelle loro mani trasformati in arma di bene. Maria, agli albori dell’ascesa al Sacerdozio ti consacro i miei sentimenti e le mie energie per la conversione dei poveri peccatori di cui io sono il più grande.
2°giorno
Hai pensato bene a quanto stai per fare? Candido, te la senti di vincerti per sempre? Signore ancor oggi sono caduto malgrado le tante promesse di fedeltà che ti ho fatto. Sono tanto debole, Signore, sono tanto proclive al male che per me il cedere è divenuta cosa ordinaria. Quale ingratitudine Signore.
Signore il passo che sto per fare mi spaventa e mi perturba assai. Da solo non sono altro che miseria e bassezza, io non solo altro che peccato, che ho abusato tante volte della tua grazia, anzi mi sono servito dei miei voti per oltraggiarti ancor di più. Che cosa sono io? Tu sei un mostro d’ingratitudine che l’inferno è troppo poca per punirti.
Malgrado lo stato infimo in cui mi trovo, oggi o Signore, prendo la ferma risoluzione ti esserti sempre fedele; se mi spaventa il passo che sto per fare, Tu sei la mia fortezza, la mia ricompensa, se sono debole tu sei il forte e non temo più il mio stato vile.
Gesù, se sono il più indegno degli uomini, se le belve avessero un po’ d’intelletto ti amerebbero più di me, ma pure io ti amo malgrado la mia vita scandalosa, rilassata, pigra, empia.
Ti chiedo perdono di vero cuore, Gesù buono, e ti supplico di scordarti dei miei gravi peccati perché d’ora innanzi la mia vita sarà spesa solo nel tuo amore e nel tuo servizio. Buon Dio, pietà di me.
Tre grandi consigli per essere sempre fedele alla Vocazione e per fare grande bene alle anime:
Spirito soprannaturale: devo dimenticare di essere uomo e vivere solo per Dio, in Dio, con Dio. Devo vedere in tutto Dio. Vedere ovunque e sempre la mano di Dio. Il Sacerdote è fatto per le cose sante.
Spirito di pietà: la pietà è il termometro della vita Sacerdotale. Pregare sempre e bene. Riflettendo con chi si parla. Dare a Dio il tempo più bello per pregare: alzarsi la mezzanotte per fare un’ora santa per la propria vocazione e salvezza e per la conversione dei peccatori. Ogni giorno la Via Crucis.
Spirito di mortificazione: se si vuole, quando si è Sacerdoti lo si può perdere. Bisogna essere sempre semplici. La disciplina due volte la settimana col cilicio portato ogni mattina. Certe piccole mortificazioni nei cibi e nelle bevande aiutano molto lo spirito a rimanere sempre fervoroso. Non bisogna essere sepolcri imbiancati. Si fa maggior frutto con lo spirito di mortificazione che con 100 pediche.
Signore mancano poche ore alla sacra cerimonia, sono felice del passo che darò. Più felice di un re alla vigilia della sua incoronazione; il mio regale diadema sarà la chierica. In cielo il mio capo risplenderà più del sole, perché ho il coraggio di spogliarmi di tutti i miei attacchi. Signore che io non ti offenda mai. Maria, madre dei Sacerdoti, rivestimi di te.
3 giorno
Ho preparato l’altare per la funzione di domani. L’ho adornato come meglio sapevo e con tutto l’amore. Sono stato dal Padre Prefetto. Ha approvato il mio voto e mi ha detto che nella mia vita soffrirò molto. Fra l’altro mi ha detto che la prova dell’anno scorso me l’ha voluta per far gustare in tutta la sua amarezza perché imparassi a soffrire.
24 Marzo
Mentre ricevevo la tonsura mi sono sentito un altro. Alle ore 19 sono andato in cappella e ho pronunciato il mio voto. Devo confessare che mi sentivo arido come un albero secco…la Madonna avrà accettato tutto e mi benedirà. Maria sono tutto e solo tuo.
*
«DUC ME AD SANCTUARIUM CORDIS TUI». L’ardente amore di Candido per Maria
(statuetta donata a Candido da padre Pio)
In questa riflessione pubblichiamo una preghiera-salmo scritta, in latino, da Candido seminarista clarettiano nel settembre del 1956, e una visione mentale ricevuta per grazia, due mesi prima nel luglio del 1956, dalla quale è scaturita la preghiera-salmo.
Per comprendere questi due scritti occorre ricordare
- che in quel tempo Candido soffriva perché, come abbiamo detto nella precedente riflessione, la Tonsura era stata rinviata a causa di una feroce calunnia suscitata contro di lui come ritorsione per aver denunciato il disordine morale allo studentato,
- e, soprattutto, perché Candido apertamente dichiarava che la propria vocazione sacerdotale era la testimonianza della veridicità delle apparizioni della santa Vergine a Ghiaie, attirandosi così, senza volerlo, l’ostilità di un certo clero, determinato a distruggerle.
Inoltre, per comprendere questi due scritti, occorre tener presente la spiritualità del giovane Candido, vero sacerdote nell’anima, che, come “altro Cristo”, sente nella propria carne il peccato dell’uomo, di tutto l’uomo, come proprio peccato (così come deve fare ogni sacerdote), e lo prende su di sé per partecipare, mediante l’espiazione, alla Redenzione operata da Cristo e alla salvezza delle anime.
Scrive infatti, Candido all’inizio degli esercizi di preparazione alla Tosura:
“Ex hominibus assumptus. Tendo al Sacerdozio ma rimango sempre l’uomo”. Dio e l’uomo sono sempre al centro del suo sentire e del suo patire, come vedremo ancora nelle prossime riflessioni.
Perciò, quando, nella preghiera-salmo scrive: “Domine tu bonus et ego nequissimus”, Candido sente in sé la condizione umana, tutta, corrosa dal peccato e separata da Dio, e si fa mediatore con Cristo fra l’uomo e Dio. Essenziale, pertanto, l’appello a Maria: “Cotidie ad te clamo tu exaudi me, benigna mater. Abscondi in Corde tuo animam meam ut ibi discar amorem tuum, ut amem sicut tuum filium Iesum”.
Abbiamo scelto d’intitolare questa preghiera-salmo
DUC ME AD SANCTUARIUM CORDIS TUI
*
Domine, tu semper exaltasti me et ego humiliavi te,
Domine tu bonus et ego nequissimus.
Tu longanimis et ego semper suscitavi iram tuam.
Parce mihi Domine, parce mihi peccatori et extende manus tuas ad me et extrahe me de inferno et profundo abissu in quo cecidi.
Maria, docissimum nomen et auxilium validissimum da mihi cor poenitentem et aperi manum tuam et duc me ad sanctuarium Cordis tui.
Video bona mater spinas in eo confixas et dolor et plantum me movent.
Misericordia de me, dulcissima Mater, respice ultimum filium tuum et infunde in corde meo fiduciam et spem de peccatis meis remissis.
Animae sunt meum tormentum et me vocant et ego semper Deum filium tuum offendo. Misericordia habe de mea fragilitate o mater clementissima, et absconde me in corde tuo quando inimicus venit ad rapiendam gratiam et splendorum divinum.
Respice in me et miserere mei.
Quando cogitationes males in mente mea veniunt tu protege me suavissimo pallio celesti; quando furor infernorum tentat debilitatem meam tu veni et defende me, infundi in anima mea mea fortitudinem et spem.
Quando in profundo abissu cecidi tu veni ad me extollendum o misericordiosissima mater.
Cotidie ad te clamo tu exaudi me, benigna mater. Abscondi in Corde tuo animam meam ut ibi discar amorem tuum, ut amem sicut tuum filium Iesum.
Mater divina a Corde Imaculato esto refugium animae meae et suscipe in manus tuas animam meam, fac me sentire palpitationes amoris Cordis tui, et inflamma, tui amoris cor meum gelidum et peccaminosum.
Esto custos animae meae et quando diabolus venit vel circuit me ut cadam Cor tuum sit mea illuminatio et defensio.
(traduzione)
Signore, tu mi hai sempre sollevato mentre io ti ho abbassato
Signore, tu sei buono mentre io sono dissoluto.
Tu sei generoso mentre io ho sempre suscitato la tua ira.
Perdonami Signore, perdona me peccatore, e stendi le tue mani verso di me, e liberami dall’inferno e dal profondo abisso in cui sono precipitato.
Maria, dolcissimo nome e aiuto potente, donami un cuore penitente e apri la tua mano e conducimi al Santuario del tuo Cuore.
Vedo le spine conficcate in esso, madre buona, e mi suscitano dolore e pianto.
Abbi Misericordia di me, dolcissima Madre, volgi il tuo sguardo all’ultimo dei tuoi figli e infondi nel mio cuore la fiducia e la speranza che i miei peccati siano rimessi.
Le anime sono il mio tormento e mi chiamano e sempre io offendo Dio il figlio tuo. Abbi Misericordia della mia fragilità o madre clementissima e nascondimi nel tuo cuore quando viene il nemico per rapire la grazia e il divino splendore.
Volgi il tuo sguardo verso di me e abbi pietà di me.
Quando i pensieri cattivi sopraggiungono alla mia mente tu proteggimi con il tuo soavissimo manto celeste, quando il furore infernale tenta la mia debolezza tu vieni e difendimi, infondi nella mia anima fortezza e speranza.
Se dovessi cadere nel profondo abisso tu vieni e liberami o madre la più misericordiosa.
Ogni giorno t’invoco, tu esaudiscimi benigna madre. Nascondi nel tuo Cuore l’anima mia perché impari il tuo amore ed io possa amare come il tuo figlio Gesù.
Madre divina dal Cuore Immacolato sii tu rifugio dell’anima mia e prendi nelle tue mani l’anima mia, fammi sentire i battiti d’amore del tuo Cuore e infiamma del tuo amore il mio cuore freddo e colmo di peccato.
Sii la custode dell’anima mia e quando viene il diavolo per ingannarmi e farmi cadere, il tuo Cuore sia la mia luce e la mia difesa.
*
Come abbiamo anticipato, questa preghiera-salmo scaturisce dalla visione mentale ricevuta per grazia, due mesi prima, che di seguito riproduciamo
*
Luglio 1956 – 12 – ore 10
Stavo in letto e andavo con la mente sull’amore che mi porta la Madonna. Io non potevo contenere il mio amore e col crocifisso della confessione nelle mani, alzavo le mie braccia come per abbracciare Maria. Era tanto l’amore che piangevo perché non potevo amarla di più. Infine, non potendone più, ho mandato il mio angelo custode da Maria e gli ho detto: «Va! E non tornare senza una risposta!».
Dopo un po’ mi girai sul lato destro cercando di addormentarmi.
Ma ecco che davanti alla mia mente stupita si presenta la Madonna circonfusa di luce ma non abbagliante. Era bella, di una bellezza divina. Era china su di me come una mamma sta china sul figlio nella culla. Era vestita di un rosa molto sfumato e il manto era di un azzurro-verde molto chiaro. Quando mandai l’angelo custode gli dissi che volevo baciare i piedi della Madonna, ora me la vedo qui davanti.
Dopo i primi momenti di stupore gli dissi tutto l’affetto che sento per essa:
«Senza di te Maria non ha significato la mia vita, senza di te la mia esistenza non ha ragione d’essere, senza di te non posso vivere perché tu sei la mia vita, il mio tutto, il mio tesoro»
Quando mi è apparsa stavo pensando alla Madonna del mio paesello e proprio a quella apparizione delle due colombe e pregavo perché volesse benedire di nuovo quel luogo. La prima cosa che chiesi alla Madonna fu questa:
«Cosa fai in paradiso?»
«In paradiso io formo la compiacenza della SS Trinità, io sono la gioia degli angeli e la letizia di tutti i beati»
Io penso che in paradiso se non ci fosse Maria mancherebbe qualcosa allo splendore del cielo.
«Mi ami tu Mamma?»
«Sì che ti amo e molto, tu lo sai che ti ho amato fin da piccolo e un giorno posi su di te il mio sguardo»
«Che ne pensi di me?».
In quel momento vidi sul petto di Maria un bellissimo cuore circondato da una semplice corona di spine. Che spine lunghe! Ce n’erano alcune, credo 2 o 3 che penetravano nel suo Cuore, ma una, era la più lunga, lo trapassava da parte a parte.
«Chi te l’ha conficcata questa spina?»
Essa allora mi guardò con uno sguardo di tenerezza e mi disse:
«Questa è la tua vita religiosa!».
Allora scoppiai a piangere dirottamente e mi asciugavo le lacrime col bordo delle lenzuola, dovevo raffrenarmi perché temevo che i miei confratelli mi udissero.
Provai un dolore infinito.
Avrei voluto morire di dolore tanto ero disfatto dall’amarezza.
Indi, quando mi lasciò sfogare, quella spina si tramutò in una rosa bellissima, bianchissima, che spuntava dal suo Cuore Materno.
«Ecco cosa sarai per l’avvenire. Raccoglimento, Mortificazione e Penitenza».
La Madonna mi dette a baciare le sue mani poi si chinò su di me e mi baciò in viso.
«Non lasciarmi, Mamma, non lasciarmi solo ho passato troppo tempo nell’indifferenza, sono stato tanto crudele con Gesù e con te, non mi abbandonare ti prego»
Volevo alzarmi e prendere la sedia al tavolino, ma non volle. Disse che essa non si stanca.
«Non temere il demonio, disprezzalo e non ti curare di lui. Io ti sono sempre vicina».
Quando tutto questo passò e che mi trovai ancora piangendo, provai una grande pace.
Primi di addormentarmi dissi a Gesù:
«Gesù non avertene a male se sembra che amo più di te la tua Mamma».
Gesù mi rispose:
«Amala ancora di più perché amandola mi fai tanto piacere e il passaggio da mia Madre a me è brevissimo. Più l’amerai più amerai me, perché per Mariam ad Iesum, per Cor Mariae ad Cor Iesu»
*
Occorre rilevare innanzitutto che la visione mentale scaturisce mentre Candido ricorda la santa Vergine apparsa a Ghiaie con le due colombe nelle mani e prega perché benedica di nuovo quel luogo.
Ma la santa Vergine non si mostra a lui in quel modo, bensì vestita di rosa col manto azzurro, come mai era apparsa a Ghiaie.
Nella penultima apparizione infatti, si era mostrata sì, con il vestito rosa, ma aveva il velo bianco, e non azzurro.
La visione di Candido s’innesta comunque, pienamente, nello stesso ciclo epifanico di Ghiaie, il cui tema fondante è costituto, come abbiamo più vote ribadito, dal Mistero dell’Incarnazione, che i due colori rosa e azzurro ricordano: poiché il rosa simboleggia la carne umana di cui il Verbo di Dio si è rivestito per divenire uomo, mentre l’azzurro simboleggia il Cielo dal quale il Verbo di Dio è sceso per incarnarsi nel seno della Vergine Maria.
La visione mentale donata a Candido, pienamente inserita nel ciclo epifanico di Ghiaie, illumina la spiritualità (eucaristica) di Candido, in cui Dio e l’uomo sono sempre al centro del suo sentire e del suo patire perché l’umanità sia condotta in Cristo, all’Unità con Dio.
Per questo la santa Vergine mostra a Candido la vita religiosa come partecipazione al proprio dolore di Corredentrice, innestata dunque, nel Cuore Addolorato – che sanguina come in un inesausto Calvario con Cristo Crocifisso – al quale deve unirsi perennemente Candido Sacerdote per partecipare, con Cristo e in Cristo, alla Redenzione e alla salvezza delle anime, perché siano condotte, con Maria, in Paradiso a vivere la gioia degli angeli e la letizia di tutti i beati, nella Gloria della SS Trinità.
Ricordiamo che, attraverso Adelaide, la santa Vergine, nella seconda apparizione, aveva legato chiaramente la Missione di Candido al proprio Cuore, dicendo:
EGLI SI FARÀ SACERDOTE MISSIONARIO SECONDO IL MIO SACRO CUORE
*
Torneremo a riflettere su questo tema fondamentale della spiritualità di Candido che lo avvicina a padre Pio, unito al quale Candido ha vissuto permanentemente, fino alla morte, la Missione di Sacerdote della Misericordia chiamato alla salvezza delle anime.
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“COME UN TUONO”. CANDIDO, FIGLIO MISSIONARIO DEL CUORE IMMACOLATO DI MARIA
La vocazione di Candido per i bambini, i ragazzi e i giovani si definisce compiutamente negli anni trascorsi al “Claretianum” (collegio internazionale dei Missionari Figli del Cuore di Maria) nel quale è ammesso, nell’agosto del 1945, grazie all’interessamento di padre Felice Murachelli, con cui Candido ha condiviso intensamente il periodo dell’immenso afflusso di folla al luogo delle apparizioni di Ghiaie (a questo periodo dedicheremo una successiva riflessione).
La spiritualità clarettiana rappresenta dunque, il primo e fondamentale nutrimento della sua formazione sacerdotale.
Candido prende alla lettera le parole di sant’Antonio Maria Claret, per il quale
Un figlio del Cuore Immacolato di Maria arde di carità e dovunque passa brucia; desidera e si dà da fare con tutte le forze per infiammare gli uomini con il fuoco dell’amore divino; non si lascia distogliere da nulla, gode delle privazioni, affronta le fatiche, abbraccia i travagli, si rallegra delle calunnie, è felice nei tormenti e nelle sofferenze che gli tocca patire e si gloria della croce di Gesù Cristo; e a null’altro pensa se non come seguire Gesù e imitarlo nella preghiera, nella fatica, nella sopportazione e nel cercare sempre e solo la gloria di Dio e la salvezza delle anime.
Per questo Candido, il cui pensiero è rivolto giorno e notte alla salvezza delle anime, si strugge, in particolare, per la condizione dei ragazzi e dei giovani ai quali è affidato il futuro dell’umanità e soprattutto della Chiesa.
In una lettera, del 6 luglio 1946, Candido, profeticamente, esorta padre Felice, a diffondere nella gioventù, quale apostolo del Cuore di Maria, l’amore per la santa Vergine al fine di combattere l’impudicizia e il malcostume.
Così scrive:
«Sento in me il fuoco dell’apostolato, la fiamma dell’amore per tanti poveri sventurati, specie per la gioventù. Finché la gioventù nostra non avrà innanzi a sé un ideale che l’affascini e che la trascini andrà peggiorando».
Poi, nella stessa lettera, così continua:
«Questo ideale è Maria; chi più grade di Lei? chi più amabile misericordiosa, chi racchiude in sé tanto splendore di virtù se non Maria? Lavori tanto caro Padre fra la gioventù, lavori e si sacrifichi per la loro salvezza; domani l’aiuterò anch’io. Che il popolo veda in noi gli apostoli del Cuore di Maria, e Cuore vuol dire amore, e amore il più puro. Veda, la gioventù, che siamo rivestiti della potenza di Maria, di quella potenza che folgora il malcostume, che annienta il male perché è essenzialmente contrario all’amore di Dio».
Poi ancora, nella stessa lettera,
dopo aver ricordato che nell’apparizione di Pentecoste del 28 maggio 1944, la santa Vergine è apparsa a Ghiaie tenendo nelle mani due colombi accanto al suo Cuore, Candido evidenzia in questa figura la Missione stessa della Chiesa in favore dei peccatori, in particolare dei giovani.
E così continua:
«Con quale bontà la nostra Madonna stringe al cuore le due tortorelle; così dobbiamo fare noi con le anime traviate, stringerle al cuore e far del loro pentimento un’arma di salvezza. La gioventù oggi non è amata, ha bisogno di un cuore che sia la fornace dell’amore».
Lo stesso sacerdote, per Candido, deve collocarsi nelle mani di Maria per purificarsi nelle fiamme del suo Cuore, permanendo con Lei sotto la Croce del Golgota unito a Cristo Crocifisso
«La nostra vocazione è martirio, immolazione, sacrificio, morte. E’ una lenta agonia di Cristo sulla Croce, ma con questo in più: che se Dio ci abbandona possiamo rifugiarci dalla Mamma che veglia sempre al nostro fianco. E’ una gran cosa sapersi amato, ma raggiunge il sublime quando sappiamo amati da Colei che è tutta la nostra speranza e che per me è tutto il mio vivere e che è lo scopo di tutta la mia esistenza…si ricorda la foto o cartolina con le colombe? Io credo che la Madonna mi tenga proprio così; quando non faccio giudizio mi stringe ancora più amorevolmente al Suo Immacolato Cuore, e quando la mia cattiveria mi fa fare quello che non dovrei allora mi mette sulle fiamme del Suo Cuore affinché mi purifichi da ogni mondanità; ma sempre mi tiene fra le sue mani»
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La santità di Antonio Maria Claretinfiamma da subito il giovane animo di Candido ardente d’amore per Cristo.
In una delle prime lettere a padre Felice, del 27 maggio 1946, dopo avergli ricordato “le belle giornate passate” a Ghiaie (“al mio caro paesello”), gli dice ch’è felice di trovarsi sotto lo sguardo di Maria e dei superiori della Congregazione fondata dal Beato Antonio M. Claret, nella quale s’impegna in un arduo percorso di perfezione (“cerco di farmi santo”), consapevole della battaglia estrema che avrebbe dovuto combattere nel tempo ultimo contro il peccato che sarebbe dilagato e contro il demonio che avrebbe conquistato molte anime, soprattutto, come detto, quelle dei giovani, la cui perdita straziava il giovane Candido.
In questa stessa lettera, rapito dalla santità di Antonio Maria Claret, Candido, appena sedicenne, scrive:
«Questo grande uomo tutto di Dio ebbe la rivelazione della Madonna che sarebbe stato il 7° angelo dell’Apocalisse».
Candido si riferisce al brano dell’autobiografia di Antonio Maria Claret (cap. XVIII, dal titolo “di alcune cose straordinarie che Dio e la beata Vergine Maria mi hanno fatto conoscere) in cui il santo scrive:
In particolare il giorno 24 settembre 1859 alle ore 11 e mezza, il Signore mi fece capire quello di Apoc. 10.1 Vidi anche un altro angelo coraggioso discendere dal cielo vestito di nuvola, e sul suo capo l’arcobaleno, e il suo viso era come il sole, e i suoi piedi come colonne di fuoco. Aveva in mano un libro aperto, e posò il piede destro sul mare e il sinistro sulla terra (prima nella sua diocesi all’isola di Cuba e poi nelle altre diocesi). Ed emise un gran grido, come un leone quando ruggisce. E dopo che ebbe gridato, sette tuoni articolarono le loro voci. Arrivano i figli della Congregazione dei figli del Cuore Immacolato di Maria; dice sette, il numero è indefinito, qui significa tutti. Li chiama tuoni perché grideranno e faranno udire le loro voci; anche per il suo amore e il suo zelo, come santiago e san Jan chiamati figli del tuono. E il signore vuole che io e i miei compagni imitiamo gli apostoli Giacomo e san Giovanni con zelo, castità e amore per Gesù e Maria
Ancor sedicenne Candido aveva dunque compreso che l’Opera del grande santo fondatore della Congregazione dei figli del Cuore Immacolato di Maria, si sarebbe rivelata in pienezza nel contesto escatologico della lotta ultima fra angeli fedeli e angeli ribelli alla fine dei tempi, per il trionfo della Chiesa – che appare, nel libro dell’Apocalisse, proprio subito dopo l’irruzione del 7° angelo, nella figura della santa Vergine Maria, come “la donna vestita di sole”.
Fin dagli anni giovanili Candido colloca pertanto, la propria Missione sacerdotale quale figlio del Cuore Immacolato in un contesto apocalittico.
Qualche anno più tardi infatti, scriverà così a padre Felice
«Che il buon Dio e il Cuore di Maria la facciano un grande apostolo. Lavori molto per il Cuore di Maria e affidi al Suo Immacolato le sue fatiche e le consacri tutto se stesso. Dentro a questo purissimo Cuore si sentirà più infervorato dalle fiamme divine che avvampano dal Cuore di Maria, si sentirà più simile a Gesù di cui Maria è la più perfetta immagine e il suo apostolato sarà più fruttuoso. Amiamo molto il Cuore di Maria, predichiamola molto perché questa è l’era del regno del Cuore di Maria, e avremo assicurato la nostra salvezza »
Candido ha piena consapevolezza d’esser chiamato a operare nel tempo ultimo, in cui la Chiesa è impegnata nella lotta contro il peccato per la conversione dei peccatori, e così attuare il compimento della Redenzione, con la nascita di un’umanità finalmente liberata dal peccato (in primis, dal peccato originale) fino al trionfo della santa Vergine – come ha esortato la stessa santa Vergine nelle apparizioni di Ghiaie.
Nella lettera del 6 luglio 1956 dopo aver detto a padre Felice, che si è recato al luogo delle apparizioni di Ghiaie, di aver bisogno delle sue preghiere, così scrive:
«Ancora mi risuonano all’orecchio come colpi di martello le parole della Madonna a Montichiari. Manca Fede, il luogo delle apparizioni è stato profanato dai peccati più infami e vi si nega la Sua Presenza. Le confesso caro P. Felice che ho pianto assai su questo lamento di Maria che mi strazia il cuore. Sento in me il fuoco dell’apostolato, la fiamma dell’amore per tanti poveri sventurati».
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Dopo queste note si può meglio comprendere, come abbiamo scritto, che l’apostolato di don Candido sia stato avvertito (secondo la figura della rivelazione a sant’Antonio Maria Claret) come un forte tuono nella casa di Dio immersa nella desolazione,
e che tanto zelo e fervore abbia suscitato contro Candido molti nemici, decisi ad annientarne la persona e distruggerne il sacerdozio.
Si ricorda a questo proposito che, lo stesso Antonio Maria Claret, impegnato (come arcivescovo di Santiago di Cuba, colonia spagnola, nel 1851) in una severa riforma del clero, nella lotta al concubinato per l’elevazione del sacramento del matrimonio, e nella cura dei malati e della gioventù, è stato contrastato da molti nemici, uno dei quali ha tentato di ucciderlo l’1 febbraio 1856, a Holguín.
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Candido conserverà intatta e immacolata la veste sacerdotale fino alla morte, come aveva promesso al Signore, sopportando una terrificante persecuzione, e diverrà autentico modello di sacerdote santo della Chiesa Cattolica, come emergerà compiutamente nelle riflessioni successive.
Nella lettera del 10 gennaio 1957, a padre Felice, così scrive:
«Caro padre Felice sono vicino al giorno del mio sacerdozio due anni passano presto, ma se dovessi essere un prete mediocre non vorrei esserlo perché con l’andar del tempo si perde lo spirito osservante e subentra la rilassatezza il che è a Dio stomachevole. Ricordo ancora le parole che dissi a Gesù prima di emettere i mei primi voti religiosi : Gesù se dovessi un giorno trascinare nel fango questa veste che indosso o che abbia a offenderti, fammi morire adesso che ho tutta la volontà di amarti, fa che quest’oggi sia l’ultimo giorno della mia esistenza. Pregavo tanto Maria che mi facesse un vero figlio e mi ha esaudito talmente che se non ci fossero le braccia di Maria che ogni tanto mi stringono a sé, se non ci fosse il suo Cuore Materno in cui rifugiarmi e piangere nei momenti della prova io sarei l’uomo più infelice».
Nella stessa lettera del 10 ottobre 1957, aprendo uno spiraglio di luce sull’origine della sua vocazione sacerdotale, così scrive a padre Felice:
«Lei mi ricorda il tempo trascorso insieme e mi fa vivere, almeno per brevi istanti la vita di fanciullo. Io credo che allora ero più buono, benché una ne facessi e un’altra ne pensassi: ricordi di giorni sereni e felici in cui cantavo tutto il giorno senza stancarmi, in cui mi facevo i mei altarini e celebravo le mie messe in cui costringevo mia mamma a rispondere alle domande e tante altre cose che sono chiuse entro il mio cuore, le quali gettano uno sprazzo di luce sulla mia vita quando la prova bussa alla porta».
E noi ci chiediamo:
Cosa saranno mai queste “tante altre cose” chiuse nel cuore di Candido, nelle quali scorgiamo luci preziose lungo la Via del Calvario che il Signore gli ha donato per conformarsi a Lui come Alter Christus?
Lo scopriremo seguendo passo passo le orme di questo grande santo sacerdote.
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Nella sua autobiografia di Il giorno 23 settembre alle ore 7 e mezza del mattino Antonio Maria Claret scrive: Il Signore mi ha detto: Volerai attraverso la terra o camminerai con grande velocità e predicherai i grandi castighi che si avvicinano. Grandi cose mi fece conoscere il Signore su queste parole di Ap. 8.13: Et vidi et audivi vocem unius aquilae, che volarono nel cielo e dicevano con grande e potente: guai, guai, guai! agli abitanti della terra a causa dei castighi che verranno; Queste punizioni sono: 1. Protestantesimo, comunismo…2. I quattro arcidemoni che promuoveranno in modo spaventoso l’amore dei piaceri – l’amore per il denaro – l’indipendenza della ragione – l’indipendenza della volontà. 3. Le grandi guerre e le loro conseguenze.
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COME DON BOSCO. LA VOCAZIONE DI CANDIDO PER I BAMBINI E I RAGAZZI
Fino all’arrivo di don Candido, i ragazzi della parrocchia di Ari non potevano partecipare al campionato di calcio juniores perché nessuno li portava in trasferta nei campi di calcio delle altre parrocchie. Giocavano fra loro senza poter costituire una squadra.
Del resto tutta la parrocchia versava nella desolazione a causa di un clero corrotto che aveva preferito soddisfare infimi interessi personali, come testimoniava la gente di Ari che frequentemente ricordava con amarezza le gite di preti al mare con l’amante – pratica divenuta conforme alla vita clericale quale parte del costume dei ministri sacri – abbandonando la canonica al più infimo squallore.
L’arrivo di don Candido è stato, perciò, come l’irruzione di un vento forte e vivificante che ha spazzato d’un colpo il lordume lasciato nella casa di Dio. Con lui, vero prete, tutto è cambiato in parrocchia.
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Figlio eletto della santa Vergine apparsa a Ghiaie, quale “Sacerdote Missionario secondo il Suo Sacro Cuore”, la prima cura, don Candido l’ha rivolta alle famiglie. Frequentava infatti, le case del paese, nelle quali condivideva i pasti, portando in ognuna, come figura di Cristo, la preghiera e la Parola di Dio. In alcune si fermava anche a lavorare aiutando concretamente le famiglie secondo i diversi bisogni. E correva nelle case dei morenti per stare accanto a loro, prendere le loro mani e accompagnarli fiduciosi, con la preghiera, la confessione dei peccati e la Grazia dell’Unzione degli infermi, nel transito da questa vita a Dio. Per questo aveva chiesto a tutti di chiamarlo anche in piena notte con urgenza.
La salvezza delle anime era il fine principale del suo apostolato
(si ricordi che in preparazione alla Tonsura il giorno 21 marzo 1957 scriveva nel suo diario: «Mi faccio sacerdote per salvare le anime. Siano queste poche o molte. Il fuoco dello zelo mi deve incendiare per sacrificarmi di più per la conversione dei poveri peccatori» pensando d’istituire una “Congregazione delle angeliche figlie del Cuore di Maria”).
E a tal fine, come un gran catechismo rivolto a tutti, don Candido aveva fatto istoriare l’abside della chiesa di Ari, con un grande affresco (cui dedicheremo un’apposita riflessione) nel quale erano raffigurate le tappe della Salvezza, così che ogni fedele, entrando nella casa del Signore, avrebbe potuto vederle” e ricordarle, rammentando le sue catechesi.
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Questo il contesto apostolico-pedagogico in cui collocare l’apostolato di Candido in favore dei bambini, dei ragazzi e dei giovani, maturato fin dalla sua giovinezza e definito compiutamente in Seminario.
Nel diario scritto in Seminario, il giorno 12 febbraio 1956 Candido scriveva:
«Devo pregare molto, sacrificarmi moltissimo per i bambini, per i ragazzi e per i giovani, credo che costoro siano uno dei dei fini della mia vocazione».
E il giorno 22 settembre 1956:
«Vorrei che dopo la mia morte parlassero di me come dell’Apostolo dei ragazzi, come di don Bosco».
Nella stessa pagina, dopo aver dichiarato «Vorrei tornare ragazzo per vivere sempre fra i ragazzi» proponeva un vero e proprio programma di apostolato in favore dei ragazzi.
«Già da ora sogno un grande e bell’oratorio, bene attrezzato, con ampie sale e grandi finestroni. Sogno uno stuolo immenso di ragazzi e di giovani che fanno baldoria, ma che anche pregano, si ritirano nella cappella ove palpita d’amore per essi Gesù e Maria, che vivono la vita interiore e che fanno la lettura spirituale. Diffondere fra la gioventù tante riviste sane e morali. Prenderle da ogni parte per il bene non ha limiti come il male. L’educazione del giovane, del ragazzo e del giovane, intendo educazione morale e perché no? anche civile, incominciano dalla culla, o meglio i difetti, i vizi, le inclinazioni dei ragazzi, come pure le virtù come l’onestà, il sacrificio la purezza, la lealtà, la fortezza etc…incominciano e traggono la loro origine dal carattere dei genitori. Vi sono ragazzi o giovani viziati e tarati in radice, è colpa loro? No. Come il peccato originale ha la fonte nei nostri progenitori, così il ragazzo ha ereditato ciò che di buono o di cattivo gli hanno dato i suoi genitori. Da qui la necessità dell’oratorio formativo. In esso, con la cura paterna comprensiva e diligente del direttore spirituale possano i nostri ragazzi guarire, emendarsi, vincersi e formare un carattere serio che promette le più lusinghiere speranze. Nell’oratorio due sono i formatori, Gesù e Maria. Gesù che assolve e Maria che santifica. Gesù che ama e Maria che preserva. Il Sacerdote non è che lo strumento nelle mani di Gesù, strumento cosciente, ma sempre mezzo per andare a Gesù. Io non vorrei mai vedere un giovane o un ragazzo triste. Questo sarà il mio martirio. Vorrei offrire a Dio giovani e fanciulli come un soave incenso, come un canestro di fiori olezzante ai piedi di Maria. L’oratorio servirà anche per i grandi, per gli uomini fatti, per le mamme etc..e tener loro ogni settimana un corso d’istruzione religiosa incominciando dai primi elementi fino alla dimostrazione filosofica e teologica di Dio. Dare ai giovani una soddisfazione, cinema, teatro, banda, giochi, aria, sole. Quando si va in campeggio portare il grammofono con belle canzoni».
In Seminario, Candido rifletteva continuamente su questa sua vocazione, che si rafforzava in lui per le strade di Roma vedendo la condizione desolata dei giovani, come nella passeggiata del 16 febbraio raccontata in una pagina del suo diario.
«Questa sera tornando da passeggio, a una svolta di via B.V., vicino a una fontana c’era un ragazzo, ancora con la voce bianca, che poteva avere 12 anni con una ragazza. Si parlavano più con i gesti e con i sorrisi. Arrivato vicino ai due il maschietto stava sollecitando al male la ragazza, che poteva avere dai 12 ai 14 anni. La ragazza si mostrava forse renitente e il ragazzo tutto amore e passione le disse – E su non fare la scema! – Il ragazzo dal viso mi parve ancora un mezzo angioletto. Era veramente bello, simpatico. Il colorito un po’ bruno (stavano nella semioscurità) capelli neri, occhi belli, lucenti. Di statura forse un po’ slanciata alla sua età. Come mai questo maschietto di 12 anni si è incamminato per la via del male? Avrà ancora la mamma? Frequenta l’A.C.? Cosa legge? Chi gli ha insegnato avanti tempo l’amore all’altro sesso? Il cinema? Se fossi stato solo mi sarei fermato, gli avrei parlato di un’altra donna, Maria. L’avrei baciato in viso, l’avrei preparato a una buona confessione. Forse il ragazzo non sa che fare. Forse non è amato e va in cerca di comprensione e affetto. – Perché, mio Dio, c’è tanto marciume in cuori tanto giovani e aperti come finestre all’alba al bello, al buono? Forse oggi non si comprendono i ragazzi, i giovani. Ci sono pochi sacerdoti che consacrano del tempo per questi futuri papà, per questi futuri apostoli. Li credono cosa da trascurarsi e non vedono che dimenticano la parte più nobile, più sensibile e più sublime della Chiesa. La gioventù futuro della Chiesa. Date ai giovani un locale dove passare le ore in santa allegria, portateli soprattutto davanti al Tabernacolo. Sappiano i giovani che hanno una mamma, Maria. Far loro amare un ideale. L’ideale degli eroi, conquistare tutti i giovani alla causa di Cristo».
Questo l’ardore apostolico che ha nutrito l’azione di Candido verso i ragazzi, nel quale si dispiega il suo operare concreto, come la formazione della squadra di calcio della parrocchia di Ari.
Aveva pensato a tutto. Non solo a far confezionare una divisa, ma anche a portare i ragazzi della squadra nei campi di calcio per le trasferte. In mancanza di mezzi, caricava i ragazzi sulla grande Mercedes bianca che gli avevano regalato e li conduceva per le stradine dell’Abruzzo, trasmettendo loro, nel tragitto, la gioia di vivere, affinché, nel suo spirito i ragazzi gustassero, in anticipo, la festa del Paradiso, dove si continua a giocare, nell’Amore di Gesù e Maria.
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Un chiaro riferimento alla formazione del suo apostolato per i ragazzi e i giovani sul modello di don Bosco, lo si trova anche nel diario del Noviziato (1950 – 1951), in particolare in una pagina in cui don Bosco è citato sul margine di una pagina, ma in chiara evidenza.
In quella pagina, parlando a se stesso, appena vent’enne, Candido iniziava a formare – secondo la proposta salesiana fondata su religione, ragione e amorevolezza – le modalità pedagogiche con cui relazionarsi ai ragazzi.
«Convincere il giovane con la ragione e la religione» scrive Candido.
E poi continua:
«…fra dieci anni quando la tua ragione sarà sviluppata come quella dei tuoi professori, superiori, quando il tuo corpo camminerà di pari passo con la ragione allora apprezzerai davvero il beneficio dell’educazione…bisogna che tu impari a giudicare, e prendere a vivere la vita con senso religioso cioè considerare tutti gli avvenimenti lieti e tristi allo sguardo sapiente e amoroso di Dio» .
Nel diario del Noviziato si trovano altresì, riflessioni profonde su vari aspetti dell’animo dei giovani come il potere della fantasia e delle immagini che possono produrre richiami impuri che intorbidiscono l’anima.
Il tema della purezza risalta in primo piano come terreno di lotta per il giovane.
Rivolgendo a se stesso insegnamenti che, da sacerdote, avrebbe rivolto ai suoi giovani Candido scrive:
«Non dipende da te l’avere o no pensieri impuri, dipende da te e sei obbligato a cacciarli quando ti accorgi di averli. E’ in tuo potere non acconsentirvi. Non è in tuo potere il non averli. Sarebbe un errore fatalissimo e un inganno che l’obbligo a mantenerti puro arrivasse fino al punto di non avere mai stimoli contrari. E’ un errore perché la tua natura umana domanda e acconsente una purezza umana (per coloro che vorrebbero unirsi in matrimonio) e angelica fino a un certo punto perché una purezza che consiste in una purezza completa di stimoli contrari può essere un sogno, un ideale, una figura retorica, ma giammai una realtà, cioè un fatto. Se ti viene alla mente il nome di san Luigi ti rispondo subito che dovette subire molti stimoli contrari se dovette ricorrere a mezzi così severi per reprimerli. Tu ti sei messo in capo da te stesso o te l’hanno messo in capo certi educatori (che tu forse non hai compreso bene a dovere) di dover praticare una virtù angelica, di vivere cioè come se non avessi corpo. Quale fu la conclusione? Questa. Dopo aver fatto qualche esperienza hai concluso che è impossibile e allora hai gettato a mare, non solo l’impossibile proposito, ma anche il possibilissimo impegno di reprimerle e allontanarle quando sono avvertite» .
Scriveva queste riflessioni citando la nota frase di Pascal «Chi pretende di far l’angelo finirà col fare la bestia» tratta da un libro edito dall’Istituto Salesiano per le Arti Grafiche, Colle don Bosco(Alla scoperta di se stesso, di Antonio Coiazzi)
Con san Giovanni Bosco, san Luigi costituirà un riferimento fondamentale nella formazione sacerdotale di Candido, come vedremo riprendendo la lettura dei diari di Candido. Per ora ci limitiamo a sottolineare quanto fosse importante, per Candido, l’amorevolezza, come insegnava don Bosco, oltre la ragione e la religione.
E a questo proposito scrive:
«Ma chi pensa alla delicatezza con cui vanno trattati gli adolescenti? Solo chi ha un cuore gentile e ha imparato dalla Religione a rispettare questi primi effluvi del sentimento. Mettersi in condizioni dell’adolescente, grande immutabile dolcezza, ricevere tutti anche i meno buoni, come fa la Mamma del Cielo vedendo in essi Gesù adolescente…Assoluta innocenza di pensieri. Massime e pratiche di religione ragionata spiegata al ragazzo. Far fare occupazioni utili e interessanti, esercizi frequenti e dilettevoli del corpo, scampagnate, ginnastica, passeggio, corse…Mostrare grande confidenza rispettosa verso di loro».
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Don Candido sapeva vedere in ognuno dei ragazzi la vocazione alla quale erano chiamati, in particolare la vocazione sacerdotale, che, per lui, rappresenta l’apice delle vocazioni.
Come abbiamo ricordato, nella lettera alla mamma in preparazione alla professione religiosa, Candido scrive:
«Coloro che hanno scelto Gesù solo, avranno un posto distinto, elevato, glorioso nel cielo, saranno vicini al trono di Dio, seguiranno Gesù, l’Agnello Immolato e canteranno un cantico che ad essi soli sarà dato di cantare e porteranno un nome tutto celeste», .
Il sacerdote, per Candido, aspira ad essere come l’opera perfetta di Gesù, immagine stessa di Gesù, e come Gesù offrirsi in olocausto per la salvezza delle anime abbracciando i fratelli con lo stesso Amore di Gesù Misericordioso, e, per questo, chiamato a una lotta incessante contro il male, e il peccato, innanzitutto in se stesso mediante una preghiera diuturna per non tradire la vocazione e mettere in croce Gesù.
Intemerato soldato di Cristo, e milite di Maria, il sacerdote, per Candido, è chiamato da sempre anche a una lotta a morte per liberare le anime dal demonio.
Determinante il ruolo della santa Vergine nella formazione sacerdotale,
A un ragazzo della parrocchia di Ari, orientato al sacerdozio, così scrive Candido per confermarlo nella scelta.
«Colei che tutto vede veglia al tuo fianco, vuole solo che tu la chiami e sentirai quanto soave sarà per te la vita. Avrai ancora giornate di sole e di tempesta, ma è Lei la stella che guiderà il tuo cammino. Ho una domanda da farti da parte di Maria: “mi vuoi aiutare a salvare le anime? Vuoi essere l’apostolo del mio Cuore?”…la vocazione si rafforza nel cimento e nella lotta…quanto è contento Gesù quando gli puoi dire: “Gesù ti preferisco al fango del mondo. Gesù solo tu mi basti”. Alla sera Gesù poserà sulla tua fronte un bacio e ti dirà: “Grazie perché mi hai amato”. Dona ardentemente il tuo cuore a Dio per il tuo ideale, devi dare alla tua giovinezza un orizzonte divino…senti l’armonia divina che abita in te, tu sei un angelo che ha scelto per sé. Avrai ancora slanci di bene e basse maree, crisi che ti faranno piangere, mi troverai sempre al tuo fianco pronto a donarti il mio incoraggiamento, pensa che ti seguo sempre e che la tua battaglia, i tuoi dolori si ripercuotono sul mio cuore e soffro con te».
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Lo colpivano gli atti eroici compiuti dai giovani in particolare dai bambini, come Jean Claude, che per guadagnarsi il vestitino della Comunione col frutto del proprio lavoro sapendo che la mamma, per la sua estrema povertà non avrebbe mai potuto soddisfare il suo legittimo desiderio, ha perduto una gamba triturandosela fra gli ingranaggi di una trebbiatrice.
«E’ raccapricciante, ma anche commovente» scrive Candido riflettendo su questo gesto eroico.
«Commovente nella causa che ha provocato l’infortunio, nel protagonista che ha dimostrato un eccezionale dominio di sé. Commovente infine nell’ondata di solidarietà che ha suscitato e nei nobili gesti nei quali si è manifestata: da quello di chi gli ha fatto giungere abiti da Prima Comunione già confezionati e bellissimi a quello della ignota mamma che gli ha fatto pervenire il bracciale di seta bianca, ricordo della Prima Comunione di suo figlio morto» .
Lo straziavano le sofferenze dei bambini che segnava nel suo diario scritto in Seminario, per conservarli nel cuore
«Ernestino…è un bambino di 6 anni che è rimasto cieco a causa di una grave malattia. La sua famiglia è molto povera e non può tentare di cambiargli gli occhi» .
«Randy…6 anni. Lui e la madre sono protestanti. Sono andati a Lourdes per chiedere la guarigione alla Madonna. Lui è affetto da leucemia acuta. E’ stato abbandonato da tutti i medici senza più alcuna speranza» .
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«LA VENERAZIONE DI CANDIDO PER SAN LUIGI», radice della sua anima sacerdotale
Nelle precedenti riflessioni abbiamo evidenziato la devozione di Candido seminarista a due grandi santi – Antonio Maria Claret e Giovanni Bosco – fonti cristalline alle quali Candido abbevera l’animo per prepararsi alla grande Missione, affidatagli dalla santa Vergine, di farsi Sacerdote secondo il suo Sacro Cuore, e infiammare gli uomini con il fuoco dell’amore divino per salvare le anime, in particolare dei giovani trasmettendo loro l’amore per la santa Vergine.
Oltre ad Antonio Maria Claret e Giovanni Bosco, un altro santo, Luigi Gonzaga, forma l’anima sacerdotale di Candido.
Chiarissime indicazioni del profondo sentire con cui Candido novizio si unirà a san Luigi, le troviamo nelle pagine del diario del Noviziato dedicate agli esercizi spirituali iniziati il 12 marzo 1950.
Così scrive Candido il II° giorno degli esercizi spirituali:
«Oggi alle due meno cinque ho giurato a Dio sulla reliquia di san Luigi, di san Giovanni Berchmans e san Satanislao Kostka di cercare sempre, lavorare alacremente, per la mia santificazione».
In questa dichiarazione, occorre innanzitutto fermare l’attenzione al giuramento pronunciato da Candido sulle reliquie dei tre santi perché la devozione alle reliquie si manterrà e crescerà durante tutto il suo sacerdozio.
Candido infatti, ne raccoglierà tante, e con esse formerà, nei suoi ultimi giorni di vita, la croce, dinnanzi alla quale si preparerà al transito alla vita del Cielo, offrendo, dinnanzi a questa croce costellata di reliquie, nel santo Sacrificio Eucaristico, la propria vita e la propria morte in Cristo, e in unità con i santi della Chiesa raccolti nella stessa croce, simbolo della Chiesa.
La grande devozione per le reliquie, viva fin da bambino, si rafforza in Candido negli anni del Noviziato col giuramento a Dio sulle reliquie dei tre santi protettori della gioventù studiosa – Luigi, Stanislao e Giovanni – che presto rivelano a Candido il loro potere santificante, nel gradimento della sua promessa e nel fervore trasfuso nella sua anima.
All’inizio della pagina del III° giorno, Candido così scrive:
«Il Signore mi ha comunicato un grande fervore. Sono questi giorni di grazie stragrandi. Ho innovato a Gesù la promessa di fedeltà alla vocazione di tendere con tutto l’impegno alla mia perfezione. Sembra che le reliquie del mio fratello Luigi, Stanislao e Giovanni, mi abbiano trasfuso il loro fervore».
Chiara dunque è la devozione ai tre santi protettori della gioventù studiosa. Ma non è rivolta a tutti e tre allo stesso modo. Candido sceglie Luigi come primo avvocato e protettore.
Scrive, Candido, nella stessa pagina del diario:
«Ho preso, san Luigi, come primo mio avvocato e protettore a cui professo grande venerazione»
San Luigi viene elevato da Candido a modello-paradigma di santità, come lo stesso Candido conferma nel breve racconto del III° giorno di esercizi.
«Questa mattina Gesù nella Comunione mi ha fatto vedere il mio stato, cioè l’anima mia. Eravamo in due, san Luigi ben vestito bianco e rosso ed io ero vicino a lui, ma come? Ecco io ero un mostro tutto annerito coperto di schifosa lebbra, la faccia tutta sformata e puzzolente con profonde piaghe, solo le labbra avevo rosse e non guaste e il mio Luigi mi stava vicino e non mi parlava. Dopo pranzo alle cinque ho chiesto a Gesù che mi faccia simile a Luigi, ho lasciato la sua reliquia, l’ho baciata con tanto affetto e anche…continua il mio fervore».
In questo brano del diario, occorre mettere in rilievo che è Gesù Eucarestia a emergere come riferimento primo e unico di santità.
Accanto a san Luigi, Candido, vede risplendere in san Luigi, la santità di Gesù – Che è il solo Santo.
Candido si vede come un lebbroso a confronto con la santità del Signore che risplende in san Luigi.
La spiritualità di Candido si forma così, attraverso i santi, in un continuo raffronto con la santità del Signore Eucarestia, al Quale Candido tende con tutto se stesso, preparandosi alla consacrazione come suo Sacerdote, che comporta:
- da un lato prender su di sé, con Cristo e in Cristo, la lebbra del peccato del mondo per espiarlo come proprio peccato, in una inesausta Via della Croce fino al Calvario, e vivere l’Inferno delle conseguenze del peccato;
- dall’altro, accanto al santo, nella Luce del Cristo, contemplare la gloria di Dio, per infiammare le anime redente dal Sangue di Cristo, elevarle all’Amore di Dio, e dunque vivere il Paradiso della libertà dal peccato.
Scrive infatti, Candido nella pagina del diario dedicata al IV° giorno di esercizi:
«Questa mattina nella santa Comunione ho pregato Gesù, anzi ho scongiurato la SS. Trinità che per i meriti della vita, morte, passione di Gesù, per i meriti di Maria SS. e di tutti i santi che mi conceda la grazia di poter vedere per un solo secondo il mio Luigi. L’ho ringraziata di averlo fatto così bello, santo e glorioso…Il Missionario deve avere un cuore grande immenso entro cui vi sia il mondo che brucia nelle fiamme di codesto incendio d’amore».
Così scrive dunque, Candido, ben consapevole che per bruciare il mondo con le fiamme del divino amore e compiere la grande Missione della salvezza delle anime, dovrà unire il proprio cuore al Sacro Cuore di Cristo Sommo Sacerdote, e con Cristo e in Cristo, essere vittima d’espiazione.
Lo ricorda nella pagina dedicata al II° giorno dei santi Esercizi della professione del 6 luglio 1951.
In quel tempo Candido soffriva molto per una appendicite destinata ad aggravarsi fino a condurlo alle soglie della morte, e proprio nello strazio del dolore, che lo avvicina a Dio allontanandolo dal mondo, impetra a Dio il miracolo della guarigione per consacrarsi tutto a Lui e farsi vittima d’espiazione.
Così scrive Candido in quella pagina:
«Consacrazione significa essere vittima. Beato il giorno in cui non apparterrò più a me, ma solo a Dio. Sono di Dio nella lotta, nella vittoria e nel dolore che mi strazia. O san Luigi guariscimi fammi vedere che accetti la mia vita col farmi passare ogni male, se mi vuoi bene fa anche un miracolo, ho fede in te o Luigi salvami. In quest’ora di dolore in cui l’appendicite mi strazia fa che mi sparisca affinché possa fare bene. San Luigi ad maiorem Dei gloriam. Grazie o Luigi sarai sempre il mio preferito».
E poiché Consacrazione significa essere vittima, Candido sa che per condurre le anime all’Amore di Dio, il Sacerdote deve separarsi dalle passioni della carne e dal mondo.
Lo ricorda, a se stesso, nella stessa pagina,:
«Dimentica la casa di tuo padre e il luogo della genitrice tua, ma tu va ad annunziare il regno di Dio. Amo tanto i fiori, ma per amore a S. Luigi che ad esso pure tanto piacevano ma che poi in religione non lo si vide mai con i fiori in mano né li odorava, anch’io farò così. Le austerità corporali non sono per indebolire la sanità né per guastarla, ma soltanto per preservare l’anima dalla concupiscenza e renderla più atta al servizio di Dio».
Candido imiterà san Luigi:
- nella mortificazione del corpo mediante esercizi penitenziali e il cilicio (come in san Luigi, anche in Candido “Dio ha congiunto a una mirabile innocenza un pari spirito di penitenza”);
- nella preghiera continua (la preghiera-salmo scritta da Candido e pubblicata nella riflessione precedente è di certo ispirata ai sette Salmi penitenziali che san Luigi recitava ogni giorno in ginocchio);
- nell’anelito di servire il Cristo nella persona dei poveri, degli ammalati e dei morenti;
- nell’offerta della vita assumendo su di sé la malattia dell’altro (come san Luigi ha preso su di sé la lebbra morendo nell’abbraccio con l’appestato che si è caricato in spalla, così Candido ha preso su di sé il cancro, che è la lebbra del nostro tempo, abbracciando il bambino malato di cancro).
Per comprendere l’animo sacerdotale del giovane Candido che sente su di sè la lebbra del peccato, occorre vederlo pregare, con san Luigi, dinnanzi a Gesù Crocifisso, i salmi penitenziali raccolti da sant’Agostino, in particolare il salmo 38.
Signore, non castigarmi nel tuo sdegno, non punirmi nella tua ira. Le tue frecce mi hanno trafitto, su di me è scesa la tua mano. Per il tuo sdegno non c’è in me nulla di sano, nulla è intatto nelle mie ossa per i miei peccati. Le mie iniquità hanno superato il mio capo, come carico pesante mi hanno oppresso. Putride e fetide sono le mie piaghe a causa della mia stoltezza. Sono curvo e accasciato, triste mi aggiro tutto il giorno. Sono torturati i miei fianchi, in me non c’è nulla di sano. Afflitto e sfinito all’estremo, ruggisco per il fremito del mio cuore. Signore, davanti a te ogni mio desiderio e il mio gemito a te non è nascosto. Palpita il mio cuore, la forza mi abbandona, si spegne la luce dei miei occhi. Amici e compagni si scostano dalle mie piaghe, i miei vicini stanno a distanza. Tende lacci chi attenta alla mia vita, trama insidie chi cerca la mia rovina e tutto il giorno medita inganni. Io, come un sordo, non ascolto e come un muto non apro la bocca; sono come un uomo che non sente e non risponde. In te spero, Signore; tu mi risponderai, Signore Dio mio. Ho detto: <Di me non godano, contro di me non si vantino quando il mio piede vacilla>. Poiché io sto per cadere e ho sempre dinanzi la mia pena.
E vederlo poi invocare ed esultare Dio, con san Luigi, pregando il salmo 51
Rendimi la gioia di essere salvato, sostieni in me un animo generoso. Insegnerò agli erranti le tue vie e i peccatori a te ritorneranno. Liberami dal sangue, Dio, Dio mia salvezza, la mia lingua esalterà la tua giustizia. Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode; poiché non gradisci il sacrificio e, se offro olocausti, non li accetti. Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi. Nel tuo amore fa grazia a Sion, rialza le mura di Gerusalemme. Allora gradirai i sacrifici prescritti, l’olocausto e l’intera oblazione, allora immoleranno vittime sopra il tuo altare.
*
PADRE CANDIDO: L’OFFERTA DELLA VITA .
Per iniziare a conoscere Candido, dal quale scaturisce la storia delle apparizioni di Ghiaie, si offre il racconto dell’olocausto della sua vita, nel quale si riassume la sua Missione Sacerdotale che la Madonna prefigurerà nella seconda apparizione del 14 maggio 1944, dicendo ad Adelaide le seguenti parole:
Egli si farà Sacerdote Missionario secondo il mio Sacro Cuore
*
La guarigione di Stefano (secondo nome del bambino al quale padre Candido ha donato la vita)
Bambino felice pieno di vita, Stefano un giorno dice alla mamma Maria:
– Mamma sai che mi fa male un po’ qua.
La mamma lo porta al Pronto Soccorso dove conosce dei medici. Dopo un’ora e mezzo a Stefano viene diagnosticato un tumore di diciotto centimetri al rene destro. Che gli viene tolto con intervento chirurgico. Sottoposto a chemioterapia sembra tutto risolto. I medici sono fiduciosi. Ma al ritorno dalla vacanza, dopo i controlli, purtroppo il referto non fa ben sperare. Il papà che ha sentito i medici è preoccupato. La mamma è spaventata.
Un’amica allora propone alla mamma di andare a Sotto il monte. Maria però, preferisce recarsi a Ghiaie perché ricorda di non essere stata ben accolta a Sotto il Monte, mentre a Ghiaie, le avevano detto che ognuno può pregare liberamente. Così, il giorno seguente, con l’amica parte per Ghiaie, e alla cappelletta si unisce a un gruppo di preghiera per la guarigione di Stefano. Poi si allontana per tornare a casa, e sale in automobile. Ma in quel mentre vede arrivare due frati, e si ferma, anche perché l’amica la invita ad andare da loro.
Maria però, è perplessa. Le chiede cosa possa interessare a quei religiosi la malattia del proprio figliolo. – Ma è il loro mestiere – le dice l’amica. Confortata da queste parole Maria acconsente, scende dall’automobile, e si trova di fronte a padre Candido.
– Cosa c’è mamma, cosa c’è? – le domanda padre Candido vedendola afflitta.
– Mio figlio! Mio figlio! – risponde Maria fra le lacrime.
– Ce l’ha una foto di suo figlio? – le domanda padre Candido.
Maria non capisce a cosa può servire, ma cerca nel portafoglio e gli offre una foto del figlio.
– Dobbiamo pregare. Mi dia il suo numero di telefono – le dice ancora padre Candido guardando la foto. – Sono un frate domenicano di Bologna e sono qui di passaggio – la rassicura – Dobbiamo pregare. Vado subito dalle suore di Azzano. Dobbiamo pregare per il bambino.
Tornata a casa, Maria racconta l’incontro con quel frate al marito, e proprio mentre lo ricorda suona il telefono. E’ padre Candido. Sono passate due ore dall’incontro alla cappelletta
-Vorrei vedere il suo bambino – le dice padre Candido al telefono.
Maria non capisce. – Ma come posso recarmi a Bologna?- gli domanda.
– Sono ancora qui, alloggiato da una parente. Venga di nuovo alle Ghiaie. Ci troviamo in Parrocchia. Vorrei vedere il suo bambino – le ripete.
Maria non esita. Accetta. Gli propone l’incontro per la sera, e ritorna a Ghiaie con l’amica e Stefano.
Padre Candido li aspetta in chiesa.
Non appena lo vede, Stefano lascia la mano della mamma e va incontro spontaneamente a padre Candido come lo conoscesse, e insieme si recano dinnanzi all’immagine della Madonna, a sinistra dell’altare.
Quella sera Maria torna a casa più tranquilla.
Ma il giorno seguente tutto sembra peggiorare, perché, all’ospedale, i medici riscontrano una metastasi polmonare.
Ricoverato d’urgenza Stefano viene operato.
Purtroppo, l’operazione riesce solo parzialmente. Il tumore polmonare è diffuso. Serve rioperarlo, dicono i medici. Ma Stefano non vuole. E’ molto provato.
Maria non resiste. Si oppone a un nuovo intervento. Torna a casa e chiama subito padre Candido – Non era un solo nodulo, ma più di uno – gli dice Maria. – E sì – conferma padre Candido come già sapesse – Ma non ha mai pensato ad uno spostamento di ospedale, a Milano? – le domanda.
Maria non capisce quel consiglio. Non sa che fare. Dopo mezz’ora però, ignaro del consiglio di padre Candido, il marito propone a Maria di spostare il bambino all’Istituto Tumori di Milano su indicazione del nipote della cognata che ha incontrato il Viceprimario della Pediatria Oncologica. – Proprio come mi ha detto padre Candido! – gli conferma stupita Maria.
E così Stefano viene spostato con celerità a Milano. Mentre padre Candido torna al Convento di Bologna, da dove segue il decorso della malattia di Stefano. Ogni giorno gli parla al telefono e lo solleva dagli effetti delle cure chemioterapiche.
Purtroppo, qualche giorno più tardi viene riscontrata un’ombra nera nel polmone del bimbo, all’altezza della terza costola destra. I medici sono allarmati. Hanno visto in quell’ombra l’estensione del tumore. Ma padre Candido, sicuro la tranquillizza: – E’ il segno dell’intervento operatorio precedente – le dice.
Alcuni giorni dopo, i medici le annunciano meravigliati, che l’ombra è svanita e Stefano, perfettamente guarito, può lasciare l’ospedale.
Giusto in tempo per portarlo a Bologna, alla cerimonia d’ingresso di padre Candido nella Congregazione dei frati domenicani.
E’ un vero trionfo. Una festa grande!
Dopo quel giorno però, tutto cambia di nuovo.
Padre Candido non si fa trovare. Cerca di evitare le visite perché è gravemente ammalato, ma non vuol farlo sapere. Tutti devono ignorare, eccetto il medico curante, che soffre di un cancro ai polmoni insorto proprio nello stesso punto nel quale il male aveva aggredito Stefano per farlo morire.
E dopo qualche anno, minato da quel male, lo stesso che avrebbe stroncato la vita di Stefano, padre Candido passa oltre questa vita, accompagnato nel dolore dall’Emanuel.
(I documenti che attestano questa guarigione sono conservati dalla famiglia di Stefano)
*
L’offerta di padre Candido, olocausto d’amore e testimone della paternità di Dio, la si comprende nel seguente scritto, frutto di un’adorazione Eucaristica, ritrovato dopo la sua morte.
Piccolo grappolo maturo che rosseggi al sole, così colmo e gonfio di nettare che diventerà sangue nelle mie mani e laverà le scorie del tuo spirito che splenderà al fuoco irresistibile del mio amore, ti prego lasciati torturare dal tuo Dio che ti pensa e ti ricostruisce giorno dopo giorno con infinita pazienza. Sono stato Io ad inventare il lavoro dello spirito. sono Io che sto camminando lungo i filari dei miei prediletti grappoli. Ed oggi mi fermo con passo sicuro davanti a te e sento il profumo della terra; olezzanti di erbe sono i miei piedi che spandono nel campo la mirra della solitudine e del deserto. Sono Io che mi fermo e ti fisso con sguardo profondo quasi a leggerti l’anima al sole meridiano. Sono Io piccolo grappolo rivestito del velluto rosso che attendevi alle tue nozze. Vedo le ferite che come bocche rosseggiano al sole e mi attira lo stillare silenzioso del tuo sangue che dal profondo cuore sale alla superficie per innamorare Colui che tu ami e attendi nel mistero di una mistica morte che non viene mai da quando è cominciata ed esplode in un canto innamorato che mi conquide il cuore. E sto in adorazione ascoltando l’armonia di parole mai dette che mi legano al tralcio armonioso quasi fosse vivo braccio che vuol trattenermi in colloquio infocato di forza misteriosa e mi trattiene e mi devo fermare. Chi sei tu per me grappolo rosso se non l’olocausto, il sogno di un Dio che, ferito nell’anima ferma il suo piede davanti a te? Chi sei nella tua solitudine se non un pensiero che m’ero dimenticato lungo il dissodare il campo del padre mio. Tu sei un segreto che ho lasciato apposta appeso ai filari perché mi cantasse la sinfonia di tempi passati, eterni, non tanto recenti. Vorrei coglierti, spremerti nelle mie mani, sentire il tuo silente martirio per farmi dissetare mentre sta bruciando il mio amore, piccolo grappolo abbandonato per far piacere a Dio. Ti bevo piccolo calice amoroso e ti benedico di aver appagato l’arsura divina di un pellegrino in cerca di pietà. Ora sei in me vivissimo, ti sento come un bimbo abbandonato sul cuore di una madre felice di aver donato tutto; e ti senti ricco e povero perché al risveglio di domani una nuova missione di impegno ti attende. Lo sai che i ministri miei devono essere come me strenui camminatori, martiri d’amore, scaltri operai della Misericordia, insonni lottatori, olocausti sino all’ultima goccia. A volte li uso come acido per purificare, ma li voglio senza guanti perché capiscano che devono giocare sulla loro pelle bruciata e sanguinolente il dono della redenzione dei loro fratelli e figli. Vi voglio mai stanchi, mai fermi, ma operai con l’aratro in mano per fendere in due il male e offrire così al sole di Dio le piaghe del dolore. A te, ora che ho spremuto impaziente e avidamente ho bevuto al calice del cuore tremante e amante, il mio messaggio che scrivo col mio fuoco ardente e purificatore. E se desideri essere docile scalpellerò con i chiodi arrugginiti del Calvario per trarne il volto nuovo di una paternità simile alla mia. So che mi sogni e sei abituato a calcare la strada impervia e crocifiggente del martirio d’amore e della solitudine. Voglio lavorarti fino all’anima. Non desidero che gli amici di viaggio ti dicano frasi banali. Voglio che vedano il Cristo totale in te che porta sulle spalle il pianto, la carne lacerata, l’anima tramortita dal malvagio dei tuoi fratelli. Oggi però voglio che assapori la gioia della nuova paternità per il mio piccolo fiore, quello che ami chiamare il tuo…. Te lo affido come mia proprietà perché per me hai rinunciato alla paternità umana. Tienilo nel tuo cuore, accarezzalo innamorati di lui, di quell’anima limpida. Te lo metto vicino perché gli sia da padre come per me lo fu Giuseppe mio. Il valore della paternità, lo capisci è amare, è essere insonne, è dimenticare per essere lui. E’ la paternità spirituale che è simile a quella di Dio.
*
LA MORTE DI PADRE CANDIDO.
Prima di iniziare a raccontare la morte di padre Candido, ricordiamo che, ordinato sacerdote nel 1959 nella Congregazione dei Missionari del Cuore di Maria, dopo 29 anni, nel 1988, Candido chiede di essere accolto nell’Ordine di san Domenico, dove percorre tutte le tappe, Postulandato e Noviziato, emettendo i voti solenni, a 64 anni, il giorno 11 settembre 1994; data d’inizio del successivo breve racconto, nel quale, con il pronome “lei” si indica la persona che lo ha accompagnato per tutto il tempo della malattia fino al suo ultimo respiro.
*
Anche lei era presente quel giorno, alla cerimonia, ansiosa più degli altri di vederlo finalmente felice. Perché, più degli altri, sapeva bene quanto gli era costato ricominciare coi ragazzi del noviziato, nonostante fosse prete da 30 anni, e quale pena aveva conservato nel segreto del cuore, senza mai dire nulla. Per tutto il viaggio aveva temuto di scorgere ancora sul suo volto quel dolore nascosto. Ma nel vederlo finalmente tanto allegro, gioviale, sereno e fiero, si era rasserenata. Candido aveva distribuito a tutti, radioso in volto, abbracci e sorrisi; un po’ affaticato, ma veramente felice, proprio come colui che dopo una faticosa salita giunge in vista della vetta tanto agognata. E anche lei, quel giorno, come gli altri aveva nutrito nel cuore la speranza che tutto fosse passato, finalmente.
Nei giorni seguenti, però, l’apprensione aveva preso di nuovo il sopravvento quando non si era fatto trovare. E non solo da lei. Come avesse voluto nascondersi, Candido aveva evitato le visite, senza una ragione. Comportamento davvero incomprensibile, per quelli che ben conoscevano la sua carità verso tutti.
Ma non per lei, che aveva insistito, riuscendo infine, a strappargli una visita.
E di nuovo si era messa in viaggio verso il convento, ancor più ansiosa.
Una grande agitazione l’aveva tormentata per tutto il tempo, fino alla porta del convento, oltre la quale, non appena le era apparso, aveva capito. Dietro il sorriso allegro e buono, il suo volto scarno, segnato dal tormento di giorni trascorsi nel dolore, in totale solitudine, senza alcun sollievo, aveva confermato il suo timore.
– Sei pallido – gli aveva detto lei, incapace di celare il dispiacere.
– Sono solo un po’ stanco – le aveva risposto Candido – E’ solo una polmonite non preoccuparti.
Ma lei, accompagnandolo alla cella, aveva insistito, con tante domande.
E alla fine lui, costretto da tanta amorevole tenacia,
– Non vedo un dottore da oltre un mese – aveva ammesso.
A quella notizia, mossa da una profonda indignazione scaturita in lei dal profondo dell’anima, aveva continuato, senza sosta, fino a convincerlo a tornare al paese per curarsi.
– L’aria di casa di aiuterà. Ti rimetterai in salute, vedrai. Appena arriviamo a casa telefono a Flavia. Ti visiterà lei – gli aveva detto.
E alla fine Candido aveva ceduto.
Si era lasciato portare al paese, dove aveva ricevuto le cure, tornando in convento dopo un breve periodo, più riposato e meno sciupato in volto.
Erano bastati pochi giorni. Sembrava proprio si fosse ripreso dalla malattia. E di nuovo lei aveva sperato. Ma, a metà novembre, tutto era crollato di nuovo.
La telefonata di Flavia non aveva lasciato scampo:
– Candido è grave! Ha un tumore! Gli restano due mesi di vita!
Come una tempesta furiosa giunta all’improvviso, quell’annuncio l’aveva travolta spezzandole il respiro, ma non si era lasciata vincere, e subito l’aveva chiamato, al telefono, senza dir nulla ovviamente, per chiedergli come stava.
– E’ una ricaduta della polmonite – le aveva detto lui, cercando di non tradire la fatica del respiro nella voce, per tranquillizzarla. Lei però, non si era fatta vincere, e lo aveva esortato a tornare a casa per curarsi, senza tuttavia ottenere il suo consenso. Anche i giorni successivi lo aveva cercato, con insistenza, continuato a reiterare l’esortazione a tornare a casa. Respinta ogni volta da lui con dolcezza e amore, come faceva sempre quando lo straziava un grande dolore. Candido sembrava ormai deciso a far precipitare il suo ultimo tempo di vita in un’assenza incolmabile.
Ma dopo pochi giorni, era giunta, del tutto inattesa, la sua telefonata.
Le chiedeva aiuto.
E lei era ripartita, subito, preoccupata e allarmata al pensiero dell’inevitabile progresso di quella malattia terribile, questa volta senza apprensione perché ormai sapeva cosa fare.
– Metti un cappotto. Fa freddo e piove – lo aveva esortato dopo averlo aiutato a preparare la grossa valigia.
Candido non si era mosso subito. Prima di lasciare la cella si era guardato lungamente intorno come volesse cercare un’ombra nascosta, poi erano scesi in chiesa, dove si era inginocchiato all’altare maggiore che lui stesso aveva offerto al convento solo tre mesi prima, proprio il giorno della sua vestizione. E lei lo aveva atteso, ansiosa solo di uscire da lì.
Le importava unicamente riportarlo a casa, essergli vicina, proteggerlo, combattere con lui, e accompagnarlo nella malattia, senza far domande, perché continuasse a vivere nella terra natia, là dove la Madonna gli aveva confermato, per bocca di Adelaide, la vocazione sacerdotale. Per questo, aveva preparato una stanza ben arredata, sotto il tetto, come una cella: con un letto, un armadio, la statua della Madonna del Rosario e un tavolino bianco per dire la Messa.
Durante il viaggio di ritorno, Candido le aveva espresso il desiderio di poter avere un cagnolino per compagnia, come Lilly, che aveva sepolto con tanto dolore nella terra di Ari, e, arrivati a casa, le aveva domandato una gran croce sulla quale incollare le decine e decine di piccole reliquie di santi martiri raccolte nei suoi pellegrinaggi.
Quel lavoro, Candido l’aveva iniziato subito, inginocchiato sul pavimento della sua nuova cella, pregando il santo Rosario, col saio bianco di san Domenico, celebrando poi, la Messa, sul piccolo tavolo bianco, coi famigliari, sempre dinnanzi a quella croce, nella quale, il mistero della sua malattia, giorno dopo giorno, si era svelato:
quella croce rappresentava simbolicamente lo spazio sacro della grande storia della Chiesa, segnata dall’immenso sacrificio di tanti martiri, al quale Candido univa il proprio sacrificio, morendo, giorno dopo giorno, insieme a loro.
E lei, vedendolo pregare e soffrire dinnanzi a quella gran croce, giorno dopo giorno, col progredire della malattia, costretta ad avvicinarsi sempre più al suo corpo, aveva capito che doveva accompagnarlo, nella testimonianza di quel grande mistero d’amore, come una madre, a immagine della Madre Dolorosa che accompagna il Cristo alla Croce. Poiché quel corpo non era un corpo qualunque, ma il corpo di un altro Cristo, destinato al Calvario per la salvezza dei peccatori, e poi abitare coi vergini del Cielo.
Verità questa, che si è rivelata in tutta evidenza nei giorni precedenti la sua morte.
Molte volte in quegli ultimi giorni, seduto sulla carrozzina, guardando la finestra, gli occhi persi al cielo sopra la morena, Candido aveva continuato a ripetere: “Portami a casa! Portami a casa! Portami a casa!”.
Lei non capiva, e inutilmente chiedeva.
Sol quando, nella sua ultima settimana di vita, non riuscendo più ad alzarsi, si era preparato a lasciare il proprio corpo alla terra, e un gran profumo di fiori, di gigli in particolare, aveva riempito quella stanza, tutto si era chiarito. Quel profumo di gigli era rimasto nella stanza per tutta quella settimana e in quel profumo di gigli Candido aveva esalato l’ultimo respiro.
Era il segno della presenza della Madre Immacolata scesa in quella povera stanza per condurlo nell’ultimo tratto della via dolorosa fino alla Croce e dalla Croce in Paradiso.
In quei giorni era arrivata anche Adelaide a salutarlo.
Rimasta sola con lui nella stanza, nessuno, ovviamente, ha sentito quel che si sono detti.
Ma di certo non si può dubitare che col pensiero Adelaide gli ha chiesto di attenderla là dove la Madonna, attraverso di lei, gli aveva confermato la sua vocazione sacerdotale, perché poi, da lì, sarebbero saliti al fontanile dedicato ai santi martiri Quirico e Giulitta, e poi, su per la morena, fra arbusti e rovi di robinie e more, fino al ponticello sul canale, e poi ancora, di corsa, lungo il sentiero nel bosco, fino al grande prato dinnanzi al suo casolare, attesi dai bambini martiri per consacrare, col Fanciullo Gesù e la Mamma, la loro meravigliosa storia d’amore, scritta eternamente in Cielo, Che in quel prato li aveva uniti per sempre.
*
Di seguito si trascrivono le parole di padre Candido raccolte da un’anima religiosa, una settimana prima della morte.
Gesù! Gesù! Madre del dolore, sta per finire la passione, è l’ora dello spogliamento.
Gesù, l’uomo è solo con te.
Gesù! Quanti Giuda!
Solo, sempre solo, sempre solo, coi propri peccati, Gesù, sempre solo con Te, solo con Te!
Risorgerò! Sì, risorgerò!
E’ l’ora dello spogliamento. Solo la solitudine. Gesù saremo soli.
Il profumo, Voi lo sentite, devo fare la volontà di mio Padre. Gesù, solo con Tuo Padre, solo con Voi. Sono solo aiutami! Solo, nel dolore, c’è sempre Gesù.
Mamma mia! Solo, solo, solo!
Misericordioso Padre, quanto sei buono, io faccio sempre la tua volontà. Fino in fondo la miseria del peccato, così ora legami, portatemi a casa di mio Padre,
slegatemi…
*
Testimonianza del suo “angelo custode”
Due giorni prima di morire, padre Candido mi ha chiamato vicino al capezzale, mi ha preso il capo nelle sue mani e mi ha benedetto, dicendomi:
“Ti do la responsabilità come medico di Misericordia di essere come prima di seguire l’arcobaleno. Ti lascio la traccia della divina Misericordia. Piano, piano metteremo tutto a posto con la volontà di Dio”.
E poi guardandomi, disse:
“Ama, ama, ama, tutto e tutti”.
Padre Candido mi chiamava sempre: il mio angelo custode.
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CROCE COMPOSTA DA PADRE CANDIDO CON RELIQUIE DI SANTI
* * *
IL DOLORE INNOCENTE, sorgente della vocazione sacerdotale di Candido e religiosa di Adelaide.
Dopo avere evidenziato la devozione di Candido a sant’Antonio Maria Claret e Giovanni Bosco, e la grande venerazione per san Luigi Gonzaga fonte cristallina della sua anima sacerdotale, cerchiamo di scoprire la radice profonda della sua vocazione, sentita fin dalla fanciullezza e confermata dalla santa Vergine nella seconda apparizione ad Adelaide, del 14 maggio 1944;
nella prima parte della quale la santa Vergine dice ad Adelaide che si farà suora Sacramentina, mentre nella seconda parte, attraverso Adelaide, la santa Vergine conferma a Candido che sarà Sacerdote Missionario secondo il suo Sacro Cuore.
Il racconto, scritto da Adelaide nel suo diario, appare davvero sconcertante.
Innanzitutto colpisce la gioia provata da Adelaide dopo la predizione della santa Vergine che le preannuncia una vita di sofferenza.
Scrive Adelaide:
«…Tra il quattordicesimo e quindicesimo anno, ti farai suora Sacramentina. Soffrirai molto, ma non piangere perché dopo verrai con me in Paradiso”. Poi lentamente si allontanò e scomparve come la sera prima. Sentivo nel cuore tanta gioia per le brevi parole della Madonna e, nella mia mente, era chiaro e preciso il ricordo della sua dolce presenza».
Questo brano del diario non può non destare nel lettore un grande sconcerto, perché è indubbiamente difficile capire per quale ragione Adelaide, bambina di sette anni, abbia potuto provare tanta gioia nel cuore dopo le parole della santa Vergine, che le prefigura un’esistenza di dolore e le dice anche di non piangere.
Ma ancor più sorprende la seconda parte del racconto, nel quale è del tutto evidente la ben strana arrendevolezza di Adelaide alla richiesta di Candido, arrivato di corsa a chiedere che la santa Vergine le appaia un’altra volta.
Così infatti, continua, Adelaide:
«Ritornai con le mie compagne verso l’oratorio: a metà strada incontrammo un buon ragazzo di nome Candido, che m’interroga. Alla mia affermazione di aver visto la Madonna, egli ansioso, mi disse: “Prova ancora a vedere se ti appare e domandale se io potrò essere sacerdote consacrandomi a Lei”. In fretta ritornai sul posto, guardai in cielo con la speranza che la Madonna ritornasse».
Stupisce che Adelaide inverta il cammino senza chiedere nulla a Candido, per tornare con lui al luogo delle apparizioni.
E ancor più che la stessa santa Vergine assecondi la richiesta di Candido e si mostri una seconda volta ad Adelaide per confermare il desiderio di Candido di farsi sacerdote.
Scrive ancora Adelaide:
«Infatti poco dopo pochi minuti si manifestò di nuovo la bella presenza della cara Madonna alla quale espressi il desiderio di Candido, presente alla Sua nuova visita. Essa con voce soave e materna mi rispose: “Sì, egli si farà sacerdote missionario secondo il mio Sacro Cuore, quando la guerra sarà terminata”. Detto questo lentamente scomparve. Terminata la visione sentii tirarmi il grembiule dal ragazzo il quale, ansioso, mi chiese cosa aveva risposto la Madonna. Quando gli ripetei le parole della Madonna egli corse felice a dirlo a sua mamma. Ritornai a casa con le mie compagne e nel mio cuore sentivo una grande gioia»
A una prima lettura, i due brani appaiono davvero sconcertanti.
Ma una lettura più attenta permette di intravedere, in tutta evidenza, un intimo legame spirituale fra Adelaide e Candido, che consente ad Adelaide, di provare una grande gioia al pensiero di un’esistenza di dolore, e poi di acconsentire alla richiesta di Candido senza domandare nulla.
Adelaide, scontrosa, dal carattere fermo e deciso, avrebbe di certo respinto immediatamente la richiesta di Candido se non avesse ben conosciuto il suo desiderio di essere prete, sentendolo in perfetta sintonia col proprio desiderio di essere suora,
come confermerà la santa Vergine, che le appare di nuovo per unirla a Candido nella stessa Missione Eucaristica: Candido come prete e Adelaide come suora.
Una traccia di questo legame nascosto la troviamo nella lettera di Candido seminarista a padre Felice Murachelli, del 10 ottobre 1957, nella quale Candido, aprendo uno spiraglio di luce sull’origine della sua vocazione sacerdotale, scrive:
«Lei mi ricorda il tempo trascorso insieme e mi fa vivere, almeno per brevi istanti la vita di fanciullo. Io credo che allora ero più buono, benché una ne facessi e un’altra ne pensassi: ricordi di giorni sereni e felici in cui cantavo tutto il giorno senza stancarmi, in cui mi facevo i mei altarini e celebravo le mie messe in cui costringevo mia mamma a rispondere alle domande e tante altre cose che sono chiuse entro il mio cuore, le quali gettano uno sprazzo di luce sulla mia vita quando la prova bussa alla porta».
A lungo ci siamo domandati cosa contenessero queste “tante altre cose” conservate da Candido come pietre preziose di un gran tesoro racchiuso nella sua anima.
scorgendo una luce molto chiara nel vederlo inginocchiato nell’erba, accanto ad Adelaide inginocchiata dentro la carriola, condividere la corona del rosario con lei, uniti nella fiducia, spinta oltre ogni limite, che il Cielo esaudisse la loro preghiera.
In quell’accordo ci è parso cogliere un forte e consolidato legame spirituale fra loro, e una storia nascosta,
che si è sempre più chiaramente dipanata in una lunga raccolta di testimonianze fino alla rivelazione della stessa Adelaide offerta nei suoi ultimi giorni di vita,
affinché si potesse conoscere la grande santità di Candido (tanto miseramente denigrato e obliato) dal quale, ora possiamo con certezza affermarlo, è sorta la vocazione religiosa di Adelaide,
confermata e definita dalla santa Vergine nella seconda apparizione del 14 maggio 1944, insieme a quella dello stesso Candido.
E a tal fine, rispettosi delle ultime volontà di Adelaide,
riveliamo l’origine della storia meravigliosa in cui nasce la vocazione di Adelaide e il connubio spirituale che la unirà a Candido per tutta la vita, oltre questa vita.
*
Tutto inizia un giorno del tempo d’Avvento.
Proprio quel giorno Candido scende dal suo casolare, che si trova nel fitto di un bosco sopra il villaggio di Ghiaie, al cascinale di Adelaide.
«Sono Candido!» si presenta, bussando alla porta, e quando poi si trova Adelaide davanti, le dice:
«Vieni con me! Dei bambini ti cercano».
Adelaide lo conosce appena, ma non è sorpresa da quello strano invito, e senza far domande lo segue, correndo dietro a lui nella piazzetta, e poi lungo il viottolo stretto e accidentato verso la campagna digradante al Brembo, e poi ancora sul sentiero che sale per la morena fra arbusti e rovi di robinie e more, superando infine, il ponticello sul canale, oltre il quale corre con lui lungo un sentiero pianeggiante, fino a un grande prato;
dinnanzi al quale, improvvisamente, si ferma stupita, non solo nel vederlo affollato di bambini che non conosce, ma anche perché quei bambini, come avessero atteso il suo arrivo, le vanno incontro festanti, e poi la circondano, sospingendola, tutti insieme, dentro un bosco, dinnanzi a un grosso tronco spezzato di betulla, sul quale vede del pane duro e un grembiule nero, che Candido afferra e indossa, come fosse una veste talare per disporsi a dire Messa.
Adelaide non è sorpresa dal comportamento di Candido, perché sa, come tutti al villaggio e in Parrocchia, che vuol farsi prete, ma la sconcertano tutti quei bambini. Non comprende proprio, perché siano corsi incontro a lei.
Solo Candido potrebbe aiutarla a capire, visto ch’è sceso al suo casolare per condurla da loro.
Ma, ancora, non fa domande, e partecipa con loro alla Messa, che Candido celebra sul quel tronco di betulla, comprendendo alla fine, quando riceve dalle mani di Candido un pezzetto di pane duro, come un’Ostia consacrata,
che quei bambini hanno mandato Candido a chiamarla per farle capire, proprio il giorno del suo compleanno, quel che sempre aveva sentito nel cuore. Ovvero che lei è nata per essere suora, come Candido è nato per essere prete.
Da quel giorno, accompagnata dalle sue piccole amiche, Adelaide salirà molte volte in quel prato per partecipare, nel bosco, alla Messa di Candido, prima e dopo la quale reciteranno sempre il rosario, pregando e cantando coi bambini del Cielo, molti dei quali si mostreranno abbigliati con la divisa a righe verticali bianche e azzurre dei lager.
E con loro, il giorno dell’Immacolata, utilizzando piccoli tronchi e rametti rivestiti di foglie, Candido e Adelaide allestiranno il presepe;
dinnanzi al quale, i bambini del Cielo confideranno, ad Adelaide e a Candido, le grandi sofferenze patite a causa della guerra,nei campi di sterminio, schiacciati e smembrati nel crollo di case e scuole distrutte dai bombardamenti, colpiti dalle armi da fuoco, strappati alla vita con mezzi atroci, appena nati e ancor prima di nascere.
*
Una sublime verità finora ignorata ci viene dunque donata da Adelaide stessa, come frutto del lungo e atroce martirio sofferto per tutta la vita.
- La “piccola martire” – come la santa Vergine chiamerà Adelaide – riceve la vocazione in tenera età, dai bambini martiri del Cielo,
- che la porranno, secondo il disegno della Divina Provvidenza, come una piccola suora al fianco di Candido piccolo sacerdote, anch’egli martire,
- per formare, con lui e insieme a loro, nella celebrazione del santo Sacrificio Eucaristico, una grande Chiesa,
- nella quale possiamo scorgere, fin d’ora, come il sorgere della Chiesa dei Santi Innocenti, che offrono, nel santo Sacrificio Eucaristico, il loro dolore innocente per la salvezza delle anime.
E perciò comprendere che
- Adelaide e Candido, destinati al martirio, sono chiamati dal Cielo, fin dai primi anni della loro vita, ad essere testimoni nel mondo della Chiesa dei martiri, sempiterna vera Chiesa di Dio,
- mirabilmente simboleggiata, nella terza apparizione del 15 maggio 1944, dalle miriadi di stelline risplendenti sull’abito rosa di Gesù Bambino, figure dei piccoli martiri di tutti i tempi membri del Corpo di Cristo,
CHE E’ LA CHIESA,
rappresentata, in quell’apparizione, dal vestito rosa del Bambino Gesù, colore della carne, assunta dal Verbo di Dio nel seno della santa Vergine Maria, per essere martirizzata al fine di redimere l’uomo dal peccato e vincere la morte, .
*
Per questo la Santa Vergine appare il giorno precedente, 14 maggio 1944, in due momenti successivi,
chiamando Adelaide e Candido a due Missioni Eucaristiche, compenetrate entrambe nel proprio Cuore Immacolato, affinché nel loro sacro connubio destinato al martirio, potesse trasparire il sublime Connubio d’Amore che l’ha unita al Verbo di Dio, a formare la coppia dell’Incarnazione,
da cui nasce la Chiesa e proviene, per mezzo del santo Sacrificio di Cristo con la partecipazione della santa Vergine, sua Madre e Sposa, la Redenzione dal peccato, la Vittoria sulla morte, e l’Unità fra il Cielo e la terra nelle nozze ultime fra Cristo e la Chiesa, tema fondamentale delle apparizioni.
*
Dopo questo racconto non sorprende più la gioia provata da Adelaide dopo la predizione della santa Vergine che le preannuncia una vita di sofferenza, nemmeno la sua arrendevolezza alla richiesta di Candido, arrivato di corsa a chiedere che la santa Vergine le appaia un’altra volta, e tantomeno sorprende che la stessa santa Vergine si mostri una seconda volta ad Adelaide per confermare il desiderio di Candido di farsi sacerdote dopo averle detto che si sarebbe fatta suora Sacramentina.
La storia che ha unito quel giorno Adelaide e Candido in una grande Missione Eucaristica, è stata disegnata fin da Principio dalla Divina Provvidenza, come prologo della grande storia delle apparizioni di Ghiaie.
E come non vedere allora,
proprio quel giorno, in quel frammento di terra benedetto dal Cielo, attorno ad Adelaide e Candido la moltitudine di bambini martiri scesi dal Cielo; ai quali, giorno dopo giorno, si uniranno, come una vera marea, tantissimi bambini sofferenti, arrivati da ogni parte con la folla sempre più straripante,
ad estendere, in un unico immenso DOLORE INNOCENTE, in unità con l’Agnello Immolato, la Chiesa dei Santi Martiri Innocenti!
*
Di seguito si offrono immagini del “paradiso nascosto”, nel quale, alla fonte di grazia del DOLORE INNOCENTE, è sorta l’unità d’amore, in Cristo e nella santa Vergine, che legherà Candido e Adelaide per tutta la vita, oltre la vita.
casolare natio di padre Candido
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CRONACA DI UN MIRACOLO (quando Candido era parroco di Ari)
Riportiamo il racconto di un papà che ha ottenuto la guarigione del figlio grazie all’intercessione della santa Vergine nella parrocchia di Ari.
Per comprenderlo occorre:
- ricordare le parole che padre Pio aveva detto al giovane prete don Candido in occasione di un pellegrinaggio con altri giovani preti, partiti da Roma per San Giovanni Rotondo. In quell’occasione, Candido viene chiamato da padre Pio, che lo attende sfilandosi un guanto per donarglielo, come farà quando Candido sarà dinnanzi a lui, dicendogli: tu sarai Missionario della Misericordia, a conferma della profezia della santa Vergine comunicata ad Adelaide nella seconda apparizione di Ghiaie il 14 maggio 1944 (“egli si farà Sacerdote Missionario secondo il mio Sacro Cuore”);
- e tener presente i seguenti dati biografici: Candido nel 1959 riceve l’ordinazione sacerdotale. Viene inviato a Palermo come vice parroco, e dopo un intervallo di due anni, dal 1963 al 1965, trascorso come insegnante nel nuovo Seminario di Lierna sul lago di Lecco, torna alla cura d’anime, dapprima nella diocesi di L’Aquila, in seguito nella diocesi di Rieti e infine in quella di Lanciano, come parroco della piccola comunità di Ari dove rimane fino al 1988, per diciassette anni. In questo periodo, nonostante l’isolamento e la solitudine, don Candido è conosciuto ed amato da tante persone per il suo zelo, i carismi ricevuti da Dio, la diffusione dei gruppi di preghiera e soprattutto per la sua dedizione verso tutti. Dalla sua “mano” sacerdotale colma dello Spirito di Dio molti hanno ricevuto grazie e benefici, tanto che alcuni pellegrini, diretti a San Giovanni Rotondo, da padre Pio, fanno tappa ad Ari per poterlo conoscere. Padre Candido ha trasformato questa piccola parrocchia in un giardino profumato e accogliente, la canonica in una “casa della Salute“, come egli stesso la chiama per indicare la presenza costante della Madonna come “Madre della Misericordia“.
Prima di riportare il racconto (raccolto vent’anni or sono in un viaggio ad Ari sulle orme di Candido), che illumina l’apostolato mariano di Candido in favore dei sofferenti, ricordiamo la plasmazione miracolosa della stessa statua della Vergine del Santo Rosario di cui si parla nel racconto.
Candido aveva commissionato la statua della Vergine del Rosario a un artigiano di Bari specialista in immagini sacre, che procrastinava continuamente il lavoro perché, inspiegabilmente, non riusciva a finire l’opera. Candido lo sollecitava, ma lui, ogni volta, rammaricandosi, diceva a Candido che “il volto della Madonna gli veniva sempre male”. Trascorsero così, ben sette mesi, finché una mattina, questo artigiano, telefona a Candido e con voce tremante per la commozione gli rivela che quella mattina, svegliandosi, aveva trovato il volto della Madonna completamente e splendidamente modellato.
Oltre al miracolo testimoniato nel racconto, si ricordano molte guarigioni ottenute grazie all’intercessione della santa Vergine del Rosario di Ari, come quella di Anita d’Alessandro, docente di matematica, ricoverata nella seconda Cinica Chirurgica dell’Università di Bologna perché affetta da pancreatite emorragica necrotica, e rimandata a casa con un esito infausto, che supera miracolosamente bevendo un cucchiaino di olio santo collocato ai piedi della statua della Vergine del Rosario.
La Chiesa di Ari è diventata così Luogo santo della Misericordia, meta di pellegrinaggi, e transito per i viaggiatori diretti a San Giovanni Rotondo, che uniranno provvidenzialmente Candido a padre Pio.
CRONACA DI UN MIRACOLO
PREFAZIONE
O Vergine SS del S. Rosario di Ari per la tua materna protezione verso mio figlio Luigi, e voglia essere questa cronaca testimonianza viva di filiale amore per Te.
Tu che hai steso il tuo manto misericordioso, non permettere che mai più ci allontaniamo da Te.
Chi ti invoca, anche se peccatore non viene abbandonato, e questa Grazia ne sia prova tangibile, anche se la penna non potrà descrivere ciò che il cuore prova.
Grazie, o Vergine Madre! Grazie non solo per avermi esaudito, ma soprattutto di saperti vicino a me, ai miei cari e di averti offerta come nostra guida in questa vita terrena.
Masucci Michele.
Luigi, mio figlio, è nato il 5/7/ 1974.
Che la Vergine del S. Rosario avesse steso il suo manto di protezione verso questa creatura si può dire che lo abbia fatto al momento stesso della sua nascita. Infatti, subito dopo il primo giorno di vita è stato necessario trasportarlo dall’Ospedale civile “SS. Annunziata” di Chieti, dov’era nato, al Brefotrofio con la seguente diagnosi: sepsi mentale.
Ivi giunto fu subito messo in incubatrice. Le sue condizioni tuttavia, erano sempre peggiori, tanto da richiedere come da cartella clinica N° 850/74, una emotrasfusione. A questo punto, data la mia lontananza dalla famiglia a causa del lavoro, venivo raggiunto da una telefonata di mia moglie: “Michele, vieni subito, il cappellano vuole somministrare il S. Battesimo al piccolo Luigi”.
Immediatamente parto col primo treno.
“Ho perso mio figlio”. Erano queste le sole parole che fra me dicevo seduto in uno scompartimento del treno che mi portava a Chieti.
“Lo trovo vivo o morto?”
Quanto tempo ci voleva per arrivare! Non passava mai. Il pensiero era fisso, il tempo fermo. Ogni stazione sembrava non giungere mai.
Finalmente a Chieti. C’è o c’era Luigi? Dio! Il mio unico bambino!
Appena giunto trovo mia moglie in lacrime. Urge il S. Battesimo. Nella cameretta dell’incubatrice ci sono tre bimbi. Entra un’infermiera e il cappellano. Inizia il S. Rito. I miei occhi e quelli di mia moglie sono fissi a guardare Luigi attraverso i vetri. Inerme! Pallido! E’ la fine.
“Michele!” Essa grida di colpo, “è morto”! Le faccio coraggio.
“il S. Battesimo si somministra sotto condizione, perché pare sia già morto. E’ ancora vivo non temere”
Così è. La Madonna, senza che noi ce ne accorgessimo veglia su di lui. Abbiamo invocato insieme la Madonna del S. Rosario.
Lentamente, ma gradatamente, migliora. Infatti alla vigilia di una grande giornata a Lei dedicata, l’Assunzione, Luigi viene dimesso. Il bimbo, finalmente, entra per la prima volta nella sua e nostra casa. Non sembra vero ma è così. La gioia è tornata sui nostri volti. Il bimbo cresce sano e robusto. La nascita così travagliata non è che un triste ricordo.
Ma un altro agguato è vicino. Ultimo giorno dell’anno 1974. Luigi ha sei mesi. Dorme placido nella sua culla. Io, mia moglie, i miei suoceri, mia cognata, e i nipotini aspettiamo ansiosi il nuovo anno. Sarà un anno felice e di gioia? Noi tutti lo brindiamo facendoci questi auguri. Lo abbiamo atteso e salutato col sorriso sulle labbra. Ora possiamo andare a letto.
Un lampo, mentre osservo Luigi dormire, e mi appare quel Luglio appena trascorso. Ma no! E’ passato, non bisogna pensarci, il 1975 sarà differente. Mi addormento. Mia moglie mi sveglia concitata. Quante ore sono passate? Due! Due ore dell’anno 1975.
“Cosa c’è?” dico.
“Luigi respira con affanno, come se avesse un nodo alla gola”.
Mi alzo. La situazione mi sembra grave. Il respiro gli viene meno. Chiamo un vicino di casa, Fosco Benito, illustrandogli la situazione e pregandolo di accompagnarci dal medico con la sua macchina. Immediatamente andiamo dal dottor Italo Porfilio.
“Non c’è tempo da perdere, sveglia il farmacista e fatti dare queste gocce. Danne subito tre e porta d’urgenza il piccolo all’Ospedale.
Ci precipitiamo dal farmacista dottor Aurelio D’Amelio.
“Michele queste gocce (celestone) mi mancano”.
“Dottore mi dia qualcosa che possano sostituirle”
La Madonna nascosta e silenziosa è lì. Mentre il farmacista abbassa gli occhi per trovare qualche altro medicinale, ecco accorgersi dell’esistenza del farmaco richiesto. L’amico Fosco, di cui avrò sempre immensa gratitudine, ci conduce all’Ospedale pediatrico di Chieti.
Invochiamo la Madonna del S. Rosario.
Ho paura di non arrivare anche perché il Fosco ha il braccio destro ingessato. Poveretto! Non pensa a nulla. Il respiro si fa sempre più affannoso. Mia cognata, che amorevolmente ce l’ha tra le braccia, pensa, in un attimo che sia la fine. Giungiamo in tempo. Il medico di guardia nel vedere Luigi, pratica subito le cure del caso mettendolo così fuori pericolo. Dopo un dieci minuti, venendo verso di noi e vedendo il Fosco ingessato esclama: “Come avete fatto a portarlo in vita fin qui? (si tenga presente che il paese di mia moglie dista da Chieti 21 Km. e il tutto è curvo e salite).
Sono parole che solo dopo saprò spiegarmi.
Dalla cartella clinica N° 55/75 del suo ricovero, la diagnosi risulta: Laringoplasmo.
Neppure il 1975 sembra essere benigno. Il 5 gennaio viene dimesso. Voglio ringraziare la madonna e senza pensarci due volte, il giorno seguente, nella rappresentazione del presepe vivente, egli è il Bambino Gesù.
Passa qualche mese e un male mortale, la salmonellosi inizia ad allarmare le famiglie. Alla fine di febbraio il suo terzo ricovero. Dalla cartella clinica N° 299/75 si legge la seguente diagnosi: Laringite-Salmonellosi. Tuttavi l’entità del male almeno per lui non sembra impensierire tanto. Il 5 marzo è nuovamente dimesso. Da questo momento finalmente sembra che Luigi abbia finito di soffrire. Non ha più bisogno di ricoveri né di medicine. Egli cresce sano. Il passato non è che un triste ricordo nella mia mente. Ma ciò che brilla è tutt’oro? A volte no!
Dicevo, il bimbo cresce sano, ma qualcosa attirava la mia attenzione: la testa. Infatti il cranio, al contrario del fisico, era di una dimensione molto grande. Subito e periodicamente porto Luigi a tutti i controlli, a diversi medici, per accertarmi del caso. La risposta che i luminari della medicina mi davano era unica: con la crescita tutto sarebbe tornato normale. Sembrava, questa, una risposta troppo evasiva, tanto da aggravare sempre più i miei pensieri. Era realmente così? Non poteva essere, anche perché ben presto si sarebbero aggiunte le cadute.
Cos’erano queste cadute? Luigi in un arco della giornata per una decina di volte, e per alcuni secondi, rimaneva inerme e impallidiva e tremando cadeva bocconi a terra. Erano attimi strazianti. Il suo volto era sempre echimotoso. Per ben due anni ero stato come barelliere a Lourdes e qualcosa del genere l’avevo visto a una giovane donna: epilessia. No! Non può essere. Giro altri medici e specialisti: il ragazzo è sano. E’ quasi un anno che la situazione si protrae avanti così. Le cadute sono sempre più frequenti. Non ne posso più. Il cuore di un padre è più dei giudizi dei medici. Richiedo a questo punto che mio figlio venga ricoverato e sottoposto a tutte le visite mediche specialistiche e soprattutto all’esame elettroencefalogramma. Non mi appagano più le solite visite.
Dalla scheda informativa, facente parte della cartella clinica N° 808/76 la diagnosi non viene riportata, pur tuttavia, dagli esami che invece ne vengono riportati si legge: EEC (elettroencefalogramma): netti segni di comizialità centroencefalico. Visita menologica: tenuto conto della condizione idrocefalica, si consigliano accertamenti in reparto neurochirurgico.
Subito dopo questi primi esami il professore mi chiama nel suo studio e facendomi vedere la diagnosi sulla cartella: sospetta epilessia, mi dice: “Non possiamo far niente deve ricoverare il ragazzo in un Ospedale specializzato”. Dio mio ciò che non volevo pensare e sentire, forse è. E’ il 30 giugno e Luigi viene dimesso. Immediatamente telefono a Milano a mio cugino, ora dottore, Luigi Amoroso, e gli spiego il tutto. “Spediscimi tutta la documentazione e la presenterò al Professor dottor Marassero, Primario della Clinica Neochirurgica Beretta, e ti darò qualche risposta”. “Ti avverto” aveva inoltre detto, “che i ricoveri sono molto difficili. Gli Ospedali sono pieni e solo con le autoambulanze, a volte ci si riesce ad essere ricoverati, altrimenti devi aspettare”.
Mi facevo rilasciare le fotocopie della clinica e con espresso N° 2243 del 1 Luglio 1976 parte la documentazione. Luglio, ancora Luglio!
La risposta di mio cugino non si fa attendere, Anzi, date le condizioni rilevate dal professor Marassero, egli crede opportuno telefonarmi:
“Parti immediatamente!”
Così prendo mia moglie e Luigi e l’8 Luglio 1976 alle ore 9 siamo in Clinica. Il Professore mi riceve nel suo studio, mentre il piccolo viene portato ai primi accertamenti. Mia moglie è irriconoscibile. Il cuore di mamma è forte, ma il dolore debella il fisico. Ancora ella non sa di cosa è realmente affetto Luigi. Mai le ho detto la verità solo io so di quale e che entità è la malattia. Il mio cuore è straziato, pur tuttavia devo celare tutto, non posso parlare. Il mio cuore è uno scrigno che conserva un segreto molto amaro. Conforto mia moglie, mi dò forza, ma appena sono solo sfogo con il pianto. Ma quante lacrime possono uscire quando neppure quelle vi sono più? Il mio Luigi è nelle mani della medicina. Ho fiducia pur sapendo che nulla posso fare. E allora? Solo Lei può aiutarmi. Solo Lei la Vergine del S. Rosario di Ari.
Telefono a D. Candido, il nostro Parroco e primo devoto.
“Pregate” dico “pregate la Madonna di stendere la Sua protezione sopra di lui”.
Io sono un peccatore, indegno di ricevere grazie, ma egli è anima innocente. Suo Figlio Gesù amava i bambini, non può Ella non avere pietà di Luigi. Il tempo passa, le condizioni permangono stazionarie. Le mie forze pian piano vengono meno. Ciò che maggiormente è causa di abbattimento è di soffrire in silenzio. Non posso parlare con mia moglie. Non può sapere le vere condizioni di suo figlio. Solo la sera riesco a sfogare. Sì, solo allora, quando sono a casa di mia zia. Ella mi ha accolto come figlio e soffre con me. Quanto si è prodigata? Quanta ricompensa merita? Che la Vergine del S. Rosario ti stia sempre vicina e ti ricompensi per me.
Ma se lei è stata come una mamma, un’altra persona che l’ha cresciuta come figlia, è stata il mio sostegno morale. Una persona che la Madonna ha voluto, date le circostanze, affiancarmi come fulgido esempio di Cristianità e di accettazione amorevole alle avversità della vita. Sì, la Madonna era presente in quella figura umana: Isa! Questo è il suo nome, una giovane madre che la vita terrena aveva dato tutto: bellezza, signorilità, intelligenza, sistemazione economica (lavorava precedentemente all’INPS) e soprattutto amore Cristiano. Ma tutti questi doni effimeri che madre natura le aveva dato, gradatamente avevano lasciato il poeto a un male terribile: Morbo di Parkinson. Terribile male che si era impadronita della Isa come entità fisica, ma che l’avevano fortificata spiritualmente come non mai. Questo morbo aveva fatto di lei una roccia. La sua forza scalfiva il mio dolore e infondeva nuova energia e fiducia a quell’abbandono totale alla Vergine del S. Rosario cui miseramente mi ero prostrato.
Ella doveva ascoltarmi, esaudirmi. Il mio unico e solo pensiero era questo.
Gli accertamenti nel frattempo erano assidui e continui. Gli esiti comunque non erano soddisfacenti. Dopo la scentigrafia cranica il Professore decise di fare la iniezione lombare. Era questo il responso decisivo. Così la mattina Luigi, fu sottoposto a sopportare tanto immenso dolore. Quando lo vidi era in condizioni penose. Non si può descrivere con la penna ciò che la realtà era. A due anni sopportare tanto. Non è possibile. Reggevo a stento a tenermi in piedi.
Questo strazio però, non era che l’antifona di quando, a poche ore di distanza, e cioè verso le diciotto, mi attendeva. Molto agitato mi aggiravo nella corsia in attesa del Professore, che mi avrebbe dato l’esito della lombare. Sono attimi lunghi e interminabili. Finalmente il professore entra nella stanzetta. Il cuore mi batte come non mai. Mia moglie ed io siamo lì. Pallidi, inermi a ciò che sentiremo dire. Mi rendo conto però, che il Professore non vuole parlare in presenza di mia moglie. Le dico di stare vicino al lettino di Luigi, perché deve essere calmo dopo l’iniezione. Mi allontano col cuore in gola.
“Quanti anni ha la signora?”, mi dice.
“Trenta”, replico.
Mi mette allora una mano sulla spalla e ribatte:
“Fate un altro figlio che per Luigi non c’è nulla da fare”.
“Mi dica Professore, cos’ha?”.
Mi guarda impietosito, sa quanto male procura la verità.
“Ha il cervello atrofizzato”.
Solo queste sono le uniche parole che escono dalla sua bocca. Non so come ressi. Una pugnalata mi era stata inferta senza che una goccia di sangue potesse uscire. Lo supplicai di dirmi dove potessi potare Luigi, in Svizzera, o altrove. Mi sarei indebitato, ma Luigi doveva guarire. Ma ancora lui seccamente riprese, dandomi forza, che nulla e più niente era possibile fare. Era la fine! Chiesi allora di voler far dimettere Luigi.
“Domani lo dimetteremo”.
Mi avviai, non so come nella stanza del piccolo. Lui inerme, io fisso a guardarlo. Volevo gettarmi sopra, dar sfogo a quelle poche lacrime che forse potevano ancora uscire dai miei occhi. Tenerlo stretto fra le mie braccia per non più lasciarlo. Ma anche questo sfogo umano era precluso. Mia moglie era lì.
“Che ti ha detto il Professore?”
“Per ora è piccolo e non possono applicare la valvola, per cui domani lo dimettono e gli daremo delle cure da fare a casa. Fra sei mesi si vedrà se sarà possibile fare l’operazione”.
Bugia, santa bugia che ero costretto a dire. Ero lì lì a dare sfogo. Non potevo reggere più ero distrutto.
“Normina” le dissi “io vado a casa e torno domani. Prepara tutto per partire”.
Era una scusa per uscire. Non volevo che potesse accorgersi della verità che il mio scrigno aveva rinchiuso con tanta cattiveria. Finalmente fuori. Il mio corpo era paragonabile a un vulcano nella sua piena attività. Immediatamente cercai un telefono. Telefonai dapprima ai miei genitori, ai quali con voce tremante e velata, nascosi tutta la verità, poi a D. Candido. Con lui il sfogo fu enorme. Chiesi, inconsciamente, di pregare. Dissi tutto ciò che mi era stato detto. Nulla più v’era da fare. La Madonna non esiste, o almeno è insensibile alle mie suppliche. Essere Cristiani è solo patire. A Dio, alla Vergine piace veder soffrire. Non è giustificabile il male a un bambino.
La Fede vacilla. Qualche improperio esce dalle mie labbra. D. Candido mi dà forza, ma ormai sono insensibile. La Vergine del S. Rosario è pura infatuazione. Pochi attimi mi trasformano. Il mio pensiero è sempre rivolto a Luigi e a calpestare la Religione. Piango e cammino. Cammino e piango. Arrivo a casa senza che me ne accorgo. Quanto tempo è passato, non so. Appena mia zia apre la porta di casa, mi butto istintivamente fra le sue braccia piangendo. Non ho parole.
“Cosa c’è?” mi dice.
Non rispondo. Piango, riesco finalmente a calmarmi. Le dico tutto. Il mondo mi è crollato addosso. Ho dato sfogo a tanto lungo silenzio. Isa è sempre lì. Con forza e Fede incrollabile cerca di sostenermi. Il buio della notte non mi coglie nel sonno. Non aspetto che il giorno. Porterò Luigi a casa e nel contempo penserò dove rivolgermi. Non è possibile che nulla si possa fare.
Esco di buon ora. Non so dove andare, so solo di prendere Luigi quanto prima. Giunto in Clinica penso di trovare pronta mia moglie e il bambino e così ripartire, ancora una volta illuso che portare mio figlio, potato fra tanti luminari della scienza potesse guarire. Entrato in camera trovo Luigi ancora nel suo lettino e mia moglie non ancora pronta.
“Non vi siete preparati?”
“Michele, il Professore non lo vuole dimettere, dice che gli devono fare un’altra lombare”.
No! Non può essere. Perché tanto martirio? Mi reco dal Professore. Egli è perplesso per questa atrofia cervicale, essendo Luigi molto vispo. Vuole, quindi, rifare una seconda lombare e la scentigrafia cranica. Bisogna perciò, attendere almeno un’altra settimana pe effettuare questa lombare. Un ulteriore spiraglio? Un’ultima speranza? Mi aggrappo a questo esile filo di possibilità che mi gettano. Prego la Vergine del S. Rosario. Preghiere meccaniche che vogliono strappare a forza ciò che uno non vuole dare.
Si effettua la seconda lombare. Due anni. Due lombari in un arco di sette giorni. Vedere Luigi dopo questa lombare…meglio non descriverlo.
Esito: uguale.
Ancora una volta la Vergine non esisteva, almeno per me. I luminari della medicina avevano fatto tutto. Solo ora, di fronte alla realtà del male, si sono arresi. Ma lei? Cosa ha fatto? Lei dispensatrice di Grazie, non si è neanche degnata di rivolgere uno sguardo su quel bimbo innocente. Come può una Madre non avere cura del figlio? Che male, quali peccati imperdonabili aveva commesso quell’anima innocente? E l’amore che Gesù aveva per quei fanciulli poteva Lei dimenticarlo? Ormai tanti problemi Cristiani non potevano più interessarmi. Dio, se esiste, è all’altro mondo, io sono sulla terra. L’uomo è polvere e polvere tornerà. Allora? Chi è Dio? La Vergine? Enti immaginari e propagandistici per chi intraprende il mestiere (e non la vocazione) di prete. Da una vita, e cioè, sin dall’età di Luigi la mia è un calvario. Ora lo è ancora di più: io e mio figlio. Basta con le preghiere, le suppliche.
Prendo Luigi e vedo il da farsi. Mi dimettono Luigi. E’ il 2 Agosto. E’ passato quasi un mese dal suo ricovero a Milano. Il dottor Francesco M. Crotti mi rilascia una lettera:
20122 MILANO, 2/VIII/76
Dimettiamo in data odierna il bambino Masucci Luigi di anni 2 qui ricoverato il giorno 8/VII per accertamenti. Il piccolo paziente con cranio con dimensioni maggiori della norma ha presentato da circa 4 mesi crisi motorie generalizzate con la frequenza all’inizio di 7 – 8 al giorno, e poi 3 -4, infine, nell’ultimo periodo, cioè da quando è in osservazione, nessuna. I nostri accertamenti hanno evidenziato un tracciato alterato, di tipo epilettico; questo è d’accordo con l’esame pneumoencefalografico che mostra atrofia corticale con dilatazione dei laterali e del 3°. E’ presente pure area di poroencefalia corticale insulare sin. E parasellare sin. Il controllo del flusso liquorale mediante cisternoventricolografia isotopica ha evidenziato tracciato di tipo misto. Per il momento riteniamo di soprassedere all’intervento chirurgico di derivazione liquorale. In ogni caso il bambino va messo in terapia anticomizialesecondo schema. Evidentemente le alterazioni viste alla pneumo sono il risultato di un processo infiammatorio progresso. Riteniamo opportuno sottoporre il bambino alla ripetizione della cisternografia isotopica tra sei mesi circa.
Con ossequi, per il Direttore, dott. Francesco M. Crotti.
Il viaggio della speranza è finito. Alla vigilia dell’Assunzione dell’anno della sua nascita Luigi allietava la casa, oggi a una settimana dalla stessa festa rientra distrutto e con due cuori, mamma e papà, affranti. I miei suoceri e mia cognata non sanno ancora nulla di questo mese infernale trascorso alla Neuro di Milano. Avevano fiducia. Cosa dirgli? Anche qui devo mentire e tacere. Il bimbo deve stare con loro in quanto i medici hanno detto di farlo stare all’aria aperta. Parlare significherebbe far sapere tutta quanta la verità a mia moglie. Ripeto ancora bugiardamente che il bimbo è troppo piccolo per essere sottoposto a un intervento chirurgico, ma deve prendere delle pillole prescrittegli: Luminarette.
La mia esistenza, ormai è un continuo dolore. Saper di aver il figlio cui il responso medico è stato fin troppo chiaro: nulla più v’è da fare. Il lavoro, in più, mi allontanava da lui e dalla famiglia. Potevo vivere in simili condizioni? Ogni quindici giorni che tornavo a casa era la solita risposta:
“Come va Luigi?”
“Sempre lo stesso. Anzi, le cadute continuano e con maggior frequenza”.
Un attimo di sorriso non poteva esistere per me. Ero conscio della reale malattia e quindi nessuna illusione. In casa si parlava della Vergine del S. Rosario, di preghiere, mai avrei voluto ascoltare simili discorsi. Illusi! Nel 2000 credere ancora ai miracoli. Meglio tacere. Non volevo offendere questa loro credibilità Era il cocco della casa ed era giusto che almeno questo predilettismo lo lasciassi vivere, anche se sapevo che era mascherato da pietosismo. Unica soddisfazione che ancora mi restava. Ma da qui a poco avrei dovuto rendermi conto che nessuna pietà esisteva per lui nell’ambito famigliare, ma amore, tanto amore, sorretto da quella Fede che io avevo perso. Da qui a poco, sì!
Una persona che realmente e amorevolmente se lo stringeva a sé, si era corta, forse, dell’entità del male e della nullità della medicina: la zia. Per questo amore materno che nutriva per Luigi, non volevo contraddirla nella Fede. Per lei non esisteva la medicina se non la preghiera. Preghiera assidua a quella della Vergine del Rosario che avrebbe potuto sanare Luigi e dimostrare che, dove non può la medicina, può Lei.
Aveva Fede. Sapeva che la Madonna non sarebbe stata sorda ancora una volta. Avrebbe accettato le sue suppliche. Tuttavia questa Fede riscontrata in lei, non era sufficiente a farmi tornare il credente di una volta. Il peso del dolore di mio figlio era un macigno enorme sulle mie spalle tanto da impedirmi di rialzarmi. Dio, come dicevo, vive in un mondo diverso dal nostro. Nel contempo però, nel vedere questa Fede cieca e sicura, mi rendeva ancor più misero.
Sono tre mesi di continue e martellanti preghiere che mia cognata rivolge alla Mamma Celeste del S. Rosario di Ari. Tanti miracoli ha fatto e questo deve essere un altro anello da aggiungere a sì infinita catena di Grazie. Non è scoramento il suo, ma vuole altre preghiere, altro aiuto.
Credo opportuno allora portare Luigi a D. Candido, vessillo e condottiero instancabile della Vergine del Rosario di Ari, affinché preghi anche lui. Egli è figlio prediletto il Santo Rosario è la sua vita. Il bene per le anime a lui affidate è immenso. Anche delle sue preghiere, quindi, ha bisogno Luigi.
Ma mia moglie si oppone alla sorella di portare Luigi in Chiesa. Portare Luigi è una vergogna. Tutti avrebbero visto delle scene raccapriccianti. Luigi cadeva continuamente. Che avrebbero detto la gente? Quale spettacolo ignobile da presentare a loro! Quindi divieto tassativo di portare il piccolo ai piedi della Madonna.
Mia cognata, che tanto soffre, si ribella. Prende Luigi e lo porta in Chiesa. Parlasse la gente, perché dovrà parlare anche lei.
E’ il 27/9/1976 col bimbo fra le braccia si presenta a D. Candido.
“D. Candido aiutate questo figlio. Il suo caso è straziante. Soffre molto”.
“Non ti perdere di coraggio” ribatte “la Madonna aiuta tutti. Perché non dovrebbe farlo per Luigi?”.
La sua spontaneità, la sua certezza, il suo credo fanno rabbrividire.
La Vergine è la tua guida, D. Candido, Lei ti ha prediletto e fa che il tuo esempio e il tuo amore ci dia una briciola di questa tua Fede!
“Non mi perdo di coraggio” riprende mia cognata “ma cerco altre preghiere da presentare alla Madonna”.
“Iniziamo la novena in Chiesa e poi ungiamolo con l’Olio benedetto. Luigi guarirà”.
Così questo stesso giorno ha inizio la Novena. Nove giorni in cui la Madonna verrà martellata da tante anime buone.
Ed io? Io sono all’oscuro di tutto. In fondo che preghiere posso elevare a Lei? Io che non solo sono peccatore, ma anche denigratore di questa Religione? Mi sono allontanato quando forse mi dovevo ancor più aggrappare a Lei. La Madonna del S. Rosario voleva dimostrarmi, con questa grazia alle soglie, che Dio c’è, Lei esiste e la Religione non è pura infatuazione della mente dell’uomo. Ancor più, però, farmi tornare su quella strada che avevo abbandonato solo perché esigevo la guarigione di mio figlio. In sostanza essere cristiani vuol dire accettare il disegno e il volere di Dio. Credere nel suo Amore in ogni evento che la vita ci dona. Anche il dolore ci è donato per la nostra e altrui salvezza. Mi sarebbero tornati così alla mente, la figura della Isa e soprattutto quelle migliaia di ammalti che avevo visto e assistito a Lourdes. Essi gioivano delle loro sofferenze e offrivano i loro dolori per la salvezza del mondo.
Il sei ottobre, e cioè il primo giorno dopo la novena, Luigi ha ancora delle cadute, ma irrilevanti di fronte alle cadute che aveva. Giorno dopo giorno inspiegabilmente per me e forse per la medicina le cadute spariscono. Luigi non ha più crisi, la testa si normalizza. Cos’è successo? Un miracolo! Quel miracolo da me tanto voluto e in cui non speravo più. La Vergine non aveva abbandonato Luigi, ma ero io che avevo abbandonato Lei. Lei Mamma premurosa cui premeva la salute dell’anima e poi quella del corpo. Finalmente avevo mio figlio sano, ma soprattutto avevo ritrovato me stesso.
Ho voluto dimostrare senza interesse alcuno e senza che nessuno mi spingesse a farlo con questa “Cronistoria di un miracolo” quanto grande sia la Vergine del S, Rosario di Ari. Non dobbiamo distaccarci da Lei, anche se le nostre suppliche per ottenere le guarigioni corporali non sono esaudite. I suoi voleri sono altri e supremi. Accettiamo la Sua volontà nella gioia e nel dolore. Di certo mi si contesterà che ora che Luigi è sanato è facile dire di accettare i dolori. E’ vero! Ho sbagliato e peccato, ma saprò trarre profitto e insegnamento per me e i miei figli. La Vergine del Santo Rosario di Ari è miracolosa. Realtà che nessuno potrà disconoscere, poiché le testimonianze sono enormi. Inoltre a riprova che quanto scritto non è infatuazione, allego alla presente storia tutte le documentazioni, ovvero tutte le cartelle cliniche in mio possesso. Siano queste dimostrazioni, che quanto da me voluto narrare, servano per propagandare il culto e l’amore per la Madonna del S. Rosario di Ari. Ella è mamma buona, misericordiosa e sensibile alle preghiere, e soprattutto al S. Rosario, che i suoi figli terreni le innalzano in ogni istante della loro giornata.
Il 13 Luglio 1981, ancora Luglio, miracolo divino, Luigi ha una sorellina. Il suo nome: Rosaria. Sì, Rosaria. Ho voluto ringraziare così la Madonna, e tener sempre presente, in ogni istante, la Sua Materna protezione. A Lei, inoltre, il 7 ottobre, festa del S. Rosario, l’ho consacrata.
Finisce qui questa cronaca che tanto avevo bramato di scrivere e che finalmente potrò adagiarla miseramente ai suoi piedi.
Non posso però, alla chiusura non ringraziare e pregare la Madonna di stendere la Sua materma protezione su quanti per me hanno voluto aiutarmi sia moralmente che spiritualmente. Grazie Fosco, grazie zia di Milano, grazie Isa e soprattutto a te Graziella. Non sei stata per Luigi soltanto la zia Graziella, ma una seconda mamma. Hai pianto, pregato e voluto che la Madonna intercedesse con le tue preghiere per la guarigione del tuo carissimo nipotino Luigi. Non ti posso e non so come ringraziarti. La Vergine che tanto ti è cara, lo farà per me. Nelle mie preghiere, se vorrà accettarle, ci sari tu.
E a te D. Candido? Cosa dirti? Come ringraziarti? In ogni circostanza, nella gioia e soprattutto nei dolori, ci sei tu. Tu pastore buono, cui tutte le pecorelle vorresti nel tuo ovile e riportarle sane e salve alla casa del padre. La Madonna del S. Rosario ti predilige. Sgranelli rosario su rosario perché sai che questo lei vuole da te. Tante volte non siamo buoni con te. Ma tu ci perdoni. Sai che siamo peccatori e quindi preghi per noi. In ogni circostanza al tuo accenno ti saprò essere vicino. Saprò pregare per te. Che la Vergine ti cinga della Sua protezione e del suo amore! Pregherò che tu ci sia sempre ai nostri fianchi, che ti preservi da ogni male e specialmente che il tuo abbandono a Lei sia sempre maggiore.
E infine a Te, Mamma Celeste. Sono peccatore, lo so, ma sempre tuo figlio! Ti avevo abbandonato e tu misericordiosamente mi hai teso le mani. Mi hai buttato la corona del S. Rosario come ancora di salvezza. Come ringraziarti?
“Prega, prega col santo rosario”, è questo, lo sento, ciò che vuoi da me.
Essere cristiano. Forse tante altre volte cadrò, ma sono certo che tante altre volte mi vorrai sollevare. Quanto sei buona Mamma! Farò ciò che vorrai, ma non mi abbandonare.
Che questa storia del SS Rosario di Ari sia esempio a tanti che in te non vogliono credere. Che la loro cecità si possa dissipare e così mirare nel più fulgido splendore del Tuo Materno amore. Sii in questo mare tempestoso il nostro nocchiere, il faro splendente per condurci in porto senza pericoli. Potremo così amarti e gloriarti nella vita eterna, per la quale tuo Figlio Gesù e nostro Padre si è fatto immolare.
*
GLI ANGELI DI ARI
La composizione figurativa di Ari, in relazione all’epifania mariana di Ghiaie.
Nelle precedenti riflessioni abbiamo rivelato l’origine soprannaturale della Missione Sacerdotale di Candido, che in Seminario si forma, alla sequela della vita dei santi, in un continuo raffronto con la santità di Cristo Eucarestia, al Quale Candido tende con tutto se stesso, disponendosi al martirio,
perché le anime redente dal Sangue di Cristo, nella partecipazione al santo Sacrificio Eucaristico, siano infiammate dal Suo Amore ed elevate, come un solo corpo e un solo spirito, in una sola Chiesa, alla Comunione con Dio nella Gloria della SS Trinità.
E proprio questa tensione la si ritrova nella grande composizione figurativa che orna l’abside poligonale della chiesa di Ari, ideata da Candido come una sacra pedagogia offerta ai fedeli, affinché, partecipando al santo Sacrificio Eucaristico, rivivano le tappe della Redenzione e le loro anime siano elevate alla Comunione con Dio nella Gloria della SS Trinità.
A tal fine offriamo un primo itinerario di lettura della stessa composizione figurativa, realizzata (nel dipinto murale) da Maria Grazia Lazzarini (dal 1986 al 1988), sotto la guida di Candido, accennando, in conclusione, al legame con il ciclo epifanico di Ghiaie che ne rappresenta la sorgente.
(immagine dalla pagina facebook della parrocchia di Ari)
DALL’EUCARESTIA ALLA CHIESA
Entrando in chiesa, lo sguardo del fedele è attratto innanzitutto dal grande ostensorio nel quale viene esposto il Santissimo Sacramento, che irradia la chiesa stessa di Luce Divina e allo stesso tempo illumina il grande complesso figurativo a ricordare che dell’Eucarestia vive la Chiesa, la Quale nasce dall’Eucarestia.
Verità che il fedele può immediatamente afferrare salendo con lo sguardo, dall’ostensorio al grande Crocifisso in legno, collocato in una finestra aperta nella parete di fondo dell’abside, e poi, ancor più in alto, alla mandorla, nella quale è ben visibile l’immagine della Chiesa raffigurata come sede apostolica, “edificio di Dio“, tenuta in braccio da san Giuseppe nella figura del Vicario di Cristo, come indicano gli angeli posti al fianco: l’uno col bastone pastorale (a sinistra) e l’altro con la tiara (a destra).
Il fedele comprenderà allora, in tutta evidenza, il legame fra Eucarestia e Chiesa tramite il Crocifisso, che vedrà affiancato ai due lati da altri due angeli: uno con la corona di spine simbolo della regalità di Cristo e l’altro con la lancia che ha aperto il costato di Cristo, dal quale nasce appunto la Chiesa e ”il mirabile sacramento di tutta la Chiesa“.
Posto fra l’Eucarestia e la Chiesa, il Crocifisso ricorda al fedele l’istituzione dell’Eucarestia, da parte di Gesù, il Giovedì Santo nell’Ultima Cena, anticipazione del santo Sacrificio compiuto sul Golgota con la sua morte in Croce;
sacrificio perfetto che in ogni celebrazione eucaristica Gesù stesso attualizza, quale Sommo Sacerdote, attraverso i suoi ministri sacri, rinnovando il dono del suo Corpo e del Suo Sangue per la redenzione dell’umanità e la riconciliazione con il Padre, affinché, raccolta in una sola famiglia, in un’unica Chiesa, l’umanità partecipi alla vita del Cielo e all’eternità divina.
VIVERE L’INCARNAZIONE
Dopo aver compreso il legame fra l’Eucarestia e la Chiesa, il fedele può salire ulteriormente con lo sguardo alla sommità della composizione, dove, contemplando lo Spirito Santo che effonde i suoi raggi sulla stessa Chiesa, può comprendere che la celebrazione Eucaristica è opera della Santissima Trinità (raffigurata sulla volta dell’abside).
E in questa comprensione, ricordando l’invocazione dello Spirito Santo della Preghiera eucaristica pronunciata dal Sacerdote
(perché il pane e il vino diventino, per la potenza dello Spirito, il Corpo e il Sangue di Cristo, e perché coloro che ricevono l’Eucarestia siano una sola cosa in Cristo),
lo stesso fedele può scendere con lo sguardo all’ostensorio e così rivivere nell’anima il grande Mistero dell’Incarnazione, ovvero la discesa del Verbo di Dio nel grembo di Maria per opera dello Spirito Santo,
e scoprire che l’Eucarestia si pone in continuità con l’Incarnazione.
Verità grazie alla quale, il fedele può ripercorrere unito a Maria, la via che dall’Incarnazione porta alla Crocifissione, e vedere la santa Vergine sotto la Croce, cogliendo in lei, non solo la dimensione sacrificale dell’Eucarestia, ma anche la partecipazione all’opera della Redenzione,
come mostra la parte mediana del complesso figurativo formata da due quadri ai lati del crocifisso (sulle pareti laterali alla parete centrale) in uno dei quali (a sinistra) la santa Vergine, collocata in un fondo notturno di tenebre, partecipa, sorretta da due angeli, alle sofferenze e alla morte del Figlio Crocifisso.
PARTECIPARE ALLA REDENZIONE
Contemplando questo quadro il fedele può avvicinarsi alla santa Vergine e vederla immersa nel fuoco tremendo della sofferenza del Figlio Redentore che brucia ed estingue tutti i peccati del mondo nel dolore più atroce e perdona tutti i peccatori riconsegnando al Padre, con il Suo Spirito, lo Spirito della Madre, lo stesso per opera del Quale si è incarnato in Lei e che L’ha unito a Lei per tutto il tempo passato sulla terra.
E riconoscere in lei la Corredentrice.
In questo stesso quadro, il fedele può vedere infatti, la Madre del Verbo di Dio, quale Sposa del Figlio stesso, soffrire nello stesso modo del Figlio, senza il minimo sollievo, deprivata di ogni prerogativa, nella più totale oscurità e umiliazione, povera oltre ogni limite, per dimostrare, in unità col Figlio, contrariamente ai progenitori, l’amore incondizionato e la totale obbedienza alla volontà del Padre, così che possa nascere, dal Figlio Crocifisso unito a lei nel dolore, la Chiesa.
E non sarà sorpreso, passando con lo sguardo all’altro quadro della parte mediana, nel vedere san Giovanni e santa Maria di Magdala, che pur partecipano alla Crocifissione, collocati, non nell’oscurità, ma già nella Luce della Resurrezione.
Nella coppia formata da san Giovanni e santa Maria di Magdala, il fedele potrà così contemplare, nella Luce, la Chiesa nata nell’oscurità dell’Ora santa del Golgota dall’unione sponsale della sublime coppia dell’Incarnazione, Cristo e Maria.
E potrà distinguere, nei due santi, l’espressione di due anime della Chiesa, unite fin dal Principio, come rivela quell’Ora santa.
- In san Giovanni, figura di Cristo, il fedele vedrà la Chiesa apostolica chiamata a rinnovare per mezzo dei ministri sacri, il santo Sacrificio Eucaristico;
- In santa Maddalena, figura della santa Vergine Maria, il fedele vedrà la Chiesa adorante chiamata alla corredenzione con l’offerta della vita in unione alla dolorosa passione di Gesù Crocifisso.
Questo quadro rimanda dunque alla Resurrezione del Signore, che il fedele può contemplare orientando lo sguardo alla fascia pittorica longitudinale sulla parete al lato destro dell’abside.
INNALZARE L’ANIMA ALLA RESURREZIONE
Nella figura in basso di questa fascia longitudinale, il fedele riconoscerà immediatamente uno dei due angeli in bianche vesti, che proprio santa Maddalena vede seduti, l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù, come racconta san Giovanni nel brano del suo vangelo dal titolo “Il giorno della Resurrezione”.
E ricorderà altresì l’apparizione, alla stessa Maria di Magdala, subito dopo la visione degli angeli, del Signore Risorto,
Che la sera di quello stesso giorno appare anche ai discepoli, ai quali mostra le mani e il fianco, dicendo: “pace a voi”, come rammenta la scritta al fianco dell’immagine di Cristo Risorto nella figura in alto della stessa fascia longitudinale.
Il fedele rammenterà allora, che il Signore Risorto:
dapprima ripete ai discepoli il saluto «Pace a voi!» dicendo loro: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi», con le stesse parole del Discorso nella Sinagoga di Cafarnao nel quale aveva preannunciato l’istituzione dell’Eucarestia affermando: «così anche colui che mangia di me vivrà per me» (Gv. 6, 57);
e poi alita sui discepoli dicendo: «Ricevete lo Spirito Santo», a formare come una prima Chiesa, prefigurazione della Chiesa che nascerà a Pentecoste quando lo stesso Signore, Risorto e Asceso al Cielo, donerà di nuovo lo Spirito Santo, Che scenderà, con Lui, su Maria e gli apostoli riuniti nel Cenacolo,
là dove Gesù, Giovedì santo, ha istituito il sacramento dell’Eucarestia offrendolo alla Chiesa perché completi, con Lui, l’Opera della Redenzione, da Lui compiuta, fino alla vittoria finale sul peccato;
tema escatologico che il fedele può vedere raffigurato nella fascia longitudinale dipinta sulla parte a sinistra dell’abside, in cui la santa Vergine è rappresentata nella figura della donna vestita di sole come descritta in Apocalisse (Ap.12, 1), ovvero come immagine della Chiesa trionfante.
CONTEMPLARE IL TRIONFO DI MARIA E DELLA CHIESA
“Vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sulla testa una corona di dodici stelle”, la santa Vergine distende le braccia del Divin Bambino in forma di croce, a mostrare che quel Bambino è l’Agnello di Dio concepito in lei per opera della Spirito Santo al fine di redimere l’umanità dal peccato con la morte sulla Croce,
simboleggiata dal sottostante tronco d’albero, indicato, dalla scritta, come albero di Jesse, nel quale è evidente il rimando all’albero della Croce (come molte rappresentazioni dell’albero di Iesse che lo mettono in correlazione con l’albero della Croce),
e dunque rappresentato come passaggio salvifico fra il peccato – raffigurato nella parte bassa della stessa fascia longitudinale con l’immagine del peccato originale commesso dalla coppia dei progenitori – e il trionfo della Chiesa rappresentato, nella parte alta, dalla coppia dell’Incarnazione.
Correlazione grazie alla quale il fedele può vedere che l’albero di jesse si trova sulla stessa linea dell’albero della Croce (al centro della composizione figurativa) e dell’albero della vita (nella fascia longitudinale opposta raffigurante la Resurrezione); e, più in alto, sulla stessa linea orizzontale, rispettivamente: il trionfo di Maria, della Chiesa, e di Cristo Risorto.
Capirà così che il trionfo della Chiesa è il trionfo stesso dell’Eucarestia.
E potrà tornare all’ostensorio per ripercorrere l’itinerario in ascesa che dall’Eucarestia conduce, attraverso il Crocifisso, alla Chiesa,
lungo il quale, superando la fascia orizzontale raffigurante, in un incrocio di rami spinosi, tenuti dagli angeli, la Via Crucis, comprenderà che il trionfo della Chiesa passa per la Via Crucis, che la Chiesa deve percorrere sulle orme di Cristo, per essere partecipe, con Cristo, della Gloria della Santissima Trinità, raffigurata in tutto il suo splendore sulla volta dell’abside.
NEL CUORE DELLA SANTISSIMA TRINITA’
Elevato a quell’altezza vertiginosa, nel cuore delle tre Divine Persone, il fedele potrà allora contemplare:
il Figlio Redentore in trono con la Croce e il Libro della vita, che Lui solo, radice di Davide, può aprire perché mediante la Croce ha vinto il peccato e la morte, e ha ricomprato l’umanità formando la Chiesa come popolo regale e sacerdotale (Ap. 5, 1-14);
il Padre Creatore in trono con il mondo uscito dalle sue mani e tornato a Lui redento dal Figlio per mezzo del suo Santo Sacrificio della Croce;
lo Spirito Santo settemplice Che procede dal Padre e dal Figlio, e dal quale sgorga la Grazia dei sacramenti affidati alla Chiesa,
in particolare “il sacramento per eccellenza fonte e apice della vita cristiana” che è l’Eucarestia
donato alla Chiesa affinché, alla luce del mistero pasquale, la Chiesa stessa riunisca l’umanità in un sol corpo e un solo spirito e si disponga al compimento delle nozze eterne con Cristo.
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Molti altri sono gli elementi figurativi che costellano la composizione. alcuni non chiaramente visibili nell’immagine offerta dalla parrocchia sulla pagina facebook
Uno di questi in particolare attira lo sguardo: la coppia di colombi bianchi in volo, nel quadro occupato da san Giovanni e santa Maddalena.
Apparentemente secondario, questo particolare elemento è molto importante perché in esso si disvela il significato del complesso figurativo della chiesa di Ari, ch’è in stretta correlazione col significato del ciclo epifanico di Ghiaie, del quale Candido è il principale testimone, essendo, l’epifania mariana di Ghiaie, la fonte del suo sacerdozio, come più volte egli stesso ha dichiarato.
Una coppia di colombi bianchi costituisce infatti il tema introduttivo, del ciclo epifanico di Ghiaie, che torna costantemente e si svela nel suo significato ultimo proprio nella stessa coppia di colombi bianchi .
Com’è noto a coloro che conoscono la storia dell’epifania mariana di Ghiaie, fin dalla seconda apparizione una coppia di colombi bianchi guida lo sguardo della piccola Adelaide verso un punto di Luce dorata acceso in alto nel cielo, che scende e si apre mostrando, in un fulgore accecante, la Sacra Famiglia, costituita da san Giuseppe e dalla coppia dell’Incarnazione, rappresentata da Gesù, il Verbo di Dio, e dalla Vergine Maria, la creatura purissima ricolma di Spirito Santo che ha donato al Verbo la sua carne, divenendone la mistica Sposa.
Grazie a questo rimando, il fedele potrà allora vedere nella coppia di colombi bianchi che volano, nella Luce, dietro la coppia costituita da san Giovanni e santa Maria Maddalena, la stessa coppia dell’Incarnazione, Gesù e Maria, e in essa riconoscere la figura di una Realtà Eterna colma d’Amore, chiamata fin dal Principio, a scendere nella storia dell’uomo, per ricomporre l’Ordine della Creazione spezzato dal peccato, e tracciare la via di unione fra due “mondi”, il legame fra le due “vite”: l’una in cielo e l’altra sulla terra, l’una nell’eternità e l’altra nel tempo, l’una nell’increato e l’altra nel creato, l’una nel finito e l’altra nell’infinito;
E potrà allora tornare con lo sguardo, un’altra volta ancora, all’ostensorio e vedere, questa Realtà Eterna colma d’Amore, presente e viva nel santo Sacramento dell’Eucarestia, dal Quale potrà risalire, un’altra volta, con lo sguardo, attraverso il Crocifisso, alla Chiesa, Che contemplerà, nella Gloria della Santissima Trinità, unita a Cristo in nozze eterne, alla partecipazione delle quali è chiamato egli stesso.
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Ps:il titolo di questa riflessione riprende il titolo della nota Lettera Enciclica del Santo Padre Giovanni Paolo II, quale riferimento teologico fondamentale per la comprensione del tema trattato.
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Gli angeli bambini.
Commentando la pagina del diario di Candido del 12 luglio 1956, abbiamo visto che egli manda il suo angelo custode dalla Madonna per saper come possa amarla più di quanto gli riesce di amarla, e che, in risposta alla sua richiesta, avrà una visione mentale della stessa Vergine.
Questa pagina del diario rivela la prossimità con gli angeli (e con le anime dei bimbi trapassati) vissuta, fin da bambino, da Candido, ch’è sempre rimasto ben consapevole del primato dell’uomo rispetto agli angeli nel Disegno di Dio, Che si è fatto uomo nel Figlio (il quale si è incarnato nel seno della sempre Vergine Maria per volontà del Padre e per opera dello Spirito Santo, affinché l’uomo, creato per essere immagine di Dio Trinità, si unisca, in Lui, eternamente a Dio).
Lo dimostra la seguente stupenda lirica (scaturita dall’anima poetica di Candido in un’adorazioni del Signore Eucarestia, come tante altre scritte nei suoi ultimi anni di vita che faremo conoscere) nella quale Dio Creatore, perdutamente innamorato dell’uomo, sogna d’incontrare la sua creatura nel tempo per vivere eternamente con lei.
O angeli che siete mai paragonati a questa carne viva ed esuberante? Bella come quella di Dio?
Dio ha messo più tempo e amore, si è giocato tutto se stesso per formare il visino, la piccola mano, il piedino, per farlo eretto, regale e indistruttibile. Voi angeli non sapete sorridere, questo piccolo esserino sa muovere con armonia le piccole labbra, affossare le guance, e far fiorire e ringiovanire persino Dio!
Sorridi al mondo piccolo figlio, è tutto tuo, è il dono di nozze dello sposo; fissa lo sguardo estasiato su di esso perché è la fotografia di tuo Padre!
Più bello e importante di te non c’è nessuno; ogni tanto canta l’inno che udisti proiettato dalle sfere celesti perché più dolce per me è la tua ugola d’oro, mi ricorderai il giorno che ti formai a mia immagine, e ti prometto che quando salirai quassù ti svelerò il giorno che uscisti nel tempo, tu pensato e voluto da me dai secoli eterni.
Cresci piccolo figlio, di tanto in tanto incontriamoci a mezza strada, è tanto bello raccontarci la nostra storia, riabbracciarci, e quando vorrai dimmi che vuoi stare per sempre con me, io accontenterò la tua preghiera, il tuo desiderio.
Questa lirica consente di capire perché il dipinto dell’abside di Ari sia costellato da una miriade di angeli, chiamati a partecipare all’anelito d’amore di Dio per l’uomo, e a scendere sulla terra per aiutare gli uomini a salire in Cielo per unirsi a Dio,
innanzitutto nella partecipazione al santo Sacrificio Eucaristico, perché insieme agli uomini elevino la lode a Dio, come esorta il Prefazio della santa Messa.
(E noi, uniti agli Angeli e alla moltitudine dei Cori celesti, cantiamo con gioia l’inno della tua lode: Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell’universo. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell’alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell’alto dei cieli).
Gli angeli del dipinto sospingono dunque, il fedele, a elevare l’anima al Cielo nell’eterna lode al Signore, e a rivivere, adoranti, le tappe della Redenzione, perché possa giungere, in Cristo, grazie alla partecipazione al santo Sacrificio Eucaristico, all’unione con Dio Santa Trinità.
E a questo fine, gli angeli svolgono la funzione di guide, e maestri di spirito, affinché il fedele, in passaggi sapienziali sempre più elevati, intrecciando la propria storia con la Storia di Dio (la storia della Salvezza), possa innalzarsi all’Amore di Dio, secondo il desiderio di Dio, che dev’essere lo stesso desiderio dell’uomo, come nell’ultima frase della lirica
…è tanto bello raccontarci la nostra storia, riabbracciarci, e quando vorrai dimmi che vuoi stare per sempre con me, io accontenterò la tua preghiera, il tuo desiderio.
Molti sono gli angeli chiamati a svolgere questo compito.
Nel dipinto ne possiamo distinguere, collocati in piani successivi, diversi tipi (la gran parte femminili, secondo la tradizione del tardo medioevo che dava risalto alla donna nell’economia della salvezza, quale ponte fra l’uomo e Dio.
In particolare (per quanto è possibile in mancanza di immagini chiare) distinguiamo:
angeli-bambini collocati nella parte bassa
angeli-adulti con grandi ali posti nella parte mediana dedicata alla Crocifissione; e uno (col pastorale e le chiavi) a lato della mandorla
angeli-adolescenti a corredo della Via Crucis segnata da un intreccio continuo di rami spinati sopra il Crocifisso; e uno, con la tiara, al fianco della mandorla nella quale è raffigurata la Chiesa fra le braccia di san Giuseppe quale immagine del Vicario di Cristo;
angeli-putti posti all’estremità delle lingue di fuoco che escono dalla colomba dello Spirito Santo;
arcangeli all’estremità della volta, ai lati della santa Trinità.
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Iniziando a considerare gli angeli-bambini nella parte bassa del dipinto,
comprendiamo subito che sono rappresentati in questa condizione umana, perché, contemplandoli, l’anima del fedele ritrovi l’innocenza, la semplicità, la purezza dell’infanzia,
e in questo stato d’animo, possa riconoscere, in loro, la figura dei più puri testimoni del Cristo Innocente.
Un chiarissimo esempio viene offerto dall’angelo bambino che tiene fra le braccia un agnello.
In questo quadro l’agnello e il bambino sono uniti in una perfetta corrispondenza di significato: nell’agnello vediamo riflesso il bambino, e viceversa, nel bambino, l’agnello.
Perfetta corrispondenza, grazie alla quale,
se nell’agnello riconosciamo il Cristo quale Agnello Immolato, nel bambino riconosciamo il testimone dell’Agnello Immolato, e dunque, in lui, la moltitudine di martiri innocenti, testimoni del Cristo Innocente, Che assume in Sé, col suo santo Sacrificio, tutto il dolore innocente di ogni tempo e di ogni latitudine.
L’agnello in braccio all’angelo-bambino esorta perciò, il fedele, a ritrovare – oltre all’innocenza, la semplicità e la purezza – l’umiltà, la mitezza, la docilità di Cristo, Che ha scelto, fin dal Principio, di farsi Bambino e si è spogliato volontariamente della propria gloria fino ad immolarsi, quale agnello condotto al macello sulla Croce, per redimere l’umanità e unirsi in nozze eterne con lei.
Nell’agnello in braccio all’angelo-bambino il fedele potrà riconoscere l’Agnello Eucaristico, che quell’angelo bambino gli offre per condurlo lungo l’itinerario di Salvezza tracciato da Cristo,
e di conseguenza, nell’angelo-bambino che tiene in braccio l’Agnello Eucaristico, la figura dei martiri innocenti il cui sangue, versato sulla terra, si è unito al preziosissimo Sangue di Cristo, sul quale si erge l’albero della Croce, posto quale tramite fra la terra e il Cielo,
Consapevolezza, grazie alla quale, cibandosi dell’Agnello Eucaristico, il fedele comprenderà che la vita della Chiesa, e dunque dei figli di Dio, è nutrita dal Sangue di Cristo nel quale è fuso il sangue dei martiri, in particolare dei piccoli martiri innocenti, versato con Cristo per l’espiazione del peccato degli uomini.
Altri due angeli-bambini, raffigurati nel dipinto (immagini tratte dalla pagina di un rotocalco, non potendo attualmente ottenerle dal dipinto stesso) confermano questa verità:
l’angelo che porta un tralcio di vite e grappoli d’uva destinati alla torchiatura per diventare Sangue di Cristo
l’angelo che porta covone di frumento destinato alla macina per diventare Corpo di Cristo.
Questi due angeli ricorderanno, ancor più, al fedele, che nell’Eucarestia vive, unito al dolore di Cristo, il dolore di tutti i martiri innocenti di tutti i tempi.
Altri angeli-bambini testimoniano, nella parte bassa del dipinto, la partecipazione degli innocenti al dolore di Cristo, così che il fedele possa unirsi a loro, e meditare, con cuore contrito, la santa Passione del Signore, come:
l’angelo-bambino che abbraccia la colonna della flagellazione,
l’angelo che tiene la canna con la spugna imbevuta di aceto,
l’angelo che mostra il Volto santo impresso sul velo,
e all’offertorio, per partecipare al santo Sacrificio Eucaristico, il fedele porterà, con l’angelo bambino, il canestro d’uva e melograno, simboli del sangue del Signore versato per la Redenzione delle anime e le nozze dell’umanità con Dio nella Nuova ed Eterna Alleanza;
Infine, unito a Cristo Eucarestia, il fedele innalzerà, con l’angelo bambino, la fiaccola dello Spirito Santo segno della Luce del Risorto che, mediante il santo Sacrificio della Croce, ha vinto il peccato e la morte
Per la comprendere meglio questa riflessione ed entrare ancor più nella spiritualità di Candido si legga:https://www.lalucedighiaie.it/2022/08/18/il-dolore-innocente-sorgente-della-vocazione-sacerdotale-di-candido-e-religiosa-di-adelaide/embed/#?secret=l3aGIDJidJ
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Gli angeli sacerdoti.
Nella prima riflessione sul dipinto murale dell’abside della chiesa di Ari, abbiamo visto che il dipinto stesso riflette l’amore di Candido per Cristo Eucarestia, al Quale Candido Sacerdote tende con tutto se stesso, perché, nella partecipazione al santo Sacrificio Eucaristico, le anime dei fedeli imparino ad elevare l’anima alla Comunione con Dio nella Gloria della SS Trinità.
Nella seconda riflessione abbiamo poi rilevato, nel dipinto, la presenza di molti angeli, offerti al fedele perché comprenda le tappe dell’itinerario che conduce a Dio santa Trinità, e negli angeli-bambini che si susseguono nella parte bassa del dipinto, abbiamo riconosciuto la figura dei piccoli martiri, testimoni del Cristo Innocente, Che assume in Sé, col suo santo Sacrificio, tutto il loro dolore, unendo il loro sangue, al proprio preziosissimo Sangue,
scoprendo in questa parte bassa del dipinto, come la radice della Chiesa sia fondata sul sacrificio dei piccoli martiri che si è unito, sul Calvario, al santo Sacrificio di Cristo.
Consapevolezza, grazie alla quale il fedele può iniziare a comprendere:
- che la vita della Chiesa, e dunque la sua stessa vita, è nutrita dal Sangue Eucaristico di Cristo nel quale è fuso il sangue dei martiri, in particolare dei piccoli martiri.
- e che egli stesso, quale fedele cristiano, è chiamato, nella partecipazione al santo Sacrificio Eucaristico, ad essere vittima con Cristo, e formare così, in Cristo, unito ai piccoli fratelli martiri, un solo corpo e un solo spirito.
Verità ancor più evidente nella parte sovrastante a quella inferiore, dominata dal Crocifisso, su cui sono dipinti altri angeli, non bambini, ma adulti dalle grandi ali, figure, come vedremo, dei testimoni eletti dell’Agnello Immolato.
Sono sei angeli:
- Due posti accanto al Crocifisso: uno con la corona di spine e l’altro la lancia di Longino;
- altri due all’estremità della fascia pittorica: uno con l’iscrizione INRI e l’altro col calice del Sangue di Cristo;
- e altri due, nel quadro laterale sinistro guardando il Crocifisso, che sorreggono la santa Vergine Addolorata.
Questi sei angeli, nell’oggetto che portano e nella funzione che svolgono, raffigurano, come appare chiaramente, diversi momenti della Crocifissione descritti nei racconti evangelici, in particolare nel Vangelo di san Giovanni al capitolo 19, nel quale possiamo ritrovare la stretta correlazione di senso fra loro.
L’angelo con la corona di spine è correlato all’angelo con l’iscrizione INRI nei brani che ricordano: la corona di spine posta sulla testa di Cristo dai soldati, e l’iscrizione posta sulla croce decisa da Pilato.
- E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora; quindi gli venivano davanti e gli dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi (Gv. 19,2-3)
- Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei» (Gv. 19, 19)
L’angelo con la lancia di Longino è correlato all’angelo con il calice nei brani che ricordano: il colpo di lancia sferrato da Longino, e, di seguito, l’uscita di sangue e acqua dal costato di Cristo.
- ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia
- e subito ne uscì sangue e acqua
I due angeli che sorreggono la santa Vergine Addolorata li si ritrova al versetto 25 dello stesso capitolo.
- Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre e Maria di Magdala
Alla luce del racconto evangelico possiamo, di conseguenza, unire questi sei angeli nella seguente proposizione:
- L’angelo con la corona di spine, posta sulla testa di Cristo quale vittima condotta al sacrificio, ricorda – come mostra l’angelo con l’iscrizione INRI – la regalità di Cristo, Vittima perfetta e Sacerdote Re,
- Che ha offerto tutto se stesso morendo sulla Croce, perché dal suo costato squarciato da Longino, come mostra l’angelo che tiene la lancia, nascesse la Chiesa, e i sacramenti del Battesimo e dell’Eucarestia (san Giovanni Crisostomo) simbolizzati dal sangue e acqua raccolti dall’angelo che mostra il calice;
- e così attuare l’Opera della Redenzione dell’umanità, per cui si è fatto uomo incarnandosi nel seno della della santa Vergine, che, sotto la Croce ha partecipato al Sacrificio del Figlio, sorretta dagli angeli preposti ad accompagnarla nel suo grande dolore.
Grazie a questa proposizione, possiamo allora, comprendere meglio la funzione di ciascuno di questi sei angeli.
L’angelo con la corona di spine rivela la regalità di Cristo Agnello condotto al macello, e dunque Vittima Purissima offerta in sacrificio per la Redenzione dell’uomo;
l’angelo con l’iscrizione INRI, conferma Cristo come Re e Sacerdote, che offre se stesso in remissione dei peccati del mondo;
l’angelo con la lancia di Longino, rivela Cristo quale unica e vera Sorgente della Chiesa, che nasce dal suo costato scaturendo dalla profondità del Suo Sacro Cuore;
l’angelo col calice rivela Cristo quale Fonte purissima del mirabile Sacramento del Battesimo e dell’Eucarestia;
i due angeli che sorreggono la Madre di Cristo, rivelano che la santa Vergine – nel seno della quale Cristo, Verbo di Dio, si è incarnato per opera dello Spirito Santo – è chiamata a partecipare, quale Corredentrice, al santo Sacrificio Redentore del Figlio Vittima Re e Sacerdote.
*
A questo punto, dopo aver compreso la funzione di questi angeli e la correlazione fra loro, cerchiamo di scoprire chi rappresentano.
E a tal fine, innalzando lo sguardo dai due angeli collocati accanto al Crocifisso alla grande apertura a forma di “mandorla“, nella quale è raffigurato san Giuseppe che tiene in braccio la Chiesa,
subito intuiamo la relazione che lega:
gli angeli alla Chiesa,
tramite il Crocifisso,
che s’innalza dall’ostensorio con Cristo Eucaristico
In questi due angeli, posti a guardia del Crocifisso, vediamo i custodi della Verità del santo Sacrificio Eucaristico da cui sorge la Chiesa;
e poiché, come abbiamo visto, sono strettamente correlati agli altri due angeli all’estremità della fascia pittorica,
in tutti e quattro gli angeli della stessa fascia pittorica che ricorda la Crocifissione,
riconosciamo:
i testimoni eletti dell’Agnello Immolato, chiamati, per ordinazione divina, a rinnovare, in persona Christi, il santo Sacrificio dell’Altare.
Ovvero: i sacerdoti.
E di conseguenza, nei due angeli al fianco della santa Vergine Addolorata,
tutti coloro che partecipano al santo Sacrificio dell’Altare, uniti alla santa Vergine Addolorata, affinché possa nascere, in unità con Cristo, nella persona del sacerdote, la Chiesa, che eternamente sgorga dall’apertura del costato di Cristo,
(la cui forma possiamo ritrovare, come abbiamo rilevato e come vedremo nelle successive riflessioni, nella “mandorla” posta sopra il Crocifisso, nella quale è raffigurato san Giuseppe, che tiene in braccio la Chiesa, della quale è il custode).
*
Gli angeli del dipinto ci ricordano infine, che al santo Sacrificio della Messa partecipa la Chiesa del Cielo, che si apre agli occhi del fedele, secondo la Parola di Dio, in un grande tempio e in un grande altare, sul quale, come scrive un grande teologo e mistico, “vi è una vittima e la vittima è Cristo, e la vittima sono tutti i cristiani”, chiamati a vivere, quali testimoni dell’Agnello Immolato, nella costanza della Fede dei santi, fino al compimento della Redenzione con il Trionfo di Cristo.
*
Ricordando l’anelito pedagogico che informa il dipinto, offriamo un’altra stupenda lirica di Candido (ore 3 del mattino il 1-2-94)
Gesù,
giunto al meriggio infuocato del tuo giorno / ardesti d’amore per me, slacciasti la / Rossa tunica della tua pelle che ti asfissiava e ti / opprimeva l’anima e divenisti ardenza / di fuoco;
volevi uscire da quella coltre / di sangue e di peccato, e sentisti i ferrei / chiodi che come lancia acuminata ferirono il tuo / cuore,
esplodesti d’amore, rompesti la / zolla vecchia di millenni e moristi / d’amore perché per nascere alla nuova / vita c’era bisogno di fiamme di / fuoco sotterraneo e di sangue purpureo, / verginale che fluisse per dar vita / alla nuova creazione
e gridasti alla / storia dei secoli sterilizzati il vagito / del bimbo che stanco di lotta, sfiorato / dai secoli eterni nacque in nuova esplosione / di silenzio col respiro divenuto rantolo, / agonia, morte e vita:
è rinato l’uomo nuovo/ al mondo della croce amorosa rifatto specchio / e riflesso di una lotta impari che è divenuto / vita, vagito, tempo ed eternità insieme.
Mi cercasti, / mi desiderasti e feristi la / tua carne creatrice per seminare nella / ingrata terra il piccolo germe che da / quell’istante avrà il sapore dell’amore eterno.
Oh dolcissimo e luminoso connubio, l’Eterno / generò il tempo che mai più finirà da quel / meriggio l’uomo avrà i riflessi del sangue / e del riscatto sentirà in sé di essere / generato nel mistero con lo scalpello dell’Amore.
E lasciasti appesa all’albero che ti crocifisse / la tua pelle sanguinante e martoriata testimone / di un fuoco, di un amore, seme di vita / nuova, appena nata dalle spoglie doloranti di una / lotta generante che finirà nell’eternità.
*
Gli angeli militanti.
Nel percorso di lettura del dipinto murale dell’abside di Ari, abbiamo rintracciato un itinerario spirituale offerto ai fedeli, affinché, partecipando al santo Sacrificio dell’Altare, rivivendo le tappe della Redenzione, le loro anime siano elevate alla Comunione con Dio nella Gloria della SS Trinità;
e lungo questo itinerario abbiamo riconosciuto negli angeli collocati nelle diverse fasce orizzontali del dipinto, le figure dei testimoni dell’Agnello che hanno segnato la storia della Chiesa nata dal santo Sacrificio del Calvario.
In primis, negli angeli dipinti nella fascia inferiore abbiamo riconosciuto i piccoli martiri, rappresentanti dei martiri di tutti i tempi, il cui sangue, Cristo ha assunto nel proprio purissimo Sangue mediante il santo Sacrificio del Calvario, da cui è nata la Chiesa,
chiamata a rinnovare il santo Sacrificio d’Amore di Cristo per mezzo dei sacerdoti, testimoni eletti dell’Agnello Eucaristico, insieme ai fedeli cristiani uniti alla santa Vergine Addolorata, fino al compimento della Redenzione, con la definitiva sconfitta del peccato e le nozze fra Cristo e la Chiesa, ripercorrendo la Via della Croce tracciata dal Signore.
Verità ricordata al fedele affinché, giunto a questa tappa dell’itinerario, superando la fascia mediana dominata dalla Crocifissione, possa comprendere le figure della fascia superiore, connotata da un continuo intreccio di rami spinati, e da una successione di immagini racchiuse nell’intreccio di rami spinati.
Lo sguardo del fedele trascorre infatti,
- da Cristo che porta la Croce e cade sotto il peso della Croce stessa,
- all’incontro di Cristo con la Madre,
- alla donna che mostra il santo Volto di Cristo (la Veronica) e infine all’altra che tiene il suo Sangue custodito nell’anfora.
E nel passaggio da un’immagine all’altra, scoprirà senza problemi quale tema le accomuna, evidente nell’immagine di Maria che incontra il Divin Figlio sofferente sotto il peso della Croce.
- In lei, il fedele riconoscerà infatti, “la donna” (come l’ha chiamata Cristo a Cana e sotto la Croce),
figura della Chiesa, chiamata a seguire Cristo sulla Via del Calvario.
- e nelle successive due donne,
la figura della Chiesa, alla quale Cristo ha affidato il proprio santo Volto e il proprio purissimo Sangue, affinché rinasca ogni giorno sempre più forte e bella nella celebrazione del santo Sacrificio Eucaristico, e, si prepari, nel travaglio del tempo ultimo, lungo la Via della Croce tracciata da Cristo, alla battaglia contro il peccato che si concluderà con le nozze eterne con Cristo, preparate da Cristo stesso, suo Sposo, fin dal Principio.
Dalle immagini chiuse nel continuo intreccio dei rami spinati, il fedele vedrà così trasparire un chiaro discorso escatologico, fortemente connotato dalla figura biblica della “donna“, che:
- in Eva è travolta dal serpente (come mostra il quadro del peccato originale in basso nella fascia longitudinale destra)
in Maria Madre di Cristo lo vince, unita al Divin Figlio Crocifisso quale Corredentrice (si veda il quadro dell’Addolorata nella fascia mediana)
e nella Chiesa Sposa di Cristo, lo annienta spezzando per sempre il suo dominio (si veda il quadro della donna vestita di sole nella parte alta fascia longitudinale destra)
E in tale contesto biblico, non gli sarà difficile capire la figura dirompente costituita dall’angelo che spezza e apre la catena spinosa e si mostra vittorioso (collocata proprio sopra i tondi raffiguranti Gesù che porta la Croce e Gesù che cade sotto il peso della Croce).
Quest’angelo ricorda al fedele una fondamentale Verità.
Ovvero, che la santa Passione e Morte del Signore ha riaperto la via dalla terra al cielo chiusa dal peccato originale, lungo la quale la Chiesa deve procedere, con Maria, seguendo Cristo, nel cammino di ritorno al Padre, fino alla ricomposizione dell’ordine originario, com’è stabilito, da sempre, nel disegno di Dio.
Ma non è ancora tutto.
Un’altra verità fondamentale viene ricordata al fedele da un altro angelo collocato nella parte opposta, sopra i tondi raffiguranti l’incontro di Cristo con la Madre e con la donna che mostra il suo Volto Santo
Questo angelo tiene il ramo spinato senza timore mostrando di possederlo, per far comprendere che la storia dell’uomo è nelle mani di Dio, e approderà, lungo la Via tracciata da Cristo, nella Luce della Santa Trinità, alla fine dei tempi, secondo i disegni stabiliti fin dal Principio.
Verità confermata dagli angeli seduti tranquillamente sopra il braccio della Croce che tengono il ramo spinoso sopra il corpo senza esserne feriti, pronti, anche loro, a spezzarlo.
In tutti questi angeli, annunciatori della grande Vittoria di Dio sul peccato e sulla morte, il fedele riconoscerà allora,
tutti i figli di Dio e della Chiesa, chiamati a combattere come “soldati di Cristo“,nella decisiva battaglia per il compimento del disegno di Dio, che si attuerà col Sacrificio supremo di tutti, fino alla Comunione di tutti nell’unico Amore di Dio;
e, grazie a questa consapevolezza, tornando ad osservare le immagini chiuse nell’intreccio dei rami spinati, comprenderà ancor meglio il grande compito affidato da Cristo alla “donna“, chiamata, nel travaglio del tempo ultimo, a concepire e far nascere una umanità nuova;
Ricorderà allora che
- alla “donna Maria figura della Chiesa, com’é rappresentata nella parte alta della fascia longitudinale a sinistra dell’abside, in cui appare com’é descritta in Apocalisse (Ap.12, 1),
si oppone un’altra donna descritta, anch’essa, nell’Apocalisse come città del peccato. Ovvero:
- “la donna seduta sopra una bestia scarlatta….ebbra del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Gesù” (Ap. 17, 3-4), seduttrice e fomentatrice di tutti i peccati e di tutte le possibilità di peccare, che sarà sprofondata nell’abisso con tutte le “donne” che hanno cavalcato, con lei, la bestia.
Perché
- Dio interverrà,
- dal Cielo scenderà la Città Santa, la nuova Gerusalemme, la Sposa,
- e “non vi sarà più morte; né lutto, nè grida, né vi sarà più dolore, perché le cose di prima sono passate” (Ap. 21, 4).
*
Da ultimo occorre aggiungere che gli angeli raffigurati in questa fascia orizzontale del dipinto, annunciatori della vittoria di Cristo sul peccato, richiamano l’angelo del sepolcro collocato nella parte bassa della fascia longitudinale destra, apparso, insieme a un altro angelo, a Maria di Magdala secondo il racconto di san Giovanni al capitolo del suo vangelo intitolato: “Il giorno della Resurrezione“.
Questi angeli si rivolgeranno a Maria di Magdala chiamandola “donna“, come la chiamerà Gesù Risorto, Che le porrà la stessa domanda degli angeli: “Donna perché piangi?”, indicando anche in lei la Chiesa, chiamata a seguire il Calvario del suo Signore, e morire con Lui, per risorgere con Lui.
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Gli angeli della Chiesa.
Nell’itinerario di ascesi compiuto lungo le fasce orizzontali del dipinto murale abbiamo incontrato diversi angeli nei quali abbiamo riconosciuto diversi testimoni dell’Agnello Eucaristico.
In particolare:
- negli angeli dipinti nella fascia inferiore abbiamo riconosciuto i piccoli martiri, rappresentanti dei martiri di tutti i tempi, il cui sangue, Cristo ha assunto nel proprio purissimo Sangue mediante il santo Sacrificio del Calvario, da cui è nata la Chiesa;
- negli angeli della fascia dedicata alla Crocifissione abbiamo riconosciuto i testimoni eletti dell’Agnello Eucaristico, ovvero i sacerdoti, chiamati a rinnovare il santo Sacrificio d’Amore di Cristo, insieme ai fedeli cristiani uniti alla santa Vergine Addolorata, fino al compimento della Redenzione, con la definitiva sconfitta del peccato e le nozze fra Cristo e la Chiesa;
- negli angeli che tengono e spezzano l’intreccio di rami spinosi fluenti nella fascia sovrastante la Crocifissione, abbiamo riconosciuto i figli di Dio, chiamati a combattere con Cristo lungo la Via della Croce, raffigurata dai rami spinosi,
nell’intreccio dei quali, come abbiamo visto, emerge l’immagine della Chiesa nella figura di “donna”, evidente nell’incontro di Cristo con la Madre Maria,
- nel cui seno verginale il Verbo di Dio si è incarnato,
- per morire sulla Croce e far nascere la Chiesa,
- alla quale – scendendo a Pentecoste col suo Spirito su Maria e gli apostoli – ha affidato la missione di condurre l’umanità alla Comunione con Dio Santa Trinità.
Verità importante da ricordare, perché costituisce il tema fondamentale del dipinto murale,
il cui centro è costituito, in tutta evidenza, dalla ”mandorla” nella quale il fedele vedrà con stupore:
- san Giuseppe con la Santa Sede di Roma fra le braccia (immagine della Chiesa-struttura gerarchico sacramentale che comunica la Grazia di Dio); raffigurato nelle sembianze di Cristo, quale Vicario di Cristo (come testimoniano i simboli del papato esibiti dai due angeli collocati al fianco della stessa “mandorla”: il pastorale, le chiavi, la tiara).
E proverà uno stupore ancor più grande,
- constatando dapprima che:
la “mandorla” è collocata al centro della Santa Trinità, ed è avvolta nell’arcobaleno – simbolo dell’alleanza di Dio con gli uomini – proprio come nell’Apocalisse, dove l’arcobaleno è raffigurato attorno al trono di Dio, davanti al quale si estende “un mare trasparente simile a cristallo” evidenziato, nella fascia biancastra del dipinto, nella parte bassa dell’arcobaleno,
- riconoscendo poi,
nella “mandorla“, la ferita aperta nel costato di Cristo da cui nasce la Chiesa, indicata come “la porta della vita” da sant’Agostino, e raffigurata nei motivi ornamentali dell’antica iconografia cristiana, che, negli archi congiunti, prodotti da due cerchi intersecantisi a formare la stessa “mandorla”, intendeva simboleggiare l’unità fra umanità e divinità, attuata con l‘Incarnazione del Verbo di Dio, sceso dal Cielo per farsi uomo e riunire, mediante il santo Sacrificio della Croce, l’umanità a Dio separati dal peccato originale.
*
Tutti questi elementi riempiranno di meraviglia il fedele, invitandolo a correlarli per comporli in un senso compiuto,
e a tal fine contemplerà con attenzione l’insieme del dipinto, nel quale, grazie alla posizione centrale della “mandorla”
scoprirà una grande verità.
Ovvero che:
- la Chiesa nata al Calvario dal sacro Costato di Cristo nel santo Sacrificio della Croce – e poi al Cenacolo con la discesa di Cristo col suo Spirito su Maria e gli apostoli perché rinnovi il santo Sacrificio del Calvario – è da sempre affidata dalla Santa Trinità a san Giuseppe quale ponte di Grazia fra la Chiesa peregrinante e la Chiesa trionfante,
E grazie a questa verità, continuando a focalizzare lo sguardo su san Giuseppe, collocato lungo la fascia longitudinale che sale dall’Ostensorio al Crocifisso, e dal Crocifisso alla Santa Trinità,
cercherà di capire quale relazione lega:
san Giuseppe che tiene fra le braccia la Chiesa e Cristo Crocifisso sorgente prima della Chiesa, chiamata a rinnovare, nella celebrazione dell’Eucarestia, il santo Sacrificio del Golgota, per condurre i fedeli all’Amore di Dio santa Trinità.
Compito assai arduo,
che inizierà ad affrontare ricordando l’eccelsa Missione affidata, dalla Santa Trinità, a san Giuseppe quale custode della santa Famiglia,
e, in questa memoria, tornerà alla sorgente della storia evangelica di san Giuseppe, portandosi col pensiero a Nazaret,
alla Santa Casa,
nella quale, al momento del desco, vedrà Giuseppe, capo famiglia, che prende il pane azzimo lo benedice, lo spezza e lo distribuisce; poi prende il calice di vino, lo benedice, lo beve e lo distribuisce,
riconoscendo nei gesti di Giuseppe e nelle sue parole, i gesti e le parole di Gesù ricordate nel brano evangelico che racconta l’istituzione dell’Eucarestia al Cenacolo: Ora, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: «Prendete, mangiate: questo è il mio corpo». Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati.
Capirà così, che proprio in quel momento, al santo desco della santa Casa,
- nei sacri gesti di Giuseppe, Gesù, il Verbo di Dio, dona al Padre, misticamente, nello Spirito Santo, il suo Corpo e il suo Sangue, preparandosi a soffrire la santa Passione,
- iniziata con la Sua Incarnazione nel Seno dell’Immacolata Vergine Maria,
- e rivelata in seguito, apertamente, al Cenacolo, prefigurato nella Santa Casa, dove il Verbo di Dio Incarnato, celebra misticamente, nella persona di Giuseppe, la Santa Eucarestia, in unità con l’Immacolata Madre Maria, chiamata a partecipare all’Opera della Redenzione, per far nascere dal Divin Figlio Crocifisso la Chiesa.
Il fedele capirà così, che su quella santa Tavola, santo Altare della Santa Casa, quale Sommo Sacerdote della Nuova Alleanza, il Fanciullo Gesù, figlio di Dio e di Maria, si offre, nella persona di Giuseppe, al Padre Eterno, quale Vittima Purissima per la salvezza del mondo.
e potrà risalire, nella Luce del santo Sacrificio celebrato nella santa Casa, al momento eterno in cui, nel Cielo, viene rivelato, dalla Santissima Trinità, il disegno della Redenzione,
contemplando, in quel momento eterno:
- dapprima il Figlio di Dio Che riceve, dal Padre, Maria, e La chiama: “madre mia”, avendola scelta col Padre per divenire uomo nel Suo Seno purissimo ad opera dello Spirito Santo;
- e poi, vedere che lo stesso Figlio di Dio si rivolge a Giuseppe, presentatogli dal Padre, chiamandolo “padre mio”, poiché lo ha scelto, col Padre, fin dal Principio, onde farlo partecipe della stessa opera redentiva cui è chiamata l’Immacolata sua santa Madre Maria, per preparare il santo Sacrificio della Croce e far nascere la Chiesa,
- già “visibile” nelle Messe celebrate sul desco della santa Casa da Gesù nella persona di Giuseppe, al quale la Chiesa viene già affidata, come gli è affidata la santa Vergine Maria, quale suo castissimo sposo (come ad ogni sacerdote è affidata la Chiesa).
Non gli sarà perciò difficile:
vedere in san Giuseppe il “sommo Sacerdote, archetipo del Vescovo cristiano al quale è affidata la Sposa”, come scrive Joseph Ratzinger (Maria Chiesa nascente),
e finalmente capire perché san Giuseppe tiene la Chiesa fra le braccia, come fra le braccia a Nazareth teneva il Figlio di Dio e di Maria, per offrirlo al Padre, in unità col Figlio, in sacrificio di lode,
affinché, nella Chiesa, Che già vive nel Figlio di Dio e di Maria, fosse donato ai redenti chiamati a cibarsi del suo Corpo, alimento vivificante lungo la Via che conduce al Calvario.
Pertanto, in san Giuseppe, il fedele vedrà:
- non solo il Sommo Sacerdote,
- ma anche il Sommo Pastore, che riconduce i peccatori alla Chiesa sua Sposa, invitati a partecipare al santo Sacrificio Eucaristico, perché siano “una cosa sola” con Cristo ed elevati a Dio santa Trinità, Che il fedele vedrà raffigurata, come apice del percorso di ascesi Eucaristica, sulla volta dell’abside.
*
A questo punto, seguendo l’itinerario indicato nella prima riflessione, il fedele
- potrà scendere con lo sguardo dall’alto della volta su cui è raffigurata la Santa Trinità, alla “mandorla“,
e, contemplandolo Spirito Santo che effonde i suoi raggi sulla Chiesa nelle braccia di san Giuseppe, potrà comprendere ancor meglio (nell’invocazione dello Spirito Santo della Preghiera eucaristica pronunciata dal Sacerdote) che la celebrazione Eucaristica è opera della Santissima Trinità.
- Poi, dalla “mandorla”, scenderà al Crocifisso,
dal cui fianco squarciato nasce la Chiesa e con la Chiesa il Sacramento più grande donato dal Figlio di Dio Crocifisso,
- la cui Luce Divina vedrà irraggiare dall’Ostensorio,
e lungo questa discesa, il fedele potrà rivivere nell’anima il grande Mistero dell’Incarnazione,
ovvero la discesa del Verbo di Dio nel grembo di Maria per opera dello Spirito Santo, scoprendo così che l’Eucarestia si pone in continuità con l’Incarnazione, e che, Cristo Eucarestia viene ad abitare anche in lui, come abita in Maria.
Verità grazie alla quale, potrà
- risalire, unito alla santa Vergine, sulla via che dall’Incarnazione porta alla Crocifissione,
- cogliendo in lei, Madre e Sposa del Verbo di Dio Crocifisso, la figura della Chiesa, che – nata dal sacro Costato di Cristo – viene affidata, in Lei, al discepolo prediletto san Giovanni – collocato, nel dipinto, accanto a santa Maria di Magdala, nella Luce della Resurrezione,
e così distinguere, nei due santi, come abbiamo detto,
l’espressione di due anime della Chiesa nata nell’oscurità dell’Ora santa del Golgota dall’unione sponsale della sublime coppia dell’Incarnazione, Cristo e Maria.
Ovvero:
- in san Giovanni, figura di Cristo, la Chiesa apostolica chiamata a rinnovare per mezzo dei ministri sacri, il santo Sacrificio Eucaristico, in continuità con Nazareth, il Cenacolo e il Calvario;
- in santa Maddalena, figura della santa Vergine Maria, la Chiesa adorante, chiamata alla corredenzione con l’offerta della vita, in continuità con Nazareth, il Cenacolo e il Calvario, per far nascere perennemente la Chiesa dal Sacro Costato di Cristo, colma dell’Amore del suo Sacro Cuore, per formare un solo corpo e un solo spirito, e vivere la vita della santa Trinità.
*
Al termine di questo arduo itinerario, risalendo con lo sguardo, dal Crocifisso alla “mandorla“, nei due angeli affiancati ad essa, il fedele potrà riconoscere senza difficoltà, i custodi della Santa Sede quale edificio gerarchico sacramentale che comunica la Grazia di Dio,
e, in ciascuno di loro una testimonianza particolare:
- nell’angelo adolescente che tiene la tiara, riconoscerà i figli della Chiesa militante chiamati a combattere come “soldati di Cristo“, nella decisiva battaglia per l’instaurazione del Regno di Cristo, nel compimento del disegno di Dio santa Trinità;
- nell’angelo adulto che tiene il pastorale e le chiavi del Regno, riconoscerà i Vescovi rappresentanti il Vicario di Cristo nella guida del gregge e nel potere di aprire e chiudere, secondo la promessa di Gesù a Pietro: “A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli“.
Grazie alle quali parole fondative della Chiesa, contemplando un’ultima volta san Giuseppe con la Chiesa fra le braccia, come raffigurato nella “mandorla“,
il fedele comprenderà:
- che per tutti i figli della Chiesa, come per tutti gli apostoli, e anche per Giovanni al quale Cristo ha affidato la Madre, e Pietro sul quale Cristo ha fondato la sua Chiesa, san Giuseppe rappresenta il riferimento più elevato, e indispensabile per
- salire, nel cuore della Santa Trinità, all’Immacolata santa Vergine Maria, prototipo della Chiesa,
chiamata sempre a tornare a Nazaret,
dove vivere con l’Immacolata santa Vergine Maria l’Incarnazione, e con san Giuseppe la celebrazione dell’Eucarestia alla santa Tavola, per prepararsi, unita alla santa Vergine, a salire con Cristo il Calvario, e rinascere dal suo sacro Cuore trafitto.
*
Gli arcangeli.
La “mandorla” rappresenta, come abbiamo evidenziato, uno snodo fondamentale del dipinto murale.
Da essa infatti, grazie alla contemplazione di san Giuseppe con la Chiesa fra le braccia, il fedele può accedere alle Persone della santa Trinità,
i volti delle Quali si riflettono sul volto di san Giuseppe.
Più precisamente, sul volto di san Giuseppe, il fedele può riconoscere:
- il volto dello Spirito Santo, in quanto san Giuseppe è sposo dell’Immacolata Santa Vergine, sposa dello Spirito Santo;
- il volto del Padre, in quanto san Giuseppe è padre putativo del Verbo Dio fatto uomo,
- il volto del Figlio, in quanto san Giuseppe è figura di Cristo, sommo Sacerdote della Nuova ed Eterna Alleanza, Che ha donato il suo Corpo e il suo Sangue per SALVARE LE ANIME e CONDURLE, come sommo Pastore, ALL’AMORE DELLA SANTA TRINITÀ,
finalità in cui si riassume la MISSIONE AFFIDATA DALLA SANTA TRINITA’ ALLA CHIESA, riposta nelle braccia di san Giuseppe,
chiaramente visibile:
- nella “mandorla”
che simboleggia, appunto, L’UNITÀ FRA UMANITÀ E DIVINITÀ,
- e nell’arcobaleno che avvolge la “mandorla”,
simbolo dell’ALLEANZA DI DIO CON GLI UOMINI.
*
Grazie a san Giuseppe il fedele può dunque, contemplare il Mistero che unisce LA CHIESA ALLA SANTA TRINITA’,
al quale, Mistero, potrà accedere, riprendendo l’itinerario.
E a questo fine allargherà lo sguardo, dalla “mandorla” alle due figure collocate all’estremità della linea orizzontale che attraversa la stessa “mandorla”, già incontrate nelle precedenti tappe dell’itinerario.
Ovvero:
- Cristo Risorto apparso ai discepoli la sera del giorno della Resurrezione,
- Cristo Agnello Immolato con le braccia distese a forma di croce, sorrette dalla santa Vergine, rappresentata come la donna vestita di sole dell’Apocalisse.
nelle quali figure, il fedele riconoscerà rispettivamente:
- LA CHIESA DELLA TERRA – nella figura del Cristo Risorto, sceso con il suo Spirito su Maria e gli apostoli riuniti nel Cenacolo, là dove Cristo stesso aveva istituito il sacramento della Nuova ed Eterna Alleanza, l’Eucarestia, offerta alla Chiesa nata a Pentecoste per completare, con Lui, l’Opera della Redenzione e la RICONCILIAZIONE FRA L’UMANITÀ E DIO, da Lui compiuta sulla Croce.
- e LA CHIESA DEL CIELO – nella figura dell’Agnello Immolato con le braccia in forma di croce sorrette dalla santa Vergine, per ricordare che quel Bambino, concepito in lei per opera della Spirito Santo, si è offerto sulla Croce perché la Chiesa completi, con Lui, l’Opera della Redenzione e la RICONCILIAZIONE FRA L’UMANITÀ E DIO, da Lui compiuta sulla Croce, fino alla vittoria finale sul peccato.
passaggio fondamentale grazie al quale il fedele potrà:
- comprendere che, in Cristo Risorto e Asceso al Cielo, la Chiesa della terra è unita alla Chiesa del Cielo,
- e, nella consapevolezza dell’unità fra Cristo e la Chiesa, accedere finalmente al Mistero che, in Cristo, unisce la Chiesa alla santa Trinità, dipinta sulla volta dell’abside,
ai due lati della quale il fedele vede due arcangeli, Gabriele e Michele, collocati come due porte:
- a destra, Gabriele, come porta aperta,
- a sinistra, Michele, come porta chiusa, perché oltre essa non è possibile procedere.
Il fedele passerà allora, con lo sguardo,
- dalla figura della santa Vergine rappresentata come la donna vestita di sole che tiene l’Agnello di Dio con le braccia in forma di croce,
- all’arcangelo Gabriele con un giglio nelle mani, accompagnato da un angioletto che mostra inscrizione con l’“Annuncio” (Ave grazia plena) portato, dallo stesso arcangelo Gabriele, per conto della santa Trinità, all’Immacolata santa Vergine, a Nazaret, il giorno dell’Incarnazione.
E in quell’immagine, varcando la soglia del Mistero, ricorderà che la storia della Chiesa perennemente inizia dall’Incarnazione del Verbo nel seno dell’Immacolata santa Vergine Maria, per opera dello Spirito Santo , in obbedienza al Padre, Che, per la Redenzione dell’umanità, ha offerto il Figlio sacrificato sulla Croce,
ben visibile in una mano del Cristo Risorto assiso in trono, posta come condizione per accedere a Lui, e allo stesso Mistero della santa Trinità.
Contemplando quella Croce, il fedele ricorderà che fin dal Principio, il Figlio l’ha accettata dal Padre, con Maria, per divenire uomo in lei ad opera dello Spirito Santo e offrirsi in olocausto, con lei, per ricondurre l’umanità al Padre, elevandola, alla vita trinitaria.
E comprenderà il legame fra la Croce e il Libro in grembo al Cristo,
- che solo Lui, Agnello Immolato, può aprire (Ap. 5, 5),
- e nel quale sono scritti i nomi di tutti i redenti, in primis i nomi di tutti i martiri, come i piccoli martiri innocenti raffigurati nella parte bassa del dipinto, che il fedele potrà, così, vedere riuniti attorno al trono di Cristo, partecipi della vita trinitaria, come Cristo stesso ha promesso nell’istituzione dell’Eucarestia all’Ultima Cena, nella preghiera al Padre, dicendo:
“Padre voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo” (GV 17, 24)
Il fedele potrà allora contemplare la figura del Padre Creatore in trono con il mondo uscito dalle sue mani tornato a Lui redento dal Figlio, e abitato da un’umanità unita nello Spirito d’Amore.
Che il fedele può contemplare al centro della volta, fra il Padre e il Figlio, nella figura della colomba,
dalla quale si dipartono sette fiamme d’Amore, di Sapienza e di Grazia, irradiate dagli angioletti posti all’estremità delle stesse fiamme, sulla Chiesa chiamata a riunire l’umanità in un sol corpo e un solo spirito perché sia elevata alla vita Trinitaria.
E verso la Chiesa, a questo punto, il fedele sarà spinto a scendere, un’altra volta, per comprenderla compiutamente alla luce del Mistero della santa Trinità nel quale ha potuto accedere.
Ma si arresterà, scorgendo la figura dell’arcangelo Michele sul lato destro della volta, al fianco del Padre, collocata, in quella posizione estrema, come ultimo e invalicabile passaggio.
E capirà perché l’arcangelo Michele costituisce l’ultimo passaggio invalicabile,
- ricordando
la vittoria di Michele sul drago che voleva rapire il Bambino della donna vestita di sole apparsa in cielo gridando per le doglie del parto (Ap. 11, 19 – 12, 18)
- e riconoscendo
in quel Bambino, l’Agnello Immolato nel santo sacrificio del Calvario, e nel grido della donna, la santa Vergine Addolorata, unita al Figlio Crocifisso nel parto della Chiesa, e di una umanità nuova.
Capirà che, vincendo il drago, l’arcangelo Michele ha chiuso la porta del Cielo al peccato, ormai del tutto estraneo all’umanità obbediente, costituita dai testimoni dell’Agnello, progenie della “donna”, figura di Maria e della Chiesa, in cammino, nel deserto, verso il Cielo, fino alla vittoria ultima di Cristo, con le nozze eterne di Cristo con la Chiesa.